Il regime della solidarietà negli appalti pubblici e privati

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Il regime della solidarietà negli appalti pubblici e privati

Con risposta a interpello n. 9 del 17 aprile 2015, reperibile anche nelle rubrica “Edicola” del 20 aprile 2015, il Ministero del Lavoro ha chiarito che il contratto collettivo, cui fare riferimento per verificare eventuali deroghe al regime della solidarietà di cui all’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276/03, è quello applicato non dal committente, bensì dall’appaltatore.

Si tratta di una prospettazione plausibile.

La solidarietà è una forma di garanzia patrimoniale che l’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. riconosce ai lavoratori che materialmente prestano la propria attività per la realizzazione dell’opera oggetto dell’appalto.

Mediante tale garanzia i lavoratori possono chiedere l’adempimento dei crediti retributivi, previdenziali e fiscali, maturati nel corso dell’esecuzione dell’appalto, non solo al proprio datore di lavoro ma, con il beneficio della preventiva escussione (Trib. Milano Sez. lavoro, 23/05/2014), anche al soggetto posto al vertice della filiera dell’appalto: il committente.

La garanzia de quo, pertanto, configura ex lege la responsabilità del committente e determina un trattamento di miglior favore per il lavoratore, perché costui vede aumentati i patrimoni sui quali potrebbe soddisfare le proprie pretese creditorie.

Di conseguenza, eventuali deroghe che riducono il regime di tutela normativo (che giova ripetere coinvolge anche il committente) non possono che essere stabilite dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro in favore del quale i lavoratori prestano la propria attività.

Tale deroga, invece, non è invocabile nel settore degli appalti pubblici, ove infatti resta esclusa a monte l’applicazione del regime della solidarietà di cui all’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit..

Il Ministero del Lavoro, prima con interpello n. 35 del 2009 e poi con circolare n. 5 del 2011, ha sottolineato che nei rapporti tra committente pubblico e appaltatore il regime di solidarietà è disciplinato non dall’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit., ma dalla normativa generale, ergo dall’art. 1676 c.c..

Si tratta di una scelta ermeneutica che al momento in cui è stata formulata non trovava conforto nell’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, che in più di un’occasione aveva affermato la piena applicazione del regime di solidarietà di cui all’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. anche nell’ipotesi in cui committente fosse una pubblica amministrazione (cfr. Trib. Torino Sez. lavoro, 17/05/2011; Trib. Milano Sez. lavoro, 22/01/2010; Corte d’Appello Torino, sent. n. 949/2009 del 22/09/2009; Trib. Milano, 18/11/2008; Trib. Pavia, 29/04/2006).

L’incertezza interpretativa è stata superata dal D.L. n. 76/13 conv. con mod. in L. n. 99/2013, che all’art. 8, comma 1, ha escluso l’applicazione dell’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. “in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

Vero è che, nelle more della novella normativa, la giurisprudenza di secondo grado aveva cominciato a rivedere l’assunto espresso dai Tribunali, ritendo non applicabile l’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit. ai casi in cui committente fosse una P.a. (App. Perugia, 19/05/2013 e successivamente App. Ancona, 13/10/2014).

A fronte di tale esclusione, ne segue che in materia di contratti pubblici di appalto relativi a lavori, servizi e forniture, ai lavoratori non resta che avvalersi degli speciali strumenti di tutela previsti dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che prevedono l’intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva e contributiva dell’appaltatore e che lasciano all’amministrazione la facoltà di pagare anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’esecutore del contratto (cfr. circolare Ministero del Lavoro. n. 3 del 2012).

Laddove, invece, i lavoratori non si siano avvalsi di tale disciplina speciale, resta possibile per costoro far ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all’art. 1676 cod. civ., che è applicabile anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni (in tal senso Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-07-2014, n. 15432).

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