Il c.d. correttivo sulla CIGO e le registrazioni nel LUL
Pubblicato il 17 novembre 2016
In questo articolo:
- Il pregresso regime normativo
- Il regime introdotto dal Jobs act
- La modifica apportata dal c.d. correttivo
- L’evento transitorio come presupposto della CIGO e le causali di intervento
- Il D.M. n. 95442 del 15/04/2016 del Ministero del Lavoro
- La circolare INPS n. 197/2016
- L’indirizzo della giurisprudenza
- L’evento oggettivamente non evitabile come condizione imprescindibile per il trattamento CIGO
- La registrazione della CIGO nel Libro unico del lavoro
- Le conseguenze sul piano ispettivo
Condividi l'articolo:
Il D.lgs. n. 185/2016 (c.d. correttivo del Jobs act) è intervenuto su molteplici istituti recentemente riformati dai decreti emanati in attuazione della L. n. 183/14. Tra le materie rivisitate spiccano i tempi per la richiesta della Cassa integrazione ordinaria.
Il pregresso regime normativo
Va premesso che prima dell’intervento riformatore, la domanda per la fruizione della CIGO, ai sensi dell’art. 7 comma 1 della L. n. 164/75, doveva essere presentata entro il termine di 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso, al termine della settimana in cui aveva avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro. Per l’ipotesi di domande tardive la predetta disposizione di legge negava la concessione del trattamento per i periodi anteriori di una settimana, rispetto alla data di presentazione dell’istanza, facendo altresì salvo il diritto del lavoratore di ricevere dall’imprenditore una somma d’importo equivalente all’integrazione salariale non percepita.
Il regime introdotto dal Jobs act
L’art. 15 del D.lgs. n. 148/15 ha modificato i termini per la presentazione della domanda di CIGO, disponendo, anzitutto, che la stessa deve essere trasmessa in via telematica all’INPS e deve contenere l’indicazione della causa della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, della presumibile durata e dei nominativi dei lavoratori interessati e delle ore all’uopo richieste. La citata previsione ha ristretto a 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, il termine di presentazione dell’istanza, mentre ha lasciato inalterate le conseguenze all’uopo previste per le ipotesi di domande tardive.
L’ordine dei consulenti del lavoro, a fronte di un termine così stringente, ha richiesto al Governo un intervento correttivo, volto ad ampliare il termine di presentazione dell’istanza, onde rendere meno complicata la gestione dell’integrazione salariale ordinaria.
La modifica apportata dal c.d. correttivo
L’istanza ha trovato favorevole riscontro, considerato che l’art. 2, comma 1 lett. a) del D.lgs. 185 cit., con decorrenza dall’8 ottobre 2016, ha aggiunto, al comma 2 dell’art. 15 del D.lgs. n 148 cit., l’inciso per cui il termine per la presentazione della CIGO slitta alla fine del mese successivo rispetto a quello in cui si è verificato l’evento, qualora quest’ultimo sia dipeso da circostanze oggettivamente non evitabili.
La nuova formulazione sembra così aver previsto, per l’istanza di CIGO, un doppio binario:
- l’uno di 15 giorni, avente carattere ordinario e decorrente dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa;
- l’altro, di natura derogatoria, correlato agli eventi oggettivamente non evitabili, e fissato allo spirare del mese successivo a quello interessato dalla sospensione delle prestazioni.
Il discrimine tra i due termini dipenderebbe dalla natura dell’evento generatore della CIGO, giacché solo quello non oggettivamente evitabile consentirebbe di fruire della slittamento dell’istanza. In altre parole, proprio la modifica apportata dal correttivo, lascerebbe intendere che, al cospetto di un evento oggettivamente inevitabile, suscettivo di integrare una causale per il trattamento di integrazione salariale, farebbe da contraltare un evento oggettivamente evitabile, la cui ricorrenza consentirebbe comunque la fruizione della CIGO, condizionata però all’applicazione del termine quindicinale per la presentazione dell’istanza.
Per vero il sintagma “evento oggettivamente non evitabile” si ritrova in altre parti del D.lgs. n. 148 cit. e viene assunto come condizione per la fruizione dell’esonero del versamento del contributo addizionale (cfr. art. 5), ovvero per l’esclusione della verifica circa il requisito di 90 giorni di anzianità aziendale (artt. 1 e 2), o per il computo di durata della CIGO (art. 10). Sicché, per un corretta disamina, resta da comprendere il significato di tale locuzione normativa.
L’evento transitorio come presupposto della CIGO e le causali di intervento
Preliminarmente si osserva che presupposto della CIGO e senz’altro la transitorietà della situazione aziendale e la temporaneità della situazione di mercato, le quali debbono essere tali da rendere prevedibile, al momento della presentazione della domanda di CIGO, che l’impresa riprenderà la normale attività. Il testo normativo però non fornisce alcuna definizione sulle causali di intervento atteso che l’art. 11 si limita ad annoverare tra le stesse:
1. le situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
2. le situazioni temporanee di mercato.
