Lavoratori delle piattaforme digitali: in arrivo direttiva europea

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Lavoratori delle piattaforme digitali: in arrivo direttiva europea

In arrivo una direttiva europea sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali.

Il Consiglio ha infatti espresso il 2 ottobre 2024 parere favorevole sul testo della direttiva n. 89/24 del Parlamento europeo: dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, gli Stati membri hanno due anni di tempo per adeguare il diritto interno alle nuove norme comunitarie.

Vediamo di che si tratta.

Ambito di applicazione: cosa sono le piattaforme di lavoro digitali

La direttiva introduce una definizione chiara e dettagliata di cosa si intenda per piattaforme di lavoro digitali: queste piattaforme rappresentano servizi che permettono l’organizzazione di attività lavorative tramite strumenti digitali, tra cui siti web e applicazioni mobili, per mettere in contatto lavoratori e utenti finali.

Una piattaforma di lavoro digitale, ai sensi della direttiva, deve soddisfare quattro criteri fondamentali:

  • fornitura del servizio: il servizio offerto deve essere accessibile almeno in parte a distanza, attraverso strumenti elettronici come un sito web o un'app mobile. Questo include attività svolte online, come il freelance digitale, o attività ibride che coinvolgono una componente fisica, come la consegna di cibo o servizi di trasporto;
  • richiesta del servizio: il lavoro o servizio deve essere fornito su esplicita richiesta del destinatario. E’ questo l’elemento che distingue le piattaforme digitali da altre forme di collaborazione online, poiché il rapporto tra lavoratore e cliente è mediato dalla piattaforma che funge da intermediario;
  • organizzazione del lavoro: la piattaforma deve avere un ruolo attivo nell’organizzare il lavoro svolto dai lavoratori attraverso la sua infrastruttura digitale. Ciò implica l’utilizzo di algoritmi per distribuire incarichi, monitorare il lavoro e gestire i pagamenti;
  • uso di sistemi automatizzati: la piattaforma deve impiegare sistemi di monitoraggio o decisionali automatizzati per gestire l'interazione tra lavoratori e utenti. Questo include l'uso di algoritmi che stabiliscono le condizioni di lavoro, influenzano le retribuzioni o monitorano le prestazioni dei lavoratori.

E’ dunque una definizione che abbraccia una vasta gamma di piattaforme digitali che operano in vari settori, come il trasporto di persone (servizi di ride-sharing), la consegna di merci, il freelance digitale e il microlavoro.

NOTA BENE: non tutte le piattaforme online rientrano nel campo di applicazione della direttiva. Servizi che consentono semplicemente la compravendita di beni (come piattaforme di e-commerce) o lo sfruttamento di beni condivisi (come i servizi di locazione di case) non sono considerati piattaforme di lavoro digitali.

Lavoratore delle piattaforme digitali

La direttiva fornisce inoltre una chiara distinzione tra i lavoratori delle piattaforme digitali e i lavoratori autonomi per delimitarne correttamente la situazione occupazionale.

Il lavoratore delle piattaforme digitali è una persona fisica che esegue un'attività lavorativa tramite la piattaforma, sia in modalità online che in un luogo fisico, e che è soggetta alla direzione o al controllo della piattaforma stessa.

La direttiva stabilisce che la presunzione legale sia quella di rapporto di lavoro subordinato qualora si riscontrino indizi di direzione e controllo da parte della piattaforma. Questo significa che, anche se un lavoratore è contrattualmente classificato come autonomo, l'effettiva natura del rapporto può configurarsi come lavoro subordinato se la piattaforma esercita un controllo significativo sulle modalità di svolgimento del lavoro.

Per identificare il corretto status occupazionale, la direttiva impone di valutare i fatti concreti relativi all’organizzazione del lavoro, come l’uso di sistemi algoritmici per assegnare incarichi o valutare le prestazioni, indipendentemente da come le parti abbiano qualificato formalmente il rapporto contrattuale.

Questa è la chiave di volta per prevenire l’abuso della classificazione come lavoro autonomo, utilizzata spesso per evitare di offrire le tutele previste per i lavoratori subordinati.

Il lavoratore autonomo, invece, è colui che mantiene un'indipendenza sostanziale nell'esecuzione del lavoro, senza essere soggetto al controllo della piattaforma.

