Visto di conformità sulle dichiarazioni ai tributaristi: no della Consulta
Pubblicato il 24 luglio 2024
In questo articolo:
- Questione sollevata: violazione del principio di discriminazione
- Consulta: nessuna equiparazione
- Ordini professionali: tutela dell’interesse pubblico
- Visto di conformità escluso per i tributaristi
- Commercialisti: difesa la prerogativa delle professioni ordinistiche
- Faq sulla sentenza della Consulta sul visto di conformità
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E’ arrivata la pronuncia da parte della Corte Costituzionale sulla questione del rilascio del visto di conformità per le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA anche ai tributaristi.
Il tutto è iniziato con l’ordinanza n. 995 del 31 gennaio 2024, enunciata dal Consiglio di Stato, che ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dall'Associazione Nazionale Tributaristi – Lapet - rispetto alle previsioni che limitano l’apposizione del visto di conformità ai tributaristi.
Brevemente, nella sentenza n. 144 depositata il 23 luglio 2024, la Consulta ha deciso che il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi e IVA rimane una prerogativa dei professionisti ordinistici.
Vediamo le motivazioni addotte dai giudici di Piazza del Quirinale a Roma.
Questione sollevata: violazione del principio di discriminazione
Si è detto che i tributaristi della Lapet si sono rivolti al Consiglio di Stato censurando la disposizione contenuta nell’art. 35, comma 3, del D. Lgs. n. 241/1997, per asserita violazione degli artt. 3, 41 e 117, comma 1, della Costituzione.
Infatti, i rimettenti sostengono che l’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 241 del 1997, limitando il rilascio del visto di conformità esclusivamente ad alcuni professionisti, infrangerebbe i principi di ragionevolezza e di non discriminazione previsti dall'articolo 3 della Costituzione.
Questo perché il sistema normativo permette ai tributaristi, anche se non iscritti ad ordini o collegi, di fungere da consulenti fiscali, preparare e inviare dichiarazioni fiscali, oltre a gestire e archiviare dati contabili.
Di conseguenza, emerge una disparità di trattamento ingiustificata, specialmente considerando il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini o collegi secondo la legge n. 4 del 2013. Tale legge stabilisce che il controllo dei requisiti di capacità e correttezza, così come il rispetto della deontologia professionale, può essere efficacemente attuato tramite strumenti privatistici, come le associazioni professionali regolate dall'articolo 2 della stessa legge.
Consulta: nessuna equiparazione
Al riguardo, la sentenza n. 144/2024 osserva come sia la stessa legge n. 4 del 2013 a prevedere, al comma 6, art. 2, che “[a]i professionisti di cui all’art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l’esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale”.
Di conseguenza, sarebbe proprio la legge 4/2013 a distinguere le due categorie sotto lo specifico profilo delle attività che la legge può riservare ai professionisti organizzati in ordini o collegi.
Ordini professionali: tutela dell’interesse pubblico
Riguardo agli ordini professionali, che comprendono i professionisti qualificati per il rilascio del visto di conformità, la Corte Costituzionale ha continuamente affermato, in linea con i principi della giurisprudenza ordinaria e della giurisprudenza amministrativa, che questi enti sono classificati come “enti pubblici ad appartenenza necessaria”.
Questa definizione è stata consolidata dalla sentenza n. 405 del 2005 e ribadita nella sentenza n. 259 del 2019. La Corte ha anche chiarito che la creazione e la regolazione di tali ordini rispondono alla necessità di proteggere un interesse pubblico sostanziale, che implica la definizione da parte dello Stato di criteri specifici di ingresso.
Questi ordini:
- hanno il compito di gestire gli albi professionali e di assicurare che i membri soddisfino e mantengano i requisiti richiesti, al fine di promuovere un esercizio professionale corretto che tuteli la fiducia del pubblico;
- sono preposti alla difesa di interessi vitali riconosciuti dalla Costituzione, come sottolineato nella sentenza n. 173 del 2019, relativa all’Ordine degli avvocati.
Visto di conformità escluso per i tributaristi
Premesso quanto sopra, non rimane che verificare la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.
Va evidenziato che alla base del rilascio del visto di conformità c’è un rilevante interesse pubblico; infatti, esso va oltre la semplice elaborazione e invio di documenti contabili o fiscali. Lo strumento è principalmente inteso a migliorare e facilitare le attività di ispezione e validazione svolte dall'Amministrazione finanziaria, assorbendone anche le relative responsabilità, come si può vedere nel caso specifico dell'accurata verifica delle deduzioni applicabili al "superbonus edilizio".
Questi specialisti, avendo superato esami di Stato che li inseriscono negli albi professionali e sottoposti a un'intensa sorveglianza etica e regolamentare, possiedono le qualifiche necessarie per garantire che le operazioni amministrative siano condotte in modo impeccabile e affidabile.
In conclusione, risulta non sproporzionata la decisione del legislatore, poiché un regolamento meno rigido, che permettesse a chiunque offra consulenza fiscale di rilasciare il visto di conformità, non assicurerebbe le stesse garanzie di competenza, affidabilità e sottoposizione a controlli severi sui professionisti, i quali possono portare alla sospensione o alla terminazione delle loro attività professionali.
Sono, dunque, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e abilitati a rilasciare il visto di conformità sono:
- gli iscritti negli Albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro,
- i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.
Commercialisti: difesa la prerogativa delle professioni ordinistiche
Si è fatta subito sentire la voce dei commercialisti. Elbano de Nuccio, presidente del Cndcec, ha affermato come il Consiglio “ha difeso strenuamente il ruolo dei propri iscritti e quindi la funzione e le prerogative delle professioni ordinistiche, che non possono essere confuse e in alcun modo equiparate a quelle di associazioni a carattere professionale”.
Faq sulla sentenza della Consulta sul visto di conformità
1. Che cosa è il visto di conformità?
Il visto di conformità è un'attestazione che viene rilasciata da professionisti abilitati, attestando che le dichiarazioni fiscali (come quelle dei redditi e dell'IVA) sono state preparate conformemente alle leggi vigenti e che i dati contabili sono corretti e completi.
2. Chi può rilasciare il visto di conformità secondo la sentenza della Corte Costituzionale?
Secondo la sentenza n. 144/2024, il visto di conformità può essere rilasciato solamente da professionisti che sono iscritti in ordini professionali specifici, come dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, o consulenti del lavoro.
3. Qual è stata la questione principale considerata dalla Corte Costituzionale in questa sentenza?
La questione principale riguardava se fosse costituzionalmente valido limitare il rilascio del visto di conformità ai soli membri di certi ordini professionali, escludendo altri professionisti come i tributaristi non iscritti a questi ordini.
4. Perché la Corte ha deciso di mantenere la restrizione sul rilascio del visto di conformità?
La Corte ha giudicato che limitare il rilascio del visto di conformità a certi ordini professionali è una misura proporzionata e necessaria per garantire l'affidabilità e l'accuratezza delle dichiarazioni fiscali, in quanto questi professionisti sono sottoposti a rigorosi controlli e devono mantenere standard elevati di competenza e deontologia.
5. Che impatto ha la legge n. 4 del 2013 su questa decisione?
La legge n. 4 del 2013 è stata citata nella sentenza per sottolineare che, anche se esistono professioni non organizzate in ordini o collegi, vi sono norme che limitano l'esercizio di alcune attività professionali riservate solo agli iscritti in specifici albi professionali. Questo supporta l'argomentazione che non tutti i professionisti possono eseguire le funzioni riservate agli ordini professionali.
6. Quali sono le implicazioni di questa sentenza per i tributaristi non iscritti agli ordini professionali menzionati?
I tributaristi non iscritti agli ordini professionali specificati non possono rilasciare il visto di conformità. Questo significa che non possono attestare ufficialmente la conformità delle dichiarazioni fiscali.
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