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Ispezione del lavoro

Contratto di collaborazione con progetto generico: vige la presunzione di subordinazione senza ulteriori accertamenti

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 28/03/2012 In caso di assunzione di lavoratori con contratto di collaborazione a progetto, per evitare una riconversione di tale rapporto nell’ambito della subordinazione a tempo indeterminato, non è sufficiente che il contratto contenga un progetto redatto per iscritto con l'indicazione delle mansioni che il collaboratore deve svolgere e che l’avvio della collaborazione venga preventivamente comunicata al Servizio per l’Impiego. Laddove venga riscontrata la genericità del progetto, la conversione del rapporto in subordinato a tempo indeterminato avviene senza il bisogno di ulteriori accertamenti da parte dell’organo ispettivo.

È inibita la prestazione lavorativa al minore che ha compiuto 16 o 17 anni, ma non ha concluso il ciclo di istruzione

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 28/03/2012 Tizio ha 16 anni compiuti e dopo aver terminato le scuole medie si iscrive all’istituto superiore Alfa, ma per due anni non riesce a conseguire la promozione al secondo anno scolastico. Durante tale periodo Tizio, benché formalmente iscritto alla scuola, non frequenta l’istituto Alfa e accumula in ciascun anno molti giorni di assenza al punto da indurre l’Istituto di istruzione a ritenere che tali anni non fossero stati validamente svolti. Al termine del secondo anno di iscrizione Tizio accetta la proposta lavorativa nel frattempo offertagli dall’impresa idraulica Gamma, informando il datore di lavoro del proprio percorso di studi. Il datore di lavoro, in virtù di tale informazione e considerata l’età, assume Tizio nella propria impresa. Ma Tizio non può liberamente instaurare il rapporto di lavoro, poiché il ciclo di istruzione non può ritenersi concluso e quindi il datore di lavoro incorre in significative responsabilità penali.

Collaboratori e coadiuvanti familiari: sì alla maxisanzione prima del Collegato Lavoro

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 28/03/2012 Gli ispettori in data 31/01/2011 accertano che Tizio collabora per tre giorni alla settimana nell'impresa di famiglia esercente attività di commercio di ferramenta e utensileria: prende contatti con i fornitori, sistema il magazzino, si relaziona con la clientela. Tale attività, svolta in via continuativa e prevalente nel periodo intercorrente tra il 01/01/2010 e il 31/01/2011, è stata effettuata in assenza di preventiva comunicazione all'INAIL. Diversamente da quanto risulterebbe da una prima lettura della Circolare del Ministero del Lavoro n. 38/2010, che vorrebbe l’intera fattispecie assoggettata alla nuova disciplina dettata dal "Collegato Lavoro", si ritiene corretto adottare maxisanzione per lavoro sommerso per il periodo compreso tra il 01/01/2010 e il 23/11/2010, mentre per il lasso di tempo successivo all'entrata in vigore del "Collegato Lavoro" (dal 24/11/2010 al 31/01/2011) va solo evidenziato all'INPS il mancato versamento degli oneri contributivi per la posizione di Tizio, senza applicare la maxisanzione, in quanto il fatto non può più considerarsi illecito.

La sola dichiarazione del lavoratore non basta per accertare le giornate di lavoro in nero

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 28/03/2012 Gli ispettori della DTL alla fine del mese di marzo 2010 effettuano un accesso ispettivo presso l’Impresa meccanica Alfa e trovano Tizio e Caio intenti a riparare un’autovettura. Ciascuno dei due lavoratori dichiara agli ispettori di lavorare per la predetta Impresa rispettivamente da 20 e 25 giorni. Tali dichiarazioni vengono tuttavia acquisite senza che il contenuto dell'una venga "incrociato" con quello dell'altra. L’Impresa Alfa aveva comunicato i rapporti di lavoro dei dipendenti Tizio e Caio al Centro per l’impiego, ma la data di decorrenza di tali rapporti era stata fatta coincidere con il giorno antecedente all’accesso ispettivo. Di conseguenza gli ispettori del lavoro, sulla base delle sole dichiarazioni rese da Tizio e Caio, contestano all’impresa Alfa di aver occupato in nero i predetti lavoratori per il periodo di rispettivo lavoro precedente alla comunicazione UNILAV e irrogano maxisanzione per lavoro nero maggiorata delle giornate di “effettiva” occupazione di Tizio e Caio. Tale verbale non è corretto perché è stato adottato senza tenere nella dovuta considerazione le disposizioni normative e le stesse indicazioni del Ministero del Lavoro, fondato cioè su dichiarazioni prive di ogni minimo riscontro.

L’amministratore delegato di una Società per Azioni può essere anche dipendente della stessa?

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 28/03/2012 Nelle Società per Azioni che hanno scelto un sistema di amministrazione individuale non è possibile cumulare la carica di amministratore unico con quella di lavoratore dipendente. Nelle Società per Azioni che invece hanno scelto un sistema di amministrazione collegiale tale cumulo non è consentito qualora l’amministratore sia socio unico azionista o socio sovrano, mentre è possibile instaurare correttamente un rapporto di lavoro dipendente con l’amministratore che sia socio di maggioranza con una quota inferiore al 51%, che sia socio di minoranza o che sia un non socio. L’amministratore delegato può cumulare carica sociale e rapporto di lavoro dirigenziale a condizione che la delega non sia molto ampia e che l’operato dell’amministratore sia sottoposto al potere gerarchico del C.d.a. Se il capitale sociale di Gamma Spa è totalmente in mano a due società i cui amministratori unici fanno parte anche del C.d.a di Gamma Spa come amministratori con ampia delega, non è possibile che costoro stipulino anche un contratto di lavoro dirigenziale con la società.

Per il familiare assunto con contratto a progetto generico non opera la presunzione di subordinazione

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 27/03/2012 Fileno, titolare di omonima ditta individuale e padre convivente di Tizio, intende assumere quest’ultimo con contratto di lavoro subordinato. Sennonché il consulente del lavoro di Fileno rappresenta che tale occupazione incontra il secco diniego dell’INPS. Così Fileno, al fine di ovviare all’ostacolo, decide di assumere il proprio figlio Tizio con contratto di collaborazione a progetto. Nel fare ciò redige intenzionalmente un progetto generico con l’obiettivo di fruire della sanzione della conversione del rapporto prevista dall’art. 69 del D.lgs. n. 276/03 e raggiungere così l’obiettivo prefissato. Ma essendo tale contratto ispirato da un motivo illecito è radicalmente nullo e in ragione di ciò non opera la sanzione della conversione del rapporto.

L'attività del familiare nello studio del professionista e l'adozione del provvedimento di sospensione

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 27/03/2012 L’attività del familiare negli studi professionali è strettamente correlata alla dimensione di questi ultimi. Infatti, laddove gli studi sono di piccole dimensioni l’aiutante non può essere ritenuto collaboratore familiare; nei casi in cui la dimensione degli studi professionali assuma un’entità tale da presupporre la costituzione di un’impresa, il familiare può prestare collaborazione ai sensi dell’art. 230 bis c.c. Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale segue le medesime regole: nel caso di studi di piccole dimensioni l’atto di sospensione non può essere adottato, diversamente accade negli studi che assumono un’articolazione imprenditoriale.

La prestazione del convivente more uxorio nell’impresa familiare

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 27/03/2012 Tizia è titolare e gestrice dell’omonima ditta individuale esercente attività di pizzeria e dall’anno 2000 convive, senza essere sposata, con il proprio partner Caio. Quest’ultimo risulta occupato come dipendente presso altra società. Nell’anno 2008 la pizzeria incrementa la propria attività e Tizia chiede a Caio di venire all’occorrenza in pizzeria per servire ai tavoli e per sistemare il locale prima dell’orario di chiusura. Caio accetta volentieri con la prospettiva di aumentare i guadagni. L’occupazione di Caio tuttavia non viene comunicata alla Pubblica Amministrazione. Al convivente more uxorio, però, non può essere applicata la disciplina prevista per il collaboratore familiare in quanto deve essere trattato analogamente a qualsiasi altro lavoratore. Caio potrà in ogni caso dimostrare che l’attività resa costantemente per oltre tre anni in favore di Tizia non avesse rilevanza significativa ed essenziale sul contenuto produttivo dell’impresa e più in generale non fosse qualificabile come prestazione lavorativa ma semplice apporto reso per obblighi squisitamente morali e solidaristici.

Mini co.co.co oltre i limiti temporali o pecuniari: sussiste lavoro subordinato

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 27/03/2012 Sempronio viene assunto dall’Impresa Gamma con contratto di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 61, comma 2, del D.lgs. n. 276/03 (c.d. mini co.co.co) per svolgere attività di volantinaggio. Con tale contratto viene previsto un compenso di € 1.000,00 e un limite di durata della prestazione contenuto in trenta giorni. Nel corso di un accertamento gli ispettori della DTL appurano che Sempronio ha svolto la propria attività di collaborazione per più di trenta giorni nel corso dell’anno solare e che, seppure libero nel determinare la propria prestazione, è stato in costante coordinamento con il proprio committente. In ragione di ciò riconducono la c.d. mini co.co.co. nell’ambito delle collaborazioni ex art. 61, comma 1, del D.lgs. n.276/2003; ma in assenza di specifico progetto opera presuntivamente la riqualificazione del rapporto nell’ambito della subordinazione.

L'attività del familiare nello studio del professionista e margini per l'adozione del provvedimento di sospensione

Enrico Presilla e Andrea Seppoloni - Ispettorato Territoriale del Lavoro di Perugia | 23/03/2012 Tizio, professionista abilitato, è titolare di un piccolo studio composto da tre stanze in cui prestano la propria attività due dipendenti con mansioni impiegatizie, di cui solo uno formalmente assunto. Occasionalmente Tizio si avvale per il disbrigo di alcune incombenze dell'aiuto della moglie Caia. Quest'ultima per l'attività svolta beneficia indirettamente dei guadagni del marito senza tuttavia risultare iscritta presso gli Enti previdenziali e assicurativi. In occasione di una verifica ispettiva il personale della DTL riscontra l'impiego irregolare della posizione di uno dei dipendenti e applica maxisanzione per lavoro nero. L'attività di Caia viene qualificata dagli ispettori come prestazione di lavoro irregolare perché svolta all'oscuro dalla Pubblica Amministrazione. Per tale rapporto gli ispettori non applicano maxisanzione in quanto non riconducono l'attività nell'alveo della subordinazione, ma in quello della collaborazione familiare ex art. 230 bis c.c. Infine, attesa l'entità di personale in nero occupato dal professionista, viene adottato provvedimento di sospensione dello studio professionale. È corretto l'operato degli ispettori?