Nuove disposizioni nelle procedure di crisi

Pubblicato il



Nuove disposizioni nelle procedure di crisi

I benefici fiscali previsti dal “decreto sulle banche”

Il decreto legge n. 18 del 14 febbraio 2016 relativo alle misure urgenti che riguardano la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio, entrato in vigore lo scorso febbraio, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale con la legge di conversione 49/2016 lo scorso 14 aprile. Il decreto prevede importanti novità in merito alle banche di credito cooperativo sulla cui disciplina il legislatore è intervenuto profondamente.

Le misure previste nel testo sono state concepite nell’ottica di sostenere il sistema del credito cooperativo, nonché rilanciare e dare nuovo impulso al sistema finanziario nazionale attraverso l’effettiva espansione dei soggetti capaci di erogare credito. Nello specifico il Capo Terzo del decreto prevede alcune disposizioni su determinati benefici fiscali a favore di soggetti che si trovano sottoposti a procedure di crisi. Gli articoli interessati sono il 14, il 15 e il 16 del suddetto capo.

Irrilevanza fiscale dei contributi ricevuti

Il primo articolo di interesse è il 14 il quale modifica l’articolo 88 del Tuir, inserendo il nuovo comma 3-bis, che esclude dalla tassazione i contributi percepiti “a titolo di liberalità” da soggetti per i quali risultino attivate procedure concorsuali o di crisi.

La disposizione stabilisce che “non costituiscono sopravvenienze attive i contributi percepiti a titolo di liberalità dai soggetti sottoposti alle procedure concorsuali previste dal Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, ovvero alle procedure di crisi di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 nonché alla procedura di amministrazione straordinaria di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.

Viene così stabilita l’irrilevanza fiscale dei predetti contributi, che quindi non costituiscono sopravvenienze attive.

Per l’applicazione della norma è necessario che si tratti di contributi “percepiti a titolo di liberalità” da soggetti sottoposti a procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, amministrazione straordinaria speciale per le imprese di rilevanti dimensioni), e in tal caso l’irrilevanza fiscale delle liberalità interessa tutti i settori.

Relativamente al settore bancario, i contributi rilevanti ai fini dell’applicazione del suddetto regime  (dell’irrilevanza fiscale) sono quelli percepiti da:

  • enti creditizi sottoposti alle procedure di crisi;
  • enti creditizi sottoposti alla procedura di amministrazione straordinaria. 

In tali casi l’irrilevanza fiscale delle liberalità interessa specificamente il settore del credito.

Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma i contributi che l’impresa in crisi riceve a titolo di liberalità da “società controllate” ovvero da società “controllate dalla stessa società che controlla l’impresa”. Questi ultimi pertanto costituiranno sopravvenienze attive e saranno assoggettate al relativo regime di tassazione.

E’ interessante inoltre osservare che nella relazione illustrativa del provvedimento viene precisato che i contributi agevolati sono quelli ricevuti esclusivamente a titolo di liberalità, qualunque ne sia la fonte di provenienza.

L’ultimo periodo del comma 3-bis dispone che l’agevolazione riguarda anche i contributi percepiti nei ventiquattro mesi successivi alla chiusura delle predette procedure di crisi. L’arco temporale rilevante ai fini dell’agevolazione va dunque dalla data di apertura della procedura di crisi fino al ventiquattresimo mese successivo alla data chiusura della stessa.

Viene precisato nella relazione illustrativa che “ai fini della definizione della data in cui l’impresa può considerarsi assoggettata alle procedure sopra evidenziate risultano mutuabili le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 5 dell’articolo 101 del Tuir”.  La disposizione prevede che il debitore si considera assoggettato alla procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o, per le procedure estere equivalenti, dalla data di ammissione ovvero, per i piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese.

Le disposizioni relative all’irrilevanza fiscale sono applicabili ai contributi percepiti a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (il 16 febbraio 2016), quindi dal periodo d’imposta 2016.

Tuttavia per i contributi percepiti in tale periodo 2016, viene stabilito un criterio particolare per il riconoscimento dell’irrilevanza fiscale. In questo caso l’irrilevanza non opera immediatamente nell’esercizio in cui sono percepiti, ossia il 2016 (in cui pertanto, gli stessi saranno assoggettati a piena e integrale tassazione), ma l’esclusione ai fini fiscali per i suddetti contributi (ricevuti nel 2016) opererà mediante una deduzione dal reddito ripartita in cinque quote costanti da effettuare a partire dalla dichiarazione dei redditi per l’anno 2017 a condizione che tali proventi concorrano integralmente a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati.

Cessione ad un “ente ponte”

Il secondo articolo del Capo Terzo del decreto 18/2016 (art. 15) disciplina gli effetti fiscali della cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a favore di un “ente-ponte”. Per inquadrare l’ambito di riferimento è bene citare il decreto legislativo 180/2015 che ha dato attuazione alla direttiva europea (59/2014/UE) sul tema della prevenzione e gestione della crisi delle banche e delle imprese di investimento. Obiettivo della direttiva è ridurre al minimo l’impatto sui bilanci pubblici degli interventi necessari al salvataggio delle banche in crisi (bail-out), affidando la copertura delle perdite in primo luogo agli azionisti, agli obbligazionisti e ai creditori delle banche stesse (bail-in).

Nello specifico il decreto 180/2015 prevede:

  • la predisposizione di piani di risoluzione delle crisi bancarie;
  • l’avvio e la chiusura delle procedure di risoluzione;
  • l’adozione delle misure di risoluzione;
  • la gestione della crisi di gruppi cross-border;
  • i poteri e funzioni dell’Autorità nazionale di risoluzione
  • il fondo di risoluzione nazionale.

Una procedura di risoluzione avviata quando una banca è in dissesto o a rischio dissesto, si sostanzia in un processo di ristrutturazione (in Italia attuato dalla Banca d’Italia),che ha lo scopo di garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’istituto di credito in crisi e conseguentemente, di ripristinarne la redditività di lungo periodo.

Con la nuova normativa, le misure di risoluzione a disposizione della Banca d’Italia riguardano:

  • la cessione dei beni e dei rapporti giuridici dell’ente sottoposto a risoluzione a un soggetto terzo a condizioni di mercato;
  • il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività dell’ente sottoposto a risoluzione a un ente-ponte, costituito e gestito dalle autorità nazionali di risoluzione per proseguire le funzioni più importanti della banca in crisi, in vista di una successiva vendita sul mercato;
  • il trasferimento delle attività deteriorate dell’ente sottoposto a risoluzione a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione;
  • il bail-in, ovvero la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.

Nel Dlgs 180/2015 viene disciplinata l’operatività dell’ente-ponte, cioè quell’ente appositamente costituito per gestire beni e rapporti giuridici acquistati ai sensi delle procedure di risoluzione per mantenere la continuità delle funzioni essenziali in precedenza svolte dall'ente sottoposto a risoluzione e, quando le condizioni di mercato sono adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attività o le passività acquistate.

Il capitale dell’ente-ponte è interamente o parzialmente detenuto dal fondo di risoluzione o da autorità pubbliche. La Banca d'Italia approva l'atto costitutivo e lo statuto dell’ente-ponte, la strategia e il profilo di rischio, nonché la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, l'attribuzione di deleghe e le remunerazioni, stabilisce inoltre se necessario, restrizioni all'attività per assicurare il rispetto della disciplina degli aiuti di Stato.

Ritornando al decreto sulle banche, l’articolo 15 del testo disciplina il regime fiscale della cessione di diritti, delle attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione verso un ente-ponte, stabilendo che tale cessione non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive.

I beni ricevuti dall'ente ponte sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all'ente cedente. 

In definitiva:

  • per l’ente sottoposto a risoluzione, la cessione non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini Ires e Irap
  • per l’ente-ponte, i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all’ente cedente.

Con la cessione, l’ente-ponte subentra nella posizione dell’ente sottoposto a risoluzione in ordine a diritti, attività o passività oggetto di cessione. Il subentro riguarda inoltre:

  • la deduzione o la tassazione dei componenti di reddito dell’ente sottoposto a risoluzione già imputati a conto economico e non ancora dedotti o tassati dallo stesso alla data della cessione;
  • le deduzioni derivanti da opzioni di riallineamento dell’avviamento e di altre attività immateriali esercitate dall’ente sottoposto a risoluzione. 

Infine è stabilito che le perdite, di cui all'articolo 84 del D.P.R. n.917 del  22 dicembre 1986, dell'ente sottoposto a risoluzione sono portate in diminuzione del reddito dell'ente ponte.

Trasferimento immobiliari e vendite giudiziarie

L’ultimo articolo del Capo Terzo del D.L. in questione (18/2016) si occupa della disciplina dei trasferimenti immobiliari nell’ambito delle vendite giudiziarie. L’articolo 16 appunto agevola il collocamento degli immobili in sede di vendita giudiziaria e per fare ciò stabilisce che:

  • gli atti e i provvedimenti recanti il trasferimento della proprietà o di diritti reali su beni immobili emessi a favore di soggetti che svolgono attività d’impresa nell'ambito di una procedura giudiziaria di espropriazione immobiliare di cui al libro III, titolo II, capo IV, del codice di procedura civile, ovvero di una procedura di vendita di cui all'articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna a condizione che l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni”.

In definitiva tutti gli atti e i provvedimenti adottati nell’ambito di procedure di espropriazione immobiliare o di procedure di vendita di beni in caso di fallimento, in forza dei quali si determina il trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale) su un bene immobile a favore di soggetti che svolgono attività d’impresa, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (200 euro) anziché in misura proporzionale.

Perché si possa applicare tale misura agevolativa è necessario che l’acquirente si impegni con apposita dichiarazione a ritrasferire l’immobile entro due anni.

Nel caso in cui il bene immobile oggetto del trasferimento non venga ritrasferito dall’acquirente nel termine previsto, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e inoltre si applica una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui all'articolo 55, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986.  Dalla scadenza del biennio decorre inoltre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria.

Nel corso dell’iter parlamentare del disegno di legge di conversione del  decreto 18/2016 è stato inserito all’articolo 16 una ulteriore disposizione, in base alla quale anche i trasferimenti immobiliari, emessi a favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa (dunque i privati), sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro, “sempre che in capo all’acquirente ricorrano le condizioni previste alla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986, ovvero le condizioni per usufruire dei benefici  relativi alla prima casa.

Si ricorda, infine, che le disposizioni di cui all’articolo 16 hanno effetto temporaneo, applicandosi agli atti emessi dal 16 febbraio 2016 (data di entrata in vigore del D.L. 18/2016) fino al 31 dicembre 2016.

Quadro Normativo

Decreto Legge n. 18 del 14 febbraio 2016

DPR n.917 del 22 dicembre 1986

Decreto Legislativo n. 180 del 16 novembre 2015

Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito