Bonus pluriennali ai dipendenti e lavoro all’estero: nuovo orientamento Entrate

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Bonus pluriennali ai dipendenti e lavoro all’estero: nuovo orientamento Entrate

Pubblicata il 25 marzo 2025, la risposta n. 81/2025 dell’Agenzia delle Entrate introduce un’importante novità in materia di tassazione dei bonus pluriennali in contesto cross-border. L’Agenzia fornisce chiarimenti sull’imposizione IRPEF di tali emolumenti e sugli obblighi del sostituto d’imposta nei casi in cui l’attività lavorativa sia stata svolta in più Stati.
Si tratta di un cambio interpretativo rilevante, con possibili impatti operativi e retroattivi per gruppi internazionali, specie nei casi in cui bonus e premi siano stati già tassati integralmente in Italia.

Il caso e la natura del bonus al dipendente

Il caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda un dipendente che ha lavorato nel Regno Unito fino a dicembre 2023 alle dipendenze di una società appartenente a un gruppo internazionale, per poi trasferirsi in Italia, dove ha iniziato un nuovo rapporto di lavoro, a partire dal 18 dicembre 2023, presso la stabile organizzazione italiana della medesima società.

Il lavoratore è stato ammesso a un piano di incentivazione a lungo termine (LTIP) attivato nel 2021, il quale prevede l’erogazione di bonus in denaro suddivisi in più tranche, al termine di ciascun periodo di maturazione (vesting period). Tali bonus hanno natura di retribuzione differita e sono assegnati esclusivamente a condizione che il dipendente mantenga un rapporto di lavoro con una società del gruppo fino al termine del vesting period, con l'obiettivo dichiarato di incentivare la performance durante il periodo stesso.

Nel corso dei vari periodi di maturazione, il dipendente ha prestato attività lavorativa in più Stati, tra cui il Regno Unito e, più recentemente, l’Italia. La società ha rappresentato che, ad esempio, il bonus erogato nel 2024 è relativo a un periodo (2021–2023) interamente riferibile all’attività lavorativa svolta nel Regno Unito, mentre i bonus previsti per il 2025 e 2026 sono maturati in parte durante l’attività lavorativa svolta all’estero e in parte durante quella svolta in Italia.

La società ha quindi chiesto chiarimenti in merito al corretto trattamento fiscale ai fini IRPEF di tali somme, tenendo conto del fatto che alcuni di questi bonus sono stati già tassati nel Regno Unito, sollevando la questione del possibile rischio di doppia imposizione e della modalità di determinazione della territorialità del reddito, in relazione anche agli obblighi del sostituto d’imposta in Italia.

L’Istante ritiene che, ai fini della tassazione dei bonus maturati su più anni e in contesti internazionali, sia necessario identificare il periodo di attività lavorativa svolta dal dipendente nei diversi Paesi durante il vesting period e applicare la ritenuta solo sulla quota parte imputabile all’Italia.

Quadro giuridico di riferimento: normativa interna e convenzione Italia–Regno Unito

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 81/2025, ricostruisce il quadro normativo applicabile al caso, richiamando sia la normativa interna contenuta nel TUIR, sia le disposizioni delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, che, in determinati casi, prevalgono sulle regole domestiche.

In base alla normativa italiana, i soggetti fiscalmente residenti sono tassati su tutti i redditi ovunque prodotti (principio della worldwide taxation), mentre i non residenti sono tassati solo sui redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, come quelli derivanti da lavoro dipendente svolto in Italia.

Per quanto riguarda i redditi di lavoro dipendente, sono imponibili tutte le somme percepite in relazione al rapporto di lavoro, inclusi bonus e premi legati a piani di incentivazione. La tassazione avviene al momento dell’effettiva percezione del reddito, anche se questo si riferisce a prestazioni lavorative rese in anni precedenti (principio di cassa).

