Particolare tenuità del fatto, modifiche con applicazione retroattiva

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Particolare tenuità del fatto, modifiche con applicazione retroattiva

Accolto, dalla Cassazione, il motivo di doglianza avanzato da un imputato, condannato nei gradi di merito per il reato di calunnia, al fine di vedersi riconoscere l'applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. nella sua nuova formulazione derivante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 150/2022.

Con sentenza n. 7573 del 21 febbraio 2023, la Suprema corte ha giudicato fondato il predetto rilievo, sollevato dal ricorrente ai sensi dell'art. 585, comma 4, Codice di procedura penale.

Nella decisione, gli Ermellini hanno rammentato come la disposizione dettata dall'art. 131-bis cod. pen. sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto sia stata recentemente riformata dal richiamato Decreto legislativo, al dichiarato scopo di ampliare la portata operativa di tale causa di esclusione della punibilità, pur continuando a precluderne l'applicazione nei processi aventi ad oggetto una serie di reati disciplinati dal codice penale o da leggi speciali.

Grazie a tale riscrittura, si è notevolmente allargato lo spettro di applicazione dell'articolo 131-bis: attualmente, l'esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto è ammessa anche nei processi relativi ad una serie di reati in precedenza esclusi, perché puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, se sanzionati con una pena detentiva edittalmente stabilita in misura pari o inferiore a due anni.

E' stato stabilito, inoltre, che, a fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa, il giudice debba considerare non solamente indicatori rivolti, per così dire, al "passato" o al "presente" rispetto al momento della commissione del reato, ma anche uno specifico indicatore concernente la condotta che l'imputato ha tenuto in epoca posteriore alla realizzazione dell'illecito.

La disposizione dettata dal novellato articolo - si legge nel testo della decisione - è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusta la previsione dell'art. 6 del Dl n. 162/2022, nel testo convertito dalla Legge n. 199/2022, sicché, in assenza di una disposizione transitoria, si pone il problema della applicazione retroattiva di tali novità legislative a fatti di reato commessi in epoca anteriore a quella data, come quelli della vicenda in esame.

E a tale quesito, la Sesta sezione penale della Cassazione ha ritenuto di dover dare una risposta favorevole all'imputato, in ossequio al preciso indirizzo esegetico formulato dalle Sezioni Unite (n. 13681/2016) in occasione dell'entrata in vigore dell'istituto, quando la questione della deducibilità dell'istanza di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. venne definita in senso positivo, in quanto norma afferente ad un istituto di diritto penale sostanziale.

Ne consegue il riconoscimento dell'applicazione retroattiva dell'art. 131-bis cod. pen. alle nuove figure criminose desumibili quoad poenam anche nei giudici pendenti alla data di entrata in vigore della riforma aventi ad oggetto reati commessi prima di quella data.

Per la Corte, inoltre, non vi sarebbe ragione di non riconoscere applicazione retroattiva pure per la parte della nuova disposizione che prevede la possibilità per il giudice di tenere conto della condotta del reo susseguente al reato, "in quanto concernente ad un presupposto per l'applicazione di quell'istituto di diritto penale sostanziale".

In definitiva, la sentenza impugnata è stata annullata "perché l'imputato non è punibile ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.".

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