La diffida accertativa va adottata nei confronti della Cassa Edile in caso di omesso accantonamento delle quote
Pubblicato il 22 febbraio 2013
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Alfa, impresa edile iscritta alla Cassa Edile, omette di accantonare presso quest’ultima le quote retributive da destinare ai dipendenti in forza, che, non vedendosi corrispondere le somme oggetto di accantonamento, si rivolgono al servizio ispettivo della DTL chiedendo le verifiche del caso e l’adozione del provvedimento di diffida accertativa. All’esito degli accertamenti il personale ispettivo riscontra la fondatezza della denuncia. Il personale ispettivo potrà adottare diffida accertativa? Ed eventualmente chi sarà il destinatario dell’atto, il datore di lavoro o la Cassa Edile?
Premessa
Le Cassa Edili hanno assunto negli ultimi anni una posizione sempre più rilevante nel sistema delle relazioni industriali, al punto che nell’attuale contesto sociale e produttivo vengono identificate come soggetti istituzionalmente predisposti alla gestione dei sistemi integrati dell’edilizia sia sul territorio provinciale sia su quello nazionale. Ciò in parte si spiega per le funzioni di certificazione attribuite alle Casse ai fini del rilascio del DURC, che legittimano queste ultime a trattare una consistente quantità di dati e informazioni inerenti alle imprese del settore murario. Ma, come ampiamente dimostrato nel caso pratico de “L'ispezione del Lavoro”, del 15 febbraio 2013, “DURC regolare: non esiste per l'impresa edile un obbligo normativo di iscrizione alla Cassa Edile”, tale riconoscimento non costituisce fonte di un obbligo, a carico delle imprese del settore delle costruzioni, di iscriversi alle Casse Edili. Né ovviamente tale situazione soggettiva può ragionevolmente fondarsi su circolari, interpelli, note o pareri e più in generale nella prassi amministrativa che, come noto, non occupa alcun posto nelle fonti del diritto. Ciò nonostante, si assiste a un’artificiosa proclamazione di tali enti come principali protagonisti per la predisposizione di tutele, anche di natura previdenziale, nei confronti dei lavoratori, i cui crediti patrimoniali vengono parzialmente gestiti da tali enti, senza che tuttavia costoro garantiscano anche un sistema di effettiva realizzazione del credito. Di conseguenza si apre la questione dell’individuazione del soggetto legittimato passivo del credito e dell’eventuale destinatario della diffida accertativa. In sostanza, una volta verificato l’omesso pagamento delle quote, si tratta di capire se tale provvedimento possa essere adottato nei confronti del datore di lavoro, oppure se il destinatario passivo dell'atto sia la Cassa Edile.
Preliminarmente occorre richiamare alcuni concetti che attengono alla natura delle Casse Edili e alle funzioni da queste esercitate.
La Cassa Edile è un ente bilaterale “[…] originato e regolamento dalla contrattazione […]” e, pertanto, di natura paritetica perché, ai sensi dell'art. 2 comma I lett. h) del D.lgs. n. 276/03 costituito “[…] da una o più associazioni dei datori o dei prestatori di lavoro stipulanti il contratto collettivo nazionale, che siano per ciascuna parte, comparativamente più rappresentative sul piano nazionale […] per la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito”.
Ai fini del rilascio del DURC, le Casse Edili, per convenzione con gli organismi pubblici, sono tenute ad attestare la regolarità o l’irregolarità contributiva delle imprese.
Le imprese contrattualmente iscritte alla Cassa Edile sono vincolate ad accantonare presso quest’ultima quote patrimoniali, che verranno poi elargite dalla Cassa medesima, a scadenze prefissate, in favore dei dipendenti del datore di lavoro.
Non v’è dubbio che tali somme costituiscano un “credito patrimoniale” del lavoratore, mentre è alquanto controversa la funzione previdenziale o meno con la quale le Casse gestiscono le somme stesse.
Sulla tematica, che ha riflessi diretti sui termini e sulle modalità di adempimento dell’obbligazione patrimoniale in favore del lavoratore, si è formato un contrasto in seno alla giurisprudenza di legittimità, che si è sviluppato tanto in sede civile quanto in sede penale.