Quando però l’attività lavorativa si è svolta in più Stati, entrano in gioco le convenzioni contro le doppie imposizioni, che hanno lo scopo di evitare che lo stesso reddito venga tassato due volte e stabiliscono quale Stato ha diritto di tassare un determinato reddito. In quanto accordi internazionali, queste convenzioni prevalgono sulla normativa interna, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza.

Nel caso in esame, trova applicazione la convenzione tra Italia e Regno Unito. L’articolo 15 di tale accordo stabilisce che le retribuzioni da lavoro dipendente sono imponibili solo nello Stato di residenza del lavoratore, salvo che l’attività sia svolta nell’altro Stato contraente. In tal caso, anche lo Stato della fonte, ossia quello in cui l’attività è stata effettivamente svolta, può esercitare il proprio potere impositivo, dando luogo a una tassazione concorrente.

Questa regola è particolarmente rilevante nei casi di lavoro transnazionale, come quello oggetto dell’interpello, in cui il bonus si è maturato durante periodi di attività svolta in più Paesi. L’Agenzia richiama quindi l’importanza del luogo effettivo di svolgimento dell’attività nel periodo di maturazione per determinare la territorialità del reddito, confermando la prevalenza delle regole convenzionali in caso di possibile doppia imposizione.

Tassazione dei bonus in caso di lavoro all’estero e rientro in Italia

Nella risposta n. 81/2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come deve essere determinata la tassazione dei bonus percepiti da un dipendente che ha lavorato sia nel Regno Unito che in Italia durante i periodi di maturazione (vesting period).

Secondo l’Agenzia, per stabilire se un determinato bonus è imponibile in Italia, occorre fare riferimento al luogo in cui è stata effettivamente svolta l’attività lavorativa durante il vesting period, a prescindere dal momento dell’incasso o dalla residenza fiscale del lavoratore in tale momento. Il criterio guida è quindi territoriale e pro quota, in base alla durata e alla localizzazione del lavoro svolto nei diversi Stati.

Nel caso specifico, il dipendente ha lavorato nel Regno Unito fino a dicembre 2023 e successivamente, dal 18 dicembre 2023, ha iniziato a lavorare in Italia presso la stabile organizzazione della stessa società. In base a questa ricostruzione:

  • il bonus 2024, maturato interamente nel Regno Unito, non è imponibile in Italia. Eventuali ritenute operate dovranno essere restituite o rimborsate.
  • I bonus 2025 e 2026 saranno tassati in Italia solo per la quota riferita all’attività svolta nel Paese a partire dal 18 dicembre 2023.
  • I bonus dal 2027 in poi, maturati integralmente durante l’attività lavorativa svolta in Italia, saranno integralmente imponibili

Di conseguenza, la stabile organizzazione italiana dovrà adempiere agli obblighi di sostituto d’imposta solo per le somme maturate a partire dal momento in cui il dipendente ha iniziato a prestare la sua attività in Italia (cioè dal 18 dicembre 2023).

Cambio di orientamento rispetto al passato

Con la risposta n. 81 del 25 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate adotta un approccio più aderente ai principi OCSE, segnando un cambio di rotta rispetto alla prassi precedente. In passato, infatti, in presenza di bonus erogati a soggetti fiscalmente residenti in Italia al momento della percezione, l’intero importo veniva assoggettato a tassazione in Italia, anche se maturato all’estero, riconoscendo al massimo un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero. Ora, invece, l’Agenzia riconosce la non imponibilità in Italia della quota parte di bonus maturata durante l’attività lavorativa svolta all’estero, prevedendo una possibile esenzione piena, senza necessità di ricorrere al credito d’imposta.

Questo nuovo approccio apre la strada a un’interpretazione più coerente con i principi OCSE e potrebbe indurre molte imprese a rivedere le policy fiscali adottate finora per bonus e retribuzioni differite, con possibili richieste di rimborso per imposte indebitamente versate in passato.

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