Attenzione: la direttiva non preclude la possibilità per i lavoratori autonomi di operare tramite piattaforme digitali, ma garantisce che la loro situazione sia valutata sulla base delle caratteristiche effettive del rapporto lavorativo invece che su sterili etichette contrattuali.

Applicazione transfrontaliera

Un altro aspetto rilevante della direttiva è la sua applicazione a livello transfrontaliero: data la natura globale delle piattaforme digitali, che spesso operano in più Stati membri dell'Unione, la normativa riconosce l'importanza di garantire che i lavoratori che operano attraverso queste piattaforme siano tutelati indipendentemente dal Paese in cui si trovano.

Le piattaforme devono dunque rispettare le leggi in vigore nello Stato membro in cui il lavoro è effettivamente svolto, anche se registrate in un altro Paese.

L’obiettivo è evidente: evitare pratiche elusive in cui le piattaforme digitali sfruttino giurisdizioni con normative meno stringenti per aggirare i diritti dei lavoratori.

In caso di operazioni transfrontaliere, le piattaforme sono tenute quindi a dichiarare alle autorità competenti il lavoro svolto nel territorio, così da garantire una corretta applicazione delle normative nazionali.

In questo contesto, la direttiva pone particolare attenzione al coordinamento tra le autorità nazionali degli Stati membri, affinché possano collaborare per monitorare e far rispettare le regole relative alla classificazione occupazionale e alla gestione dei dati personali dei lavoratori.

Inoltre, la direttiva sottolinea la necessità di fornire ai lavoratori delle piattaforme digitali informazioni trasparenti e accessibili sui loro diritti, specialmente in situazioni transfrontaliere dove potrebbero sorgere dubbi sulla legge applicabile.

Trasparenza nella gestione algoritmica

La direttiva pone grande attenzione sulla trasparenza nella gestione algoritmica da parte delle piattaforme digitali; l’utilizzo di algoritmi per la gestione del lavoro, infatti, ha un impatto significativo sulle condizioni lavorative e sulla vita professionale dei lavoratori delle piattaforme.

Gli algoritmi non solo assegnano incarichi, ma possono anche influenzare aspetti fondamentali come i tempi di lavoro, le retribuzioni, e persino le decisioni di sospensione o cessazione del rapporto di lavoro.

Secondo la direttiva, le piattaforme digitali devono garantire una trasparenza completa riguardo al funzionamento di questi sistemi algoritmici, fornendo informazioni chiare e comprensibili ai lavoratori. In particolare, devono spiegare come vengono prese le decisioni che influenzano direttamente i lavoratori, inclusi i parametri utilizzati per valutare le prestazioni, assegnare incarichi o determinare le retribuzioni.

Altro aspetto centrale che la direttiva richiede alle piattaforme è quello di fornire informazioni dettagliate sui sistemi di monitoraggio e sui sistemi decisionali automatizzati: queste informazioni devono essere fornite ai lavoratori prima dell’inizio del rapporto lavorativo, e in modo tempestivo ogni volta che vi siano modifiche significative al sistema.

Inoltre, i lavoratori devono essere in grado di accedere a tali informazioni in qualsiasi momento su loro richiesta, per comprendere meglio come il loro lavoro viene monitorato e valutato.

Contenuti

La trasparenza non deve limitarsi a informazioni generiche, ma deve includere dettagli su:

  • dati personali raccolti e utilizzati dagli algoritmi;
  • il modo in cui tali dati vengono elaborati per prendere decisioni relative al lavoro, alla retribuzione e ad altri aspetti contrattuali;
  • le conseguenze delle decisioni algoritmiche, specialmente in casi di sospensione o chiusura di account dei lavoratori.

Per garantire la corretta attuazione di queste misure, le piattaforme sono tenute a fornire queste informazioni non solo ai lavoratori ma anche ai loro rappresentanti e alle autorità nazionali competenti.

Valutazione d’impatto sulla protezione dei dati

Oltre alla trasparenza, la direttiva impone un obbligo alle piattaforme di condurre una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati per i sistemi algoritmici utilizzati, misura in linea con quanto previsto dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) che si applica ogni qualvolta una piattaforma utilizza sistemi di monitoraggio automatizzati o sistemi decisionali automatizzati che trattano dati personali dei lavoratori.

La valutazione d’impatto garantisce perciò che il trattamento dei dati personali sia conforme ai principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal GDPR.