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L’orientamento che nega alle Casse Edili la titolarità di funzioni previdenziali
Un primo indirizzo ritiene che le Casse Edili non potrebbero catalogarsi come enti previdenziali perché assolverebbero a una funzione sostanzialmente intermediaria e che consisterebbe nell’erogare ai lavoratori dell’impresa iscritta le quote da quest’ultima versate presso l’ente bilaterale.
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L’indirizzo che considera le Casse Edili enti di previdenza e assistenza
Altro filone, in conformità con l’art. 2 del D.lgs. n. 276 cit., che assegna agli enti bilaterali e quindi anche alle Casse Edili, attività mutualistiche e di assistenza, sostiene che le Casse apparterrebbero alla categoria degli Enti di previdenza e che in tale veste gestirebbero le somme oggetto di accantonamento.
La Cassa Edile quale delegato di pagamento
Entrambi gli indirizzi tuttavia convergono nel ricostruire il rapporto tra datore di lavoro, Cassa Edile e lavoratore in termine di delegazione di pagamento di cui all’art. 1268 c.c., la quale, come noto, costituisce una modifica del lato passivo del rapporto obbligatorio, perché aggiunge al datore di lavoro (delegante) un nuovo debitore e cioè la Cassa Edile (delegato), per la maggior tutela della posizione creditoria del lavoratore (delegatario).
Da tale ricostruzione unitaria gli indirizzi giurisprudenziali summenzionati traggono tuttavia conclusioni differenti in ordine alle modalità di esecuzione del rapporto di delegazione.
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L’indirizzo secondo il quale l’obbligo di pagamento della Cassa sorgerebbe solo con la provvista
L’indirizzo che nega alle Casse Edili la qualifica di Enti previdenziali sostiene che l’obbligazione di pagamento da parte della Cassa sorga, non con l’instaurazione del rapporto di lavoro, bensì solo con il pagamento, da parte del datore, delle somme medesime. Simile prospettazione postula a ben vedere un rapporto contrattuale tra impresa-Cassa Edile, la quale sarebbe legittimata ad eseguire pagamenti ai lavoratori non “allo scoperto”, ma solo una volta incassate le somme da parte dell’impresa iscritta.
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Osservazioni critiche
Tale orientamento sembra fraintendere la genesi dell’obbligazione con la fase esecutiva del rapporto.
Al di là del fatto che l’assunto comporta un indebito frazionamento delle relazioni contrattuali poiché, contrariamente a una logica unitaria del rapporto negoziale intercorrente tra Cassa e impresa edile, porta a ritenere l’esistenza di tanti vincoli obbligatori quante sono le mensilità per le quali è previsto e richiesto l’accantonamento delle quote. Il che appare in contraddizione con la stessa logica che ha originato la costituzione delle Casse Edili preordinate segnatamente a garantire una “[…] ricostruzione unitaria della posizione lavorativa del lavoratore edile […]”, operante in un settore, come rilevato dall’indirizzo qui in confutazione, contrassegnato da elevata mobilità e suscettibile perciò di rendere problematica l’erogazione di importi economicamente soddisfacenti.
L’insostenibilità dell’assunto emerge comunque sul rilievo dirimente per cui se fosse vero che l’obbligazione della Cassa sorga con l’avvenuto accantonamento delle quote si avrebbe per conseguenza che nessun inadempimento potrebbe essere imputato alla parte datoriale fintanto che quest’ultima non abbia proceduto al versamento relativo. Infatti l’inadempimento presuppone logicamente l’esistenza di un’obbligazione, in mancanza della quale non è giuridicamente possibile ipotizzare una consequenziale responsabilità per mancata esecuzione di un non ancora instaurato rapporto obbligatorio.
La prospettazione sopra esposta è apprezzabile nella limitata misura in cui dalla stessa si traggano argomenti per giustificare su basi negoziali, e non legali, il rapporto intercorrente tra Cassa Edile e impresa. Ma le conclusioni cui giunge finiscono per risultare incoerenti persino con il sistema previsto per il rilascio del DURC.
In sintesi, ritenere che la genesi del rapporto contrattuale tra Cassa e impresa vada individuata unicamente con l’accantonamento delle somme da parte dell’impresa comporta che le Casse, anche in assenza di versamento delle quote e in presenza di regolarità INPS e INAIL, dovrebbero comunque rilasciare un DURC regolare. Infatti fino al sorgere del rapporto obbligatorio intercorrente tra Cassa e impresa non potrebbe imputarsi a quest’ultima nessuna condotta inadempiente. Sicché, l’Ente certificatore, lungi dall’attestare la posizione dell’impresa con la Cassa edile, dovrebbe invero circoscrivere la propria attività alla verifica dell’eventuale versamento degli oneri previdenziali e assicurativi rispettivamente appannaggio di INPS e INAIL.
