Il Sale and lease back non viola il divieto di patto commissorio
Pubblicato il 13 luglio 2017
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Il contratto è lecito
Per i giudici di Cassazione, il contratto di “sale and lease back”, ed il complesso rapporto atipico nel quale lo stesso si inserisce, non è da considerare, di per sé, in frode al divieto di patto commissorio, sancito dall’articolo 2744 del Codice civile, ai sensi del quale, letteralmente, “È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”.
Il sale and lease back è il contratto con cui un’impresa commerciale o industriale vende un bene immobile di sua proprietà ad un imprenditore finanziario che ne paga il corrispettivo, divenendone proprietario, e, contestualmente, lo cede in leasing alla stessa venditrice, che versa periodicamente dei canoni di locazione finanziaria per una certa durata, con facoltà di riacquisto del bene medesimo, corrispondendo al termine di durata del contratto il prezzo individuato per il riscatto.
Come nel leasing finanziario, quindi, anche il sale and lease back si configura secondo uno schema negoziale socialmente tipico, come caratterizzato da una specificità sia di struttura che di funzione.
Orbene, tale contratto – ha sottolineato la Corte - è da ritenere lecito se è diretto a finanziare l’impresa, mentre è nullo, per illiceità della causa, se la sua funzione è quella di garantire maggiormente, con la proprietà dei beni, la società mutuante.
Quando il contratto può dirsi illecito
Il sale and lease back - si legge nella sentenza n. 16646 del 6 luglio 2017 – al pari di qualunque altra fattispecie, viola la ratio del divieto di patto commissorio qualora, allo scopo di garantire al creditore l’adempimento dell’obbligazione, il debitore trasferisca a garanzia del creditore stesso un proprio bene riservandosi la possibilità di riacquistarne il diritto dominicale all’esito dell’obbligazione, senza peraltro prevedere alcuna facoltà, in caso di inadempimento, di recuperare l’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all’ammontare del credito. Ciò, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia del tutto incompatibile con la struttura e la ratio del contratto di compravendita.
Può, ossia, definirsi fraudolenta l’operazione contrattuale rispetto alla quale si accerti, con un’indagine di fatto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze:
- la presenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice-utilizzatrice;
- una situazione di difficoltà economica della venditrice che legittimi il sospetto di approfittamento;
- la sproporzione tra il valore del bene alienato e l’entità del prezzo versato, ossia delle reciproche obbligazioni.
Vicenda esaminata
Nel caso specificamente esaminato, la Suprema corte ha ritenuto corretta la conclusione con cui il giudice di merito aveva accertato l’effettiva ricorrenza di tutti gli elementi appena richiamati per affermare l’illegittimità del contratto di sale and lease back, oggetto della causa.
Era, in definitiva, da confermare la conclusione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la pattuizione, nella specie, era volta ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità.
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