Le piattaforme devono identificare e mitigare i rischi legati al trattamento dei dati, in particolare quando queste decisioni algoritmiche possono avere un impatto significativo sui lavoratori, ad esempio influenzando le loro prospettive di carriera o la loro stabilità lavorativa.

Per questo motivo la direttiva prevede che le piattaforme coinvolgano i rappresentanti dei lavoratori nella conduzione delle valutazioni d’impatto, per assicurare che le preoccupazioni dei lavoratori vengano considerate durante il processo di valutazione.

Inoltre, le piattaforme devono fornire i risultati di tali valutazioni ai rappresentanti dei lavoratori e, se richiesto, alle autorità nazionali competenti.

L’obbligo di effettuare una valutazione d’impatto si applica a tutti i sistemi algoritmici che influenzano le condizioni di lavoro, compresi quelli che assegnano incarichi o monitorano le performance dei lavoratori.

Limitazioni sull'uso dei dati personali

Le piattaforme digitali raccolgono e trattano una vasta quantità di dati sui lavoratori, spesso in modo automatizzato, attraverso i sistemi algoritmici: la direttiva introduce una serie di restrizioni specifiche per proteggere i lavoratori da un utilizzo eccessivo o improprio dei loro dati personali.

In particolare, la direttiva vieta il trattamento di dati personali che non siano strettamente necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa o che riguardino informazioni sensibili come:

  • lo stato emotivo o psicologico del lavoratore;
  • le conversazioni private che il lavoratore potrebbe avere con altri colleghi o con i rappresentanti sindacali;
  • i dati biometrici utilizzati per identificare il lavoratore, a meno che non vi sia un consenso esplicito e informato, e l’uso sia strettamente limitato alla verifica dell'identità, come previsto dal GDPR.

La direttiva vieta inoltre alle piattaforme di raccogliere dati sui lavoratori quando non stanno svolgendo il loro lavoro o non sono attivi sulla piattaforma, come nel caso in cui il lavoratore non sia loggato o non abbia accettato incarichi.

Ricorso e risarcimento

Vengono previsti meccanismi di ricorso per i lavoratori delle piattaforme digitali, pensati per offrire ai lavoratori una protezione concreta contro decisioni ingiuste o discriminatorie prese dalle piattaforme attraverso sistemi automatizzati.

Spesso i lavoratori delle piattaforme si trovano infatti in una posizione di svantaggio soprattutto quando le decisioni che influenzano la propria attività lavorativa sono prese da algoritmi opachi e non accessibili. Ad esempio, un lavoratore potrebbe essere penalizzato da un sistema algoritmico che lo esclude dalla possibilità di accedere a incarichi, senza una spiegazione chiara o la possibilità di contestare tale decisione.

La direttiva introduce meccanismi di tutela proprio per affrontare queste situazioni, garantendo che:

  • i lavoratori abbiano il diritto di ricorrere contro decisioni automatizzate che ritengano ingiuste o discriminatorie;
  • le piattaforme siano obbligate a fornire spiegazioni dettagliate in merito alle decisioni prese dagli algoritmi, specialmente nei casi in cui queste decisioni comportino un impatto significativo, come la sospensione o la cessazione dell'attività lavorativa.

In caso di ricorso, la piattaforma è tenuta a fornire una motivazione scritta che giustifichi la decisione automatizzata e, se necessario, offrire ai lavoratori la possibilità di ottenere una revisione umana della decisione.

Infine, la direttiva stabilisce che i lavoratori abbiano diritto a un risarcimento in caso di danno subito a seguito di decisioni algoritmiche che violano i loro diritti, non solo economico ma che può includere anche misure correttive, come il ripristino di un account chiuso ingiustamente o la revisione delle condizioni di lavoro.

Faq

1. A chi si applica la direttiva?

La direttiva (UE) 89/24 è una normativa europea che mira a migliorare le condizioni di lavoro delle persone che svolgono attività lavorative tramite piattaforme digitali. Si applica a tutte le piattaforme digitali che organizzano il lavoro in Unione Europea, sia che si tratti di lavoro online (freelance, micro-lavori) o offline (come servizi di trasporto o consegna di merci). La direttiva si rivolge sia ai lavoratori subordinati che a quelli autonomi, a seconda della classificazione giuridica applicabile.

2. Cosa significa "gestione algoritmica" per i lavoratori delle piattaforme digitali?

La gestione algoritmica si riferisce all'uso di sistemi automatizzati da parte delle piattaforme digitali per gestire e monitorare il lavoro dei lavoratori. Gli algoritmi possono prendere decisioni relative all'assegnazione di incarichi, alle retribuzioni, ai tempi di lavoro e perfino alla chiusura o sospensione degli account dei lavoratori. La direttiva impone alle piattaforme di essere trasparenti riguardo a come questi sistemi influenzano le condizioni lavorative.

3. Quali sono i diritti di informazione e consultazione previsti per i lavoratori?

I lavoratori hanno il diritto di essere informati e consultati su qualsiasi modifica che influisca sulle loro condizioni di lavoro, soprattutto in relazione all'introduzione o modifica di sistemi automatizzati. Le piattaforme devono fornire informazioni chiare e tempestive sia ai lavoratori che ai loro rappresentanti, permettendo loro di esprimere osservazioni o sollevare dubbi prima che le modifiche siano attuate.

4. In che modo le piattaforme devono informare i lavoratori sui sistemi algoritmici?

Le piattaforme sono obbligate a fornire informazioni dettagliate riguardo al funzionamento dei sistemi algoritmici, inclusi i dati personali raccolti e come questi vengono utilizzati per prendere decisioni. Queste informazioni devono essere comunicate ai lavoratori prima dell'introduzione del sistema e ogni volta che vi siano modifiche rilevanti. Le piattaforme devono anche garantire che tali informazioni siano facilmente accessibili e comprensibili per i lavoratori.

5. Cosa fare se un lavoratore subisce una decisione ingiusta presa da un algoritmo?

Se un lavoratore ritiene di aver subito una decisione ingiusta o discriminatoria da parte di un algoritmo (ad esempio, un account sospeso senza spiegazioni), ha il diritto di presentare un ricorso. Le piattaforme sono tenute a fornire una spiegazione dettagliata della decisione e offrire la possibilità di richiedere una revisione umana. Se la decisione è errata, il lavoratore ha diritto a un risarcimento o a una misura correttiva.

6. Quali sono i meccanismi di ricorso previsti dalla direttiva?

La direttiva prevede meccanismi di ricorso per i lavoratori delle piattaforme digitali che subiscono trattamenti ingiusti o discriminatori. I lavoratori possono chiedere una revisione delle decisioni algoritmiche e ottenere spiegazioni dettagliate. Se necessario, possono avvalersi di un supporto legale per far valere i loro diritti. In caso di violazioni accertate, le piattaforme possono essere obbligate a fornire un risarcimento economico o a ripristinare i diritti del lavoratore.

7. Come vengono tutelati i dati personali dei lavoratori delle piattaforme digitali?

La direttiva introduce restrizioni specifiche sull'uso dei dati personali dei lavoratori, in linea con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Le piattaforme non possono trattare dati sensibili, come quelli relativi allo stato emotivo o psicologico dei lavoratori, né possono raccogliere dati non necessari per l'esecuzione del lavoro. Inoltre, i lavoratori devono essere informati su quali dati vengono raccolti e come vengono utilizzati.

8. I lavoratori delle piattaforme hanno diritto a un risarcimento in caso di danno subito?

Sì, se un lavoratore subisce un danno a causa di una decisione automatizzata ingiusta o discriminatoria, ha diritto a un risarcimento adeguato. Questo può includere un compenso economico o misure correttive come il ripristino dell’account chiuso ingiustamente o la revisione delle condizioni di lavoro.

9. Come vengono coinvolti i rappresentanti dei lavoratori nelle decisioni relative ai sistemi automatizzati?

I rappresentanti dei lavoratori devono essere informati e consultati ogni volta che una piattaforma introduce o modifica un sistema automatizzato che incide sulle condizioni di lavoro. Questo processo di consultazione deve avvenire in modo tempestivo, prima che le modifiche siano implementate, per permettere ai rappresentanti di fornire suggerimenti o richieste di chiarimento.

10. Le piattaforme devono adottare misure preventive per garantire la sicurezza dei lavoratori?

Sì, le piattaforme devono garantire che i sistemi algoritmici utilizzati non mettano a rischio la salute e sicurezza dei lavoratori, inclusi aspetti legati allo stress lavorativo o alla privacy. Se il sistema algoritmico presenta rischi per la sicurezza dei lavoratori, la piattaforma è tenuta a prendere misure preventive per mitigare tali rischi e garantire che i lavoratori possano operare in un ambiente sicuro e protetto.

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