Il che, come noto, non corrisponde alla realtà operativa in cui l’omessa corresponsione delle quote alle Casse Edili ha per conseguenza il rilascio di un DURC non regolare. Segno evidente questo che l’obbligazione dell’impresa con la Cassa sorge in un momento antecedente alla corresponsione delle somme e precisamente all’atto dell’iscrizione dell’impresa al sistema della bilateralità.
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L’indirizzo per cui il pagamento della Cassa è dovuto anche senza provvista
Tali aspetti emergono in maniera convincente, perché consoni al sistema e alle funzioni della bilateralità, dall’altro orientamento della giurisprudenza, secondo il quale il rapporto di delegazione di cui all’art. 1268 c.c. intercorrente tra impresa, Cassa e lavoratore, si instaurerebbe, non con il versamento delle somme, ma con l’iscrizione dell’impresa alla Cassa, la quale, per effetto dell’art. 1271 c.c., dovrebbe comunque corrispondere al lavoratore delegatorio le somme oggetto di accantonamento. Con la conseguenza che (e questo è il passaggio saliente dell’impostazione), la Cassa sarebbe tenuta a corrispondere le somme al lavoratore a prescindere dall’eventuale inadempimento dell’impresa datrice di lavoro, “[…] poiché il delegato non può opporre al delegatario le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante (art. 1271 I comma c.c.) [...]”.
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Osservazioni
L’assunto è fondato nella misura in cui, ferma la natura retributiva delle quote (perché integranti parte della retribuzione del lavoratore e quindi di “credito patrimoniale” di costui), si riconoscano alle Casse funzioni che vadano al di là della semplice intermediazione tra impresa e lavoratore e che abbiano piuttosto a oggetto trattamenti mutualistici e di natura previdenziale, prestati infatti per sostenere il reddito dei lavoratori e garantire a costoro, “non solo l'unitarietà, bensì l'effettività del pagamento […]”.
Tale orientamento appare semmai censurabile nella parte in cui ritiene che l’adesione dell’impresa al sistema delle Casse possa manifestarsi anche implicitamente e segnatamente mediante invio della denuncia dei nominativi dei lavoratori all’ente bilaterale, quando normativamente tale invio assume altro significato e che è riconducibile a una dichiarazione non di volontà, bensì di scienza, resa per obbligo di legge, e con la quale le Casse acquisiscono esaustive informazioni per il corretto e trasparente esercizio delle funzioni di certificazioni, culminanti poi con il rilascio del DURC.
Per il resto, gli scriventi sono dell’avviso che l’indirizzo giurisprudenziale da ultimo citato sia pienamente condivisibile perché perfettamente aderente, non solo alla lettera dell’art. 2 comma 1 lett. h) del D.lgs. n. 276 cit., ma anche con il contenuto degli statuti delle Casse, ove si registra il riconoscimento, espresso e responsabile, della titolarietà di compiti aventi natura previdenziale e assistenziale. Ciò è stato recentemente affermato dai Giudici di legittimità secondo cui le funzioni previdenziali svolte dalle Casse giustificherebbero la responsabilità penale dell’impiegato della Cassa per peculato qualora le quote versate dall’impresa vengano trattenute dall’ente corrisponderle ai lavoratori.
Certo è comunque che, sul piano civilistico, il riconoscimento di funzioni mutualistiche e previdenziali in capo agli enti bilaterali, legittima la richiesta del lavoratore (delegatario) di corresponsione delle somme non accantonate dal datore di lavoro (delegante), direttamente alla Cassa edile (delegato). Quest’ultima a sua volta non sembra che possa opporre al lavoratore l’eccezione di cui art. 1271 II comma c.c., asserendo l’esistenza di patti limitativi di responsabilità contenuti nello Statuto o nel CCNL di categoria.
Infatti, clausole di tale tenore, con la quale la Cassa si riserva di pagare il lavoratore solo una volta conseguita la provvista, attengono ai rapporti intercorrenti tra ente bilaterale e impresa e pertanto sono riconducibili alla parte obbligatoria del contratto collettivo, con l’ulteriore conseguenza che le stesse non possono essere opposte al lavoratore.
Il portato della diffida accertativa
Rispetto a tali premesse occorre ora valutare la portata applicativa dell’art. 12 del D.lgs. n. 124/04. Premessa l’esistenza di una relazione negoziale datore e cassa, si tratta cioè di capire se la diffida accertativa, una volta verificato l’omesso pagamento delle quote, possa essere adottata nei confronti della Cassa Edile o dell’impresa.
La previsione di cui all’art. 12 al I comma prevede che “qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti”.
Ove si aderisse all’orientamento giurisprudenziale che non riconosce alla Cassa Edile la titolarità di funzioni previdenziali nella gestione delle somme oggetto di accantonamento appare giustificato ritenere che l'atto di diffida, in ragione dei suoi effetti processuali e civilistici, debba essere adottato nei confronti del datore di lavoro, onde consentire al lavoratore di agire nei suoi confronti in executivis, per ottenere il pagamento delle quote non accantonate.
La soluzione muta radicalmente ove si segua l’opposto filone che attribuisce alla Cassa Edile compiti lato sensu pubblicistici di mutualità e di assistenza. In tal caso il provvedimento di cui all'art. 12 del D.lgs. n. 124 cit. a fronte dell’omesso pagamento delle quote oggetto di accantonamento, dovrebbe essere adottato nei confronti del delegato di pagamento: la Cassa Edile.
Il significato dell’espressione “datore di lavoro” contenuto nell’art. 12 D.lgs. n. 124 cit.
Quest’ultima prospettazione potrebbe essere confutata richiamando il principio di tipicità dell’atto amministrativo e rilevando a tale proposito che il tenore letterale dell'art. 12 del D.lgs. n. 124 cit. circoscrive al “datore di lavoro” la legittimazione passiva nel ricevere l’atto. Sicché, a detta di tale assunto, non sarebbe possibile estendere il portato della norma a soggetti che, come la Cassa Edile, non rivestano la qualifica di datore di lavoro.
Sennonché, a sommesso parere degli scriventi, tale interpretazione non appare condivisibile, perché vanifica la lettera e lo spirito della norma.
A ben vedere la locuzione “datore di lavoro” trova giustificazione nella regola aurea dell’astrattezza che assiste la norma di legge, nel senso che l'art. 12 del D.lgs. n. 124 cit. è stato modellato secondo la classica struttura bilaterale dei rapporto di lavoro. Tale struttura, tuttavia, non è del tutto esaustiva nel settore edile, considerato che in tale ambito entra in gioco un soggetto terzo, la Cassa, la cui presenza riconduce il rapporto di lavoro nell’alveo della delegazione di pagamento.
Per garantire la completezza del sistema occorre cogliere il vero significato della littera legis, ritenendo che la peculiarità del rapporto di lavoro edile assegna all'espressione “datore di lavoro” il significato sostanziale di “soggetto direttamente” obbligato al pagamento del credito patrimoniale del lavoratore.
E invero, considerato che le quote costituiscono, in base all'art. 12 D.lgs. n. 124 cit., “credito patrimoniale del lavoratore” e che l’insoddisfazione del credito appare riconducibile a una “inosservanza alla disciplina contrattuale” imputabile anche al delegato di pagamento, ergo la Cassa Edile, quest'ultima non potrà che essere obbligata, in via diretta, al pagamento delle predette somme in favore del lavoratore.
Tale esegesi collima altresì con la ratio dell'art. 12 D.lgs. n. 124 cit., volta ad apprestare una tutela effettiva al lavoratore, il quale vedrebbe in tal modo ampliata la gamma dei soggetti e dei patrimoni sui quali poter soddisfare il proprio credito. E ciò, in perfetta adesione al principio del favor prestatoris che permea l'intera materia lavoristica.
La prassi amministrativa
Non a caso, lo stesso Ministero del Lavoro, con risposta a interpello n. 33 del 12.10.2010 e con circolare n. 5 del 2011, nel fugare ogni dubbio al riguardo, ha ritenuto che il provvedimento di cui all'art. 12 del D.lgs. n. 124 cit. possa essere adottato anche rispetto a colui che non possiede la qualità di parte nel rapporto di lavoro: l’obbligato solidale ex art. 29 del D.lgs. n. 276/03 a “ulteriore salvaguardia dei crediti retributivi accertati”.
Pertanto se la diffida accertativa può essere adottata nei confronti dell'obbligato solidale ex art. 29 del D.lgs. n. 124 cit. che, come noto, non è “datore di lavoro”, né risulta parte formale del rapporto di lavoro, a maggior ragione l'atto de quo potrà essere impartito anche nei confronti della Cassa Edile. Quest'ultima, invero, riveste una effettiva e formale posizione nello schema di lavoro in edilizia, in quanto titolare, insieme al datore di lavoro, e in analogia con l'obbligato solidale, di un unitario interesse alla soddisfazione del credito patrimoniale del lavoratore. D'altro canto ciò è coerente con l’art. 1268 II comma c.c. secondo il quale la Cassa Edile assume la posizione di obbligato principale nei confronti del lavoratore creditore, con conseguente beneficio d’ordine in favore datore di lavoro.
Trattasi in sostanza di una interpretazione evolutiva rispetto a linee di condotta già segnate con circolare del Ministero del lavoro n. 24/04, nella quale, invero, venivano individuati tra i destinatari della diffida accertativa, non solo il datore di lavoro, ma anche i soggetti titolari di rapporti di lavoro autonomi (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto): ergo i committenti.
Considerazioni conclusive
Quantunque le argomentazioni sopra esposte possano ritenersi di per se stesse esaustive, nel senso di considerare la Cassa Edile destinataria dell'atto di diffida ex art. 12 del D.lgs. n. 124 cit., vale ulteriormente rilevare, ad colorandum, che l'assunto è pertinente con la natura e con le funzioni riconosciute ex lege alla Cassa Edile, preordinate, secondo la logica della bilateralità, a offrire un articolato sistema di tutele in favore dei lavoratori edili, onde consentire a costoro la ricostruzione unitaria della propria posizione di lavoro.
Diversamente, e cioè ritenere che la Cassa Edile non abbia legittimazione a ricevere l’atto di cui all’art. 12 cit., significherebbe esentare quest’ultima dalle responsabilità connesse alle “inosservanze alla disciplina contrattuale”, creando, così, in loro favore, in primo luogo, un’inammissibile zona franca rispetto alla portata applicativa dell’art. 7 D.lgs. n. 124 cit. e ancor prima dell’art. 4 L. n. 628/61.
In secondo luogo, si snaturerebbe la funzione della Cassa Edile sopra descritta e ancora più negativamente si assegnerebbe alla stessa, nell'ambito dell'obbligazione del rapporto di lavoro, una discriminatoria posizione di privilegio rispetto a quella del datore di lavoro, scaricando, per l'effetto, tutti i rischi del rapporto sul soggetto che notoriamente è parte debole dello stesso: il lavoratore.
Quest'ultimo, peraltro, oltre al danno, riceverebbe pure la beffa, considerato che, paradossalmente, si vedrebbe costretto a rivolgersi ad un avvocato (con tutto ciò che ne segue in termini di spese) per ottenere contro le Casse Edili un titolo esecutivo, negato proprio (e addirittura) dal Ministero del Lavoro.
In terzo luogo negare al lavoratore la legittimazione attiva nei confronti delle Casse significherebbe a contrario riconoscere che tale legittimazione sussista rispetto al datore di lavoro, la cui posizione riceverebbe un aggravio perché dovrebbe rispondere non solo nei confronti della Cassa, ma anche del lavoratore, con il serio rischio di un doppio versamento.
In quarto luogo e, in via troncante, il lavoratore, solo perché operante nel settore edile, il quale richiede, per vero, un innalzamento del rango di tutela, riceverebbe un trattamento disuguale rispetto a tutti gli altri prestatori di lavoro, il cui operare in settori merceologici differenti, rappresenterebbe il solo criterio fondante per l'adozione del provvedimento di cui all'art. 12 D.lgs. n. 124 cit.. E se così fosse riecheggerebbe l’eco dell’espressione di Sua Maestà Maria Antonietta che alla doglianza di un popolo affamato rispose: “Se non hanno pane, che mangino brioches!”...
Il caso concreto
In base alle considerazioni sopra esposte il caso concreto appare di pronta soluzione.
Alfa, impresa edile iscritta alla Cassa Edile, ha omesso di accantonare presso quest’ultima le quote retributive da destinare ai dipendenti in forza. Questi ultimi non vedendosi corrispondere le somme oggetto di accantonamento si sono rivolti al servizio ispettivo della DTL chiedendo le verifiche del caso e l’adozione del provvedimento di diffida accertativa. All’esito degli accertamenti il personale ispettivo riscontra la fondatezza della denuncia in relazione alla quale, ai fini dell’adozione del provvedimenti di diffida, sono ipotizzabili due differenti ipotesi. L’obbligo di provvedere e la necessità che l’azione amministrativa si debba concludere con provvedimento espresso porta a escludere che il personale ispettivo “decida di non decidere”: c.d. non liquet. Semmai gli esiti del caso dipendono dall’adesione a uno degli orientamenti esposti nel corpo del contributo.
In altre parole se gli ispettori ritengano plausibile l’orientamento che vincola le Casse al pagamento solo con la provvista di denaro va da sé che l’atto di diffida dovrà essere adottato nei confronti del datore di lavoro.
Diversamente qualora il personale ispettivo aderisca all’assunto che considera le Casse obbligate al pagamento anche in assenza di accantonamento delle quote da parte dell’impresa, l’atto di diffida avrà per destinatario il delegato di pagamento, ergo la Cassa Edile.
NOTE
i Cfr. per tutti Ministero del lavoro risposta interpello n. 56/08.
ii Cfr. Cass. Civ. n. 5741/01, la quale ha definito la Cassa edile mero intermediario. In tale senso anche giurisprudenza di merito cfr. Trib. Napoli 06.02.2006; cfr. Trib. Ivrea 17.12.2004. Cass. n. 14658/2003. Per la giurisprudenza penale cfr. Cass. Pen n. 1327 del 27 ottobre 2004 e recentemente cfr. Cass. Pen. n. 2723/12.
iii Cfr. Cass. Civ. n. 13300/05; Cass. Civ. n. 25888/08, e poi ancora Cass. Civ. n. 6334/10. Su tale orientamento cfr. Cons. Stato Sez. V Sent., 08/09/2008, n. 4248 e la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Bari 22.09.2006 cfr. Trib. di Ivrea 03.08.2006; Trib sez. lavoro Perugia sent. n. 301/01 del 10.06.09. Per la giurisprudenza penale recentemente cfr. Cass. Pen. n. 39359/2012.
iv Cfr. Cass. Civ. n. 14658/2003; Cass. Civ. n. 16014/2006; Cass. Civ. n. 1327/05; Cfr. Tribunale di Catanzaro 29/05/2009; Tribunale di Caltanissetta n. 885/2008 del 17/10/2008; In tal senso anche recentemente cfr. Cass. Civ. n. 6869/12 la cui motivazione appare affetta da plurime contraddizioni tra le quali spicca l’assunto secondo il quale l’iscrizione alla Cassa sarebbe obbligatoria ai sensi dell’art. 86 D.lgs. n. 276/03. Tale asserzione non trova riscontro nel dettato normativo e già è stata ampiamente confutata nel caso pratico de “L'ispezione del Lavoro”, del 15 febbraio 2013, “DURC regolare: non esiste per l'impresa edile un obbligo normativo di iscrizione alla Cassa Edile”, pubblicato in questa rivista. Per ciò che rileva nella presente trattazione, basti rilevare che tale prospettazione non collima con le conclusioni a cui giunge la sentenza n. 6869 cit., laddove ritiene che l’obbligazione della Cassa sorga con l’accantonamento da parte dell’impresa. Insomma i Giudici di legittimità, per un verso affermano che il rapporto impresa e Cassa si costituisce ex lege, per altro verso, cadendo in contraddizione, affermano che tale rapporto non sorge fino all’accantonamento delle somme da parte dell’impresa.
vi Cfr. nota n. 3.
vii Cass. Civ. n. 13300/05.
viii A tale fine la Corte ha osservato che il pagamento […] è più facilmente suscettibile di contestazioni od elusioni o ritardi da parte del datore, e per il suo importo è meno oneroso per la CASSA stessa” cfr. Cass. Civ. n. 13300/05.
ix Le Casse Edili hanno elaborato propri siti, consultabili on line, in cui rivendicano apertamente e responsabilmente la titolarità di molteplici funzioni tra cui anche quelle previdenziali.
x Cfr. Cass. Pen. 39359/12.
xi Cfr. art. 18, CCNL Edilizia – Industria.
xii Sotto tale profilo erra Trib. Firenze n. 799 del 30/03/2009.
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