Il D.M. n. 95442 del 15/04/2016 del Ministero del Lavoro
Si tratta di due macro causali che, in attuazione dell’art. 16 del D.lgs. n. 148 cit., sono state meglio specificate dal Ministero del Lavoro con D.M. n. 95442 del 15/04/2016, Quest’ultimo, nell’individuare i criteri per l’esame delle domande di concessione della CIGO, ha descritto gli eventi sussumibili nelle predette causali e che legittimano di per sé il ricorso all’intervento ordinario, rilevando, in sede di premessa (cfr. art. 1 comma 3) che condizione per l’accesso al trattamento è “la non imputabilità all’impresa o ai lavoratori della situazione aziendale”, quest’ultima consistente nella involontarietà e nella non riconducibilità dell’evento “[…] a imperizia o negligenza delle parti”.
La circolare INPS n. 197/2016
Anche la circolare INPS n. 197 del 2016, emanata prima dell’adozione del predetto D.M. aveva ritenuto che la caratteristica di evento oggettivamente non evitabile fosse da riconoscere “[…] a quelle causali determinate da casi fortuiti, improvvisi, non prevedibili e non rientranti nel rischio di impresa, per i quali risulti evidente la forza maggiore”.
L’indirizzo della giurisprudenza
A ben vedere tali concetti non si discostano dagli stessi criteri che la giurisprudenza aveva elaborato sotto il previgente regime normativo per decidere in ordine alla legittimità del trattamento di integrazione salariale ordinario. Invero, tanto la giurisprudenza amministrativa che quella ordinaria hanno da sempre ritenuto la non imputabilità dell’evento come coelemento essenziale per la fruizione della CIGO. In particolare, la non imputabilità dell’evento è stata ricondotta a situazioni di impossibilità oggettiva dello scambio di prestazioni, avulse dalle possibilità di controllo dell’imprenditore (cfr. T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 21/04/2016, n. 667; T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, 15/05/2015, n. 256). La stessa S.C. aveva aderito all’indirizzo per cui la sospensione dal lavoro unilateralmente disposta dall’imprenditore debba essere valutata secondo le norme in tema di sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione (Cass. civ. Sez. lavoro, 16-06-2003, n. 9635; Cons. Stato Sez. VI, 19/02/2001, n. 871), poiché solo una situazione obiettiva dipendente da caso fortuito o forza maggiore e che esula dal normale rischio d’impresa potrebbe essere sussunta nel concetto di evento non imputabile suscettivo di giustificare l’intervento della CIGO (Cass. civ., 03/02/1984, n. 836).
L’evento oggettivamente non evitabile come condizione imprescindibile per il trattamento CIGO
Ebbene, proprio tali premesse sembrano mettere in luce un orientamento volto a qualificare l’evento oggettivamente inevitabile o non imputabile come un requisito indipendente dalla reale volontà dell’imprenditore e dal normale andamento dell’azienda (Cons. Stato Sez. VI, 19/02/2001, n. 871; T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 23/05/2006, n. 5433) e che va a contrassegnare la struttura di ogni causale di intervento della CIGO.
La conseguenza di siffatta interpretazione è quella di comprimere o meglio di neutralizzare la portata applicativa di tutti quegli eventi che, in quanto non oggettivamente inevitabili, sembrano, per lettura implicita del D.lgs. n. 148 cit., ammettere il trattamento di integrazione ordinaria.
Detto in altre parole, se si assume che solo l’evento non imputabile e quindi oggettivamente inevitabile legittima la richiesta di CIGO, correlativamente si afferma che ogni altro evento che non possiede tali requisiti, perché oggettivamente non inevitabile, resta fuori dal campo di applicazione del trattamento ordinario.
D’altro canto, l’asserzione per cui anche l’evento oggettivamente evitabile, ma che non è stato evitato per colpa delle parti, consenta comunque l’ammissione al trattamento di CIGO, implica un assunto contrastante con l’art. 1 comma 3 del D.M. n. 95442 cit., perché ammette che tale beneficio possa essere corrisposto anche a fronte di condotte negligenti delle parti.
Tale interpretazione porta, pertanto, a conferire all’art. 2 comma 1 lett. a) del D.lgs. 185 cit. una valenza assorbente per tutta la previsione contenuta nell’art. 15 del D.lgs. n. 148 cit., dal momento che l’unico termine per la presentazione della domanda di CIGO diverrebbe quello correlato all’evento non oggettivamente inevitabile, non essendo infatti previste legittime ipotesi alternative per la concessione della CIGO da ricondurre al termine originario di 15 giorni.
Trasponendo poi tale indirizzo su un piano sistemico, seguirebbe, esemplificativamente, che il contributo addizionale di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 148 cit. non sarebbe mai dovuto dal datore di lavoro, perché ogni evento posto alla base della richiesta è sempre oggettivamente non evitabile. Mutatis mutandis anche il requisito di 90 giorni di anzianità aziendale previsto dall’art. 1 del D.lgs. n. 148 cit., per l’accesso del lavoratore al beneficio non sarebbe più richiesto, essendo tutti gli eventi che giustificano la CIGO oggettivamente non evitabili.
Come può comprendersi l’interpretazione sopra esposta ha implicazione di notevole impatto e pertanto sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore degli Enti istituzionali.
La registrazione della CIGO nel Libro unico del lavoro
Passando ora alla gestione della CIGO nel Libro unico del lavoro, va rilevato che l’art. 2 comma IV della L. n. 427/75 prevedeva l’obbligo per l’imprenditore di registrare sul libro paga o su documenti equipollenti l’integrazione salariale corrisposta a ciascun lavoratore. La previsione, a decorrere dal 24 settembre 2015, è stata abrogata dall’art. 46 comma 1 lett. g) D.lgs. n. 148 cit. e analoga disposizione non è stata riprodotta nel nuovo testo di legge. Ma questo non significa che il datore di lavoro non sia tenuto a registrare la sospensione dei rapporti di lavoro nel LUL, stante, a tal fine, l’obbligo generale previsto dagli gli art. 39 e 40 del D.L. n. 112/08 conv. con mod. dalla L. n. 133/08.
Si rende allora necessario chiarire le modalità di scritturazione della CIGO nella documentazione di lavoro.
Per fare chiarezza sul punto occorre premettere che ai sensi dell’art. 7 del D.lgs. n. 148 cit., il trattamento di integrazione deve essere anticipato dal datore di lavoro in nome e per conto dell’INPS. Una volta conseguita l’autorizzazione dell’Ente previdenziale, l’importo de quo viene rimborsato dall’Ente mediante conguaglio dei contributi, così indicati, dal datore di lavoro, nella denuncia mensile inviata all’INPS.
Poiché in tali fattispecie il datore di assume la veste di adiectus solutionis causa (soggetto legittimato a ricevere il pagamento al posto del creditore) o di mandatario ex lege dell’ente previdenziale (concretamente, il datore di lavoro può essere paragonato a una sorta di “cassiere” che riscuote e che anticipa moneta), la giurisprudenza ritiene che l’obbligo di anticipazione del trattamento di cassa integrazione - gravante sul datore di lavoro, - altro non sia che “[…] il persistente obbligo retributivo anche se da ritenersi limitato, quanto alla misura, a quella della integrazione salariale, con la ulteriore conseguenza che se poi il provvedimento di integrazione salariale sarà negato, l’obbligo retributivo riprenderà vigore nella sua interezza accompagnato da quello risarcitorio; mentre se essa interverrà detto obbligo sarà “ex post” qualificato come vera e propria anticipazione del trattamento previdenziale e darà perciò al datore di lavoro il diritto al rimborso da parte dell’INPS” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro n. 14670/00, recentemente e in senso analogo Cass. civ. Sez. lavoro, n. 15207/10).
Sicché, nelle more del rilascio dell’autorizzazione, il datore di lavoro dovrà annotare nel LUL, per ciascun dipendente, le ore di sospensione della prestazione di lavoro. Qualora l’istanza di CIGO venga integralmente accolta la registrazione può ritenersi completa e non necessità di nessuna correzione.
Diverso è il caso in cui l’istanza venga rigettata o accolta solo parzialmente. In tal caso i pagamenti eseguiti dal datore di lavoro, nella fase anteriore al provvedimento di ammissione alla CIGO, andranno integrati delle misura corrispondente per il ragguaglio alla retribuzione contrattuale. Per l’effetto, entro il 30 del mese successivo a quello in cui è stata rilasciato il diniego di autorizzazione, il datore di lavoro dovrà procedere a rettificare i dati registrati nel mese in cui ha sospeso unilateralmente le prestazioni di lavoro per CIGO.
La rettifica deve essere fatta senza alcuna annotazione sui dati già elaborati e stampati, ma procedendo secondo la numerazione sequenziale del LUL, scritturando le ore di assenze retribuite del lavoratore e inserendo nella sezione paghe l’importo pari alla differenza tra quanto già anticipato al lavoratore nel mese di sospensione e la quota di retribuzione mancante per il raggiungimento del salario contrattuale.
Le conseguenze sul piano ispettivo
Per ciò che riguarda i provvedimenti ispettivi applicabili per il caso di errate registrazioni o di mancati pagamenti, è ipotizzabile l’adozione del provvedimento di disposizione ex art. 14 D.lgs. n. 124/04 a effettuare le dovute registrazioni nel LUL e il provvedimento di diffida accertativa ex art. 12 D.lgs. n. 124 cit., a corrispondere ai lavoratori le quote di retribuzione all’uopo non elargite.
Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: