Operazioni “inesistenti” se il fatturante è privo di struttura aziendale
Pubblicato il 02 marzo 2021
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
Spetta all'Amministrazione finanziaria che contesti l'inesistenza, anche soggettiva, delle operazioni fatturate, dimostrare, anche in via presuntiva, che il soggetto sapeva o avrebbe dovuto sapere che la propria operazione partecipava ad un'operazione che si iscriveva in una frode IVA.
Per la prova presuntiva, è sufficiente che il fatturante sia sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione.
Sono le conclusioni a cui è giunta la Corte d’appello, nell’ambito di un procedimento in cui una Srl aveva impugnato un avviso di accertamento relativo a IVA, scaturito da una verifica per operazioni soggettivamente inesistenti.
Conclusioni confermate anche dalla Corte di cassazione, alla quale si era rivolta la società contribuente per impugnare la decisione di secondo grado.
Nel caso esaminato, era stato rilevato che le società con le quali la contribuente aveva intrattenuto rapporti erano del tutto prive di strutture aziendali; tra queste, si annoveravano, inoltre, degli evasori totali che non avevano mai presentato alcuna dichiarazione fiscale. Nel corso dell’istruttoria, era stato confermato che la società contribuente era una delle utilizzatrici di alcune società cartiere create ad hoc.
Operazioni soggettivamente inesistenti: prova al contribuente in presenza di elementi gravi e univoci
Con ordinanza n. 5574 del 1° marzo 2021, gli Ermellini hanno ricapitolato i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di operazioni inesistenti e ritenuto che la decisione impugnata avesse fatto un corretto uso dei medesimi.
La Corte territoriale, difatti, dopo aver rilevato come fosse incontestato che le società partners della contribuente fossero del tutto prive di strutture aziendali e che tra queste si annoverassero anche evasori totali, aveva ragionevolmente dedotto che l'Ufficio avesse addotto elementi e circostanze così rilevanti e univoche da gravare a quel punto il contribuente dell'onere della prova dell'effettività dell'operazione e della non consapevolezza dell'esistenza di un’operazione diretta ad evadere il pagamento dell'IVA.
Contestualmente, era stato giudicato, altrettanto ragionevolmente, che le sole circostanze dell'effettiva recezione di merce e del pagamento della stessa non fossero sufficienti a ritenere assolta, da parte della contribuente, la prova di avere adoperato, per non essere coinvolta in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza "massima" esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto e alla necessarie modalità professionali dell'attività svolta.
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: