Lavoro e disabilità: obblighi normativi e implicazioni organizzative

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Lavoro e disabilità: obblighi normativi e implicazioni organizzative

La Legge 68 del 1999 impone ai datori di lavoro con almeno 15 dipendenti l’obbligo di riservare una parte della propria forza lavoro a soggetti appartenenti alle categorie protette, introducendo un vincolo che cresce proporzionalmente all’aumento dell’organico.

Tuttavia, nel calcolo delle quote obbligatorie, non rientrano alcune tipologie contrattuali, come i rapporti a termine di durata inferiore a 6 mesi e gli apprendistati nella loro fase formativa. È importante sottolineare che tali quote non possono essere neutralizzate arbitrariamente, se non in presenza di specifiche situazioni certificate e debitamente documentate presso i servizi per l’impiego. In assenza di copertura, la normativa prevede l’applicazione di sanzioni amministrative.

Collocamento mirato e idoneità lavorativa

L’inserimento delle persone appartenenti alle categorie protette deve avvenire attraverso il collocamento mirato, poiché l’assunzione diretta, se non formalizzata secondo tale procedura, non è sufficiente a garantire la copertura della quota.

La normativa stabilisce che l’idoneità del lavoratore venga accertata da una commissione multidisciplinare, la quale ha il compito di valutare la compatibilità tra le residue capacità lavorative della persona, il suo profilo individuale e l’organizzazione interna dell’azienda.

In questo processo, è fondamentale che l’assegnazione della mansione non sfoci in soluzioni che possano determinare forme di isolamento o deresponsabilizzazione, anche nei contesti in cui si renda necessario un supporto operativo.

Convenzioni personalizzate e incentivi economici

Il datore di lavoro ha la possibilità di stipulare convenzioni ai sensi degli articoli 11 e 12 della Legge 68/1999, in collaborazione con i Centri per l’impiego, al fine di strutturare un percorso di inserimento progressivo.

Tali convenzioni possono contemplare misure specifiche come l’affiancamento graduale, l’adattamento della postazione di lavoro e il tutoraggio formativo, così da favorire un’integrazione sostenibile e coerente con le esigenze del lavoratore e dell’organizzazione.

In particolare, l’articolo 13 prevede la concessione di un incentivo economico, il cui ammontare viene determinato sulla base della percentuale di invalidità riconosciuta e della durata del contratto. L’articolo 10 del D.Lgs. 151/2015 ha inoltre semplificato l’iter di accesso a tale beneficio, introducendo un canale unificato attraverso cui l’impresa può presentare la richiesta.

A completamento di queste misure, va segnalata anche la possibilità di stipulare convenzioni con cooperative sociali, secondo quanto previsto dall’articolo 14 del D.lgs. 276/2003, purché vi sia una validazione preventiva da parte dell’ente competente.

Accomodamenti ragionevoli e obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto ad adottare misure individualizzate che rendano effettiva la possibilità di svolgere un’attività lavorativa, nel rispetto del principio di pari opportunità.

Il riferimento normativo di fondo è l’articolo 27 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, recepita nell’ordinamento italiano con la Legge 18/2009, la quale impone a Stati e imprese l’obbligo di intervenire per rimuovere barriere di tipo strutturale e organizzativo che ostacolino l’accesso o la permanenza nel mondo del lavoro.

Un eventuale rifiuto da parte del datore, qualora privo di motivazioni oggettive, può configurare una condotta discriminatoria.

Smart working e diritto di priorità

All’interno del quadro normativo sul lavoro agile, è prevista una priorità per i lavoratori con disabilità riconosciuta ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104 del 1992. Il D.lgs. 105/2022 ha consolidato questa disposizione rendendola strutturale e inserendola, in modo esplicito, all’articolo 3, comma 3-bis, del D.Lgs. 81/2017.

La concessione della priorità dipende dalla compatibilità tra la mansione assegnata e le caratteristiche del lavoro agile, e richiede una valutazione puntuale da parte dell’azienda. Eventuali dinieghi devono essere giustificati da elementi concreti, fondati su parametri oggettivi e documentabili. In assenza di regolamentazione interna o di criteri trasparenti, il rischio di contenzioso si accentua, soprattutto qualora emergano prassi gestionali discriminatorie.

Monitoraggio interno e tracciabilità degli adempimenti

La gestione delle risorse con disabilità, per essere coerente con gli obblighi normativi e organizzativi, deve poggiare su una documentazione strutturata e tracciabile.

Ogni fase dell’inserimento dovrebbe essere formalizzata attraverso piani personalizzati, moduli di affiancamento e registri di verifica, in modo da garantire trasparenza e continuità nel monitoraggio.

Per gli enti pubblici con oltre cinquanta dipendenti, è inoltre obbligatorio redigere un piano triennale delle azioni positive, come previsto dall’articolo 48 del D.lgs. 198/2006.

Il punto di vista

L’assunzione di una persona con disabilità, quando viene trattata come mero adempimento, si riduce a un atto registrato senza alcuna effettiva ricaduta sulla struttura del lavoro.

Acquista significato, invece, quando coincide con l’assegnazione di una mansione individuata all’interno dell’organigramma, inserita in un’area di lavoro esistente, associata a un compito con margine di autonomia e tempi definiti. Deve esistere, in altri termini, una funzione utile, già attiva, compatibile con le condizioni del lavoratore e sostenibile nel tempo.

Senza una mansione assegnata in modo stabile, con un contenuto riconoscibile e una responsabilità chiara, l’inserimento resta isolato e non si traduce in una partecipazione effettiva ai processi aziendali. I compiti occasionali, le postazioni fittizie o le attività collocate ai margini non garantiscono continuità, non trasferiscono competenze, non generano valore. La Legge 68 obbliga all’assunzione, ma tutto il resto dipende dall’organizzazione.

Dove esistono una mappatura delle funzioni, un sistema di controllo interno e una struttura operativa coerente, il rapporto si consolida. Dove mancano questi elementi, la persona resta isolata anche se il contratto è attivo.

La disabilità, in azienda, va collocata dentro il lavoro esistente, con mansioni definite, interlocutori chiari e condizioni che permettano di svolgere attività utili all’organizzazione in modo stabile.

 

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