Retribuzione tracciabile: quando il datore di lavoro è sanzionabile

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Retribuzione tracciabile: quando il datore di lavoro è sanzionabile

È esclusa la responsabilità del datore di lavoro che non fornisce prova di tracciabilità dei mezzi di pagamento della retribuzione se il lavoratore conferma di non essere stato pagato in contanti? Al quesito risponde l'Ispettorato nazionale del lavoro con la nota del 22 marzo 2021, n. 473.

Pagamento della retribuzione

L'art. 1, commi 910 - 913, della legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017) ha introdotto, a far data dal 1° luglio 2018, l'obbligo per i datori di lavoro o i committenti di corrispondere ai lavoratori la retribuzione (e ogni suo anticipo) con strumenti di pagamento tracciabili.

In particolare, il comma 910 dell'articolo citato dispone che il pagamento dello stipendio debba avvenire attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

b) strumenti di pagamento elettronico;

c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

È fatto divieto (comma 911), in modo assoluto, di corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore e l'eventuale firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione (comma 912).

Sanzioni applicabili

Il comma 913 dell'art. 1 della legge di Bilancio 2018 prevede che al datore di lavoro (o committente) che viola l'obbligo di tracciabilità della retribuzione si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.

Mancata prova del pagamento con mezzi tracciabili

L'Ispettorato nazionale del lavoro è investito della questione in ordine all'applicabilità della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro (art. 1, comma 913, della L. n. 205/2017) al datore di lavoro che non esibisce la documentazione attestante il pagamento della retribuzione con strumenti tracciabili pur in presenza di una dichiarazione del lavoratore che confermi di non essere stato pagato in contanti.

Sul punto l'INL ricorda il contenuto delle citate disposizioni normative (in particolare, l'ultimo periodo del comma 912) e richiama le note n. 4538 del 22 maggio 2018, n. 5828 del 4 luglio 2018 e n. 7369 del 10 settembre 2018.

Responsabilità del datore di lavoro

L’ultimo periodo del comma 912, rileva l'INL, sancisce espressamente che “la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione”.

La formulazione non lascia spazio a dubbi. Ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro, non è possibile accordare rilevanza alla dichiarazione resa dal lavoratore che confermi di essere stato pagato con gli strumenti tracciabili espressamente indicati dal comma 910.

È proprio in ragione della intrinseca capacità di tali strumenti di fornire prova del loro utilizzo che il legislatore li ha imposti per il pagamento delle retribuzioni, rileva l'Ispettorato.

Il criterio dell'effettiva tracciabilità dei mezzi di pagamento rende inoltre possibile la verifica in sede ispettiva anche su mezzi di pagamento diversi da quelli esplicitamente consentiti dalla legge purchè assolvano ugualmente alla funzione antielusiva della norma (ciò avviene per esempio nel caso del pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente o conto di pagamento ordinario).

Conservazione della documentazione e indagini ispettive

L'INL ricorda inoltre che il datore di lavoro ha l'obbligo di conservare sempre la documentazione – in particolare delle ricevute di versamento – anche nei casi di versamenti effettuati su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, non collegata ad un IBAN.

In caso di dubbi poi, resta sempre salva la possibilità da parte del personale ispettivo di valutare, sulla base delle circostanze concrete e degli elementi acquisiti in sede di accertamento, l'avvio di indagini presso gli Istituti di credito, differenziate a seconda del sistema di pagamento adottato, per escludere “la corresponsione della retribuzione in contanti direttamente al lavoratore” e la conseguente applicazione delle sanzioni.

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