Contratto a termine e apprendistato: gli orientamenti applicativi dei CdL

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Il 12 giugno 2014 la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha emanato la circolare n. 13, con cui ha fornito alcuni indirizzi applicativi sulla Legge di conversione del D.L. n. 34/2014, n. 78/2014, in attesa delle interpretazioni del Ministero del Lavoro.

Il contratto a termine

Innanzitutto, la Fondazione Studi ricorda come sia stato liberato dal vincolo delle causali il contratto a termine, anche se sottolinea l’opportunità per le aziende di individuare comunque una causale quando necessario (è il caso, a titolo di esempio, della non applicazione dei limiti quantitativi fissati dalla legge o dal CCNL - ragioni sostitutive o di stagionalità).

Altro punto evidenziato dalla circolare è il limite della durata massima del singolo contratto, che non può ormai superare i 36 mesi complessivi, comprese le eventuali proroghe, a prescindere dalle mansioni esercitate dal lavoratore.

E’, tuttavia, possibile derogare al limite dei 36 mesi per i contratti a termine avviati tra istituti pubblici di ricerca, ovvero enti privati di ricerca, e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della medesima (art. 10, comma 5-bis, D. Lgs. 368/2001); infatti, questa particolare tipologia di contratto può avere una durata pari a quella del progetto di ricerca cui si riferisce.

L’apposizione del termine deve, inoltre, risultare, direttamente o indirettamente, da atto scritto.

Per quanto concerne il calcolo del limite del 20%, viene ricordato che la percentuale va calcolata sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.

Il limite percentuale vale per tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti, mentre i datori che impiegano fino a 5 dipendenti possono assumere un lavoratore a tempo determinato.

Nel computo dei lavoratori a tempo indeterminato, la Fondazione ritiene possano essere compresi gli apprendisti ed i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato con diritto all’indennità di disponibilità, mentre i lavoratori part-time dovrebbero essere computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno.

Qualora, calcolando il 20%, risulti un numero decimale, la circolare suggerisce di applicare il criterio di assunzione del numero intero di lavoratori a tempo indeterminato full time e per il decimale un tempo determinato part-time (ad es., nel caso in cui il risultato sia 6,4: 6 lavoratori potrebbero essere assunti a termine full time ed un’unità a termine part time al 40%, per coprire il decimale dello 0,4).

Importante è la specifica per cui il limite del 20% riguarda, adesso, esclusivamente i contratti a termine e non più la sommatoria di questi ultimi con i contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati dal medesimo datore di lavoro.

Poiché, poi, la norma afferma che in sede di prima applicazione del limite percentuale conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro, per i Consulenti del Lavoro la stessa va interpretata nel senso di garantire l’immediata applicabilità delle nuove disposizioni, fermi restando i limiti contrattuali ad oggi esistenti.

Quindi, nel momento in cui i contratti collettivi nazionali procederanno al loro rinnovo, terminerà la fase di“prima applicazione” e si entrerà nella regolamentazione“a regime”.

Relativamente ai contratti di prossimità che hanno regolamentato in maniera autonoma i contratti a termine, si ritiene che gli stessi possano continuare ad essere la fonte regolamentatrice dei rapporti a termine, compresi quelli avviati dal 21 marzo 2014.

La proroga è ammessa fino a 5 volte nell’arco dei complessivi 36 mesi ed indipendentemente dal numero dei rinnovi, per cui non vi è dubbio che il tetto delle 5 proroghe non si riferisca ad ogni singolo contratto a termine stipulato tra le parti ma all’intero periodo di tempo (36 mesi) indicato dalla norma.

La proroga deve, inoltre, riferirsi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato.

La novità che interessa, invece, i rinnovi, è la previsione normativa per cui nel computo dei 36 mesi va considerato un precedente periodo di missione soltanto nel caso in cui si stia provvedendo ad avviare un nuovo contratto a termine e non viceversa, così come in passato era già stato chiarito in via interpretativa dal Ministero del Lavoro con la risposta all’interpello n. 32/2012.

Si ritiene, ancora, che la scelta del legislatore di sanzionare il superamento del limite solo con una sanzione amministrativa permette di escludere la conversione del rapporto.

Interessante è la constatazione per cui, poiché la sanzione si applica per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni, l’avvio di contratti di durata non superiore a 15 giorni non potrà essere sanzionato.

Infine, per quanto concerne la disciplina transitoria è ormai chiaro che tutte le novità in materia di contratto a termine si applicano ai soli rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 20 maggio 2014 anche se sono fatti salvi gli effetti già prodotti tra il 21 marzo 2014 e il 20 maggio 2014.

In pratica, sottolinea la circolare della Fondazione Studi, è ritenuto legittimo quanto avvenuto nel periodo di conversione ma non tutte le disposizioni all’epoca vigenti saranno ritenute applicabili anche a partire dal 20/05/2014.

L’apprendistato

Per l’apprendistato si segnala che è stata reintrodotta l’obbligatorietà della redazione scritta e contestuale, alla stipula del contratto di apprendistato, del piano formativo individuale il quale può essere redatto in forma sintetica.

Per gli oneri di stabilizzazione, in sede di conversione è stato previsto che le aziende che occupano al momento dell’assunzione dell’apprendista almeno 50 dipendenti, possano assumere nuovi apprendisti solo se hanno, nei trentasei mesi precedenti, proseguito a tempo indeterminato almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro.

Tuttavia, è legittimo il contratto di apprendistato che sia stato avviato durante il periodo 21 marzo 2014 – 19 maggio 2014 in violazione della clausole di stabilizzazione.

La norma riconosce, inoltre, al CCNL la facoltà di individuare limiti diversi dal 20% ma non la possibilità di modificare il limite dimensionale dei 50 dipendenti per l’applicazione della disciplina della stabilizzazione.

Per quanto riguarda, poi, l’apprendistato per l’acquisizione di una qualifica o diploma professionale, la circolare sottolinea l’inserimento nel Testo Unico della previsione in forza della quale al lavoratore va riconosciuto un trattamento economico che tenga conto delle ore effettivamente prestate e retribuisca le ore di formazione nella misura almeno del 35% rispetto al monte ore complessivo.

Per l’apprendistato professionalizzante o di mestiere, la Fondazione Studi ritiene che in pratica, alla luce delle modifiche apportate in sede di conversione:

- le aziende in caso di mancata comunicazione da parte delle Regioni entro i 45 giorni successivi all’instaurazione del rapporto di lavoro delle modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica - anche con riferimento alle sedi e al calendario delle sedi previste - avranno la facoltà di effettuare la formazione pubblica;

- qualora tale comunicazione non dovesse essere notificata nei successivi 6 mesi (vale il giorno di notifica e non di spedizione), le stesse aziende sarebbero definitivamente esonerate dall’erogazione della formazione pubblica per tutta la durata del rapporto di apprendistato.

Norme e prassi

Art. 10, comma 5-bis, D. Lgs. 368/2001
Legge di conversione n. 78/2014 del D.L. n. 34/2014
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello n. 32/2012
Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, circolare n. 13/2014
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