La revoca del provvedimento di sospensione
Pubblicato il 05 novembre 2015
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Il D.lgs. n. 151/15 ha rivisitato la disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 81/08 e s.m.i. riconoscendo, in particolare, al destinatario dell’atto la facoltà di conseguire la rimozione del provvedimento anche mediante il pagamento rateale della sanzione aggiuntiva.
Il Ministero del lavoro, con circolare n. 26 del 2015, ha diramato istruzioni operative sul punto, illustrando tutti i presupposti necessari per ottenere la revoca del provvedimento e poter riprendere lo svolgimento dell’attività imprenditoriale sospesa.
I requisiti che legittimano il provvedimento di sospensione
Prima di addentrarci nella tematica della revoca, giova rammentare gli elementi normativi che legittimano l’adozione del provvedimento di sospensione e che consistono:
- nell’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; a tale fine va presa in considerazione la parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni (per un’analisi di dettaglio si rinvia alla circolare n. 33 del 2009, emanata dal Ministero del Lavoro);
- nelle gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza così come individuate nell’Allegato I al D.lgs. n. 81 cit..
In ordine al primo requisito, va evidenziato che l’espressione “impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria” viene letto in relazione esclusiva alle previsioni di cui all’art. 4 della L. n. 183/10 e all’art. 23 del D.P.R. n. 1124/65, che disciplinano le modalità di comunicazione telematica dei rapporti di lavoro alla Pubblica Amministrazione. Sicché, queste ultime disposizioni normative pare che abbiano assorbito, in prospettiva teleologica, la dizione letterale di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 81 cit, il cui significato viene ormai sintetizzato nell’asserzione per cui è lavoratore in nero colui per il quale sia stata omessa la comunicazione preventiva ai canali telematici della Pubblica Amministrazione.
È vero, pertanto, che ove sia stata omessa tale comunicazione e ricorra la percentuale di lavoro in nero di cui sopra e non si sia al cospetto di micro-impresa (cioè una impresa che occupa un solo lavoratore), il provvedimento di sospensione viene adottato de plano. Ciò nonostante, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 310 del 2010, ha sottolineato il carattere discrezionale del provvedimento e la necessità che quest’ultimo venga assistito da idonea motivazione, attesa la capacità dell’atto medesimo di incidere significativamente su situazioni giuridiche dei privati.
Venendo ai profili della revoca del provvedimento di sospensione, l’art. 14, comma 4 stabilisce che per l’organo di vigilanza del Ministero del lavoro costituiscono condizioni necessarie per rimuovere la sospensione:
- la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
- l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
- il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6, pari a 2.000 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 3.200 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Prescindendo dal requisito di cui al n. 2, che attiene alla materia della salute e della sicurezza, e rinviando al contribuito “Provvedimento di sospensione dell’impresa: il nuovo regime normativo” (edito l’08/10/2015 su questa rivista telematica) per ciò che riguarda le modalità di pagamento e di rateizzazione della somma aggiuntiva, occorre concentrare l’attenzione sul parametro di cui al n. 1, relativo alla “regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”.
Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 26 cit. nel paragrafo rubricato “condizioni per la revoca del provvedimento”, ha richiamato la previsione di cui all’art. 22 del D.lgs. n. 151/15, stabilendo che la regolarizzazione vada effettuata di norma mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxi-sanzione e cioè utilizzando il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche part-time con riduzione dell’orario non superiore al 50% ovvero il contratto a tempo pieno e determinato non inferiore a tre mesi.
Considerato che la genesi del rapporto di lavoro, quantunque in nero, sta nell’accordo tra le parti (accordo spesso iniquo) rispetto al quale, comunque, la forma costituisce modalità di esternazione della volontà e in limitate ipotesi (es. contratto a termine) anche requisito strutturale del negozio, si ritiene che la locuzione “regolarizzazione” attenga agli effetti amministrativi della fattispecie e riguardi, pertanto, l’adempimento dell’onere informativo di instaurazione del rapporto nei confronti della Pubblica Amministrazione. Tale onere viene assolto mediante inoltro alla Pubblica Amministrazione della comunicazione telematica contenente le informazioni circa il contratto concluso con il lavoratore in nero.
Ebbene, a sommesso avviso degli scriventi tale adempimento, insieme al pagamento della somma aggiuntiva, costituisce requisito indefettibile ed esclusivo per garantire l’emersione del rapporto di lavoro in nero e conseguentemente per ottenere la revoca del provvedimento di sospensione.
In altre parole, in base al principio di simmetria che contrassegna gli atti amministrativi e negoziali, si è dell’avviso che ciò che non è necessario per legittimare l’adozione di un determinato provvedimento non dovrebbe essere richiesto neppure per la rimozione del provvedimento medesimo.
Sennonché, di contrario avviso è il Ministero del Lavoro: con circolare n. 26 cit. ha ritenuto che la regolarizzazione vada effettuata anche in relazione all’osservanza degli obblighi di sorveglianza sanitaria, formazione e informazione eventualmente previsti dal D.lgs. n. 81/08.
Orbene, se è vero che il presupposto per l’adozione del provvedimento di sospensione è costituto dall’omessa comunicazione alla Pubblica Amministrazione di instaurazione del rapporto di lavoro (sempre che sia stata raggiunta la soglia percentuale di irregolarità in misura pari o superiore al 20% della forza lavoro), allora ci si domanda perché in sede di revoca dell’atto si chieda di effettuare tale adempimento e di accompagnarlo con condotte aggiuntive quali quelle inerenti all’osservanza degli obblighi di sicurezza, che invero non sono necessarie per l’adozione della sospensione.
A giudizio degli scriventi sembrerebbe più corretta un’altra soluzione e cioè quella di condizionare la revoca del provvedimento di sospensione all’adempimento dell’onere informativo telematico e al pagamento della somma aggiuntiva se del caso rateizzata, lasciando invece al provvedimento di prescrizione ex art. 15 D.lgs. n. 124/05, il compito di reprimere gli illeciti penali correlati all’occupazione in nero del lavoratore, quali quelli relativi all’omessa sorveglianza sanitaria e alla formazione e informazione.
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