Whistleblowing e tutela cautelare del segnalante: prima applicazione

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Whistleblowing e tutela cautelare del segnalante: prima applicazione

Sono stati sospesi, dal Tribunale di Milano, i provvedimenti di destituzione dal servizio, di sospensione dalla retribuzione e tutti gli atti aziendali presupposti e/o conseguenti comminati da un'azienda nei confronti di un proprio dipendente dopo che questi aveva provveduto a segnalare una serie di illeciti emersi in ambito lavorativo.

Contestualmente, è stata ordinata l'immediata reintegra in servizio del lavoratore ricorrente, con condanna della società datrice di lavoro alla corresponsione delle retribuzioni maturate per tutta la durata della sospensione cautelare fino alla data di effettiva riammissione in servizio.

E' quanto si apprende dalla lettura dell'ordinanza del 20 agosto 2023, pronunciata dal Tribunale lombardo in accoglimento della domanda di tutela cautelare avanzata ex art. 700 c.p.c. da un whistleblower.

Si tratta di una delle prime decisioni post riforma pronunciate in favore del lavoratore che segnala violazioni o illeciti di cui sia venuto a conoscenza nell'ambito del proprio contesto lavorativo.

Nel caso in esame, il dipendente, a seguito delle segnalazioni promosse, era divenuto destinatario di tutta una serie di provvedimenti, a loro volta sfociati, nell'arco di 5 anni, in una pluralità di procedimenti disciplinari e penali, molti dei quali si erano conclusi con esito favorevole al dipendente.

Le segnalazioni formali del ricorrente, peraltro, avevano coinvolto anche alcuni dirigenti aziendali, asseritamente colpevoli di volute inerzie a fronte di quanto esplicitato dal lavoratore.

Whistleblowing, riforma applicabile?

Tramite il ricorso, il deducente aveva anche chiesto l'applicazione della nuova normativa sul whistleblowing, per come contenuta nel D. Lgs. n. 24/2023, la quale non avrebbe richiesto, ai fini della concessione della tutela cautelare, del riscontro del periculum in mora o lo avrebbe richiesto in modo attenuato.

Ebbene, come puntualizzato dal Tribunale, la riforma non poteva operare nel caso in parola, atteso il chiaro disposto dell'art. 24, comma 1 del nuovo decreto, ai sensi del quale: "Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001...".

Nella specie, era pacifico che tutte le segnalazioni erano state ampiamente antecedenti la data del 14 luglio 2023, con conseguente inammissibilità della domanda in esame.

Fumus e periculum sussistenti, sì al ricorso ex art. 700

Ad ogni modo, i giudici meneghini hanno riconosciuto la sussistenza dei presupposti per l'applicazione del procedimento d'urgenza: il fumus boni iuris ed il periculum in mora.

Il fumus, in particolare, è stato ritenuto sussistere in considerazione della produzione documentale depositata dalla difesa del lavoratore che sconfessava, di fatto, le perizie presentate da parte datoriale e poste alla base delle contestazioni disciplinari.

Rispetto, invece, al periculum in mora, è stato riconosciuto come non opinabile che un lavoratore con reddito medio, coinvolto in una vicenda giudiziaria della durata di cinque anni, privato del lavoro e della retribuzione per un arco di tempo così protratto, si potesse trovare in una condizione di dissesto economico e di disagio psico-fisico.

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