Ok alla delega per la riforma del fallimento

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Ok alla delega per la riforma del fallimento

Rafforzato il ruolo di sindaci e revisori

 

La delega per la revisione della disciplina sulla crisi d’impresa definitivamente approvata dal Senato, prevede una serie di misure atte ad impedire alle crisi aziendali di diventare irreversibili e offre ampio spazio a strumenti di composizione stragiudiziale per favorire l’accordo fra debitori e creditori nella gestione dell’insolvenza.

L’attuazione delle misure è prevista nei prossimi 12 mesi con l’emanazione di uno o più decreti attuativi da parte del Governo.

Non si parlerà più di fallimento e di fallito, ma di procedura di liquidazione giudiziale dei beni con la quale si potrà innestare una possibile soluzione concordataria e con una completa liberazione dei debiti, entro un tempo massimo di tre anni dall’apertura della procedura.

 

Viene introdotta una fase preventiva e stragiudiziale, come possibile strumento di sostegno all’impresa, affidata ad un organismo pubblico, con lo scopo di anticipare l’emersione della crisi.

L’obiettivo è quello di pervenire ad una rapida analisi delle cause delle difficoltà economico/finanziarie dell’imprenditore e si evolverà in un vero e proprio servizio di composizione assistita della crisi, individuando un unico organismo di composizione della crisi presso le Camere di Commercio.

 

Tra i punti salienti previsti nella delega di riforma del fallimento, si individuano i seguenti:

  • alle procedure previste, dovranno essere assoggettate tutte le categorie di debitori, ad esclusione degli enti pubblici;
  • viene integrata la disciplina del concordato con continuità aziendale, per incentivarne l’adozione senza mancare di sanzionarne gli abusi. Rimane l’onere per l’impresa di corrispondere almeno il 20% dell’ammontare totale dei crediti chirografari ai creditori;
  • sono ridotti i tempi e i costi delle procedure concorsuali;
  • viene modificata la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, omologabili anche ove vi aderiscano meno del 60% dei creditori, purché sussistano le circostanze prescritte;
  • vengono modificati i requisiti dimensionali delle S.r.l., già previsti dal codice civile, che impongono alle stesse di dotare la propria struttura di un organo di controllo;
  • viene estesa la competenza dei Tribunali delle imprese sulle procedure di maggiori dimensioni, mentre le restanti saranno affidate ad un numero ristretto di Tribunali.

 

Riforma in linea con i principi europei

Le possibilità di salvaguardare i valori di un’impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività di un intervento risanatore e, al contrario, il ritardo nel percepire le cause di una crisi fa sì che nella maggior parte dei casi, questa si trasformi in una vera e propria insolvenza che può diventare irreversibile. Ciò è quanto contenuto nella relazione illustrativa della riforma fallimentare che spiega le ragioni dell’introduzione della procedura di allerta e di composizione assistita della crisi.

La principale ispirazione dei nuovi istituti può essere considerata la raccomandazione della Commissione dell’Unione europea 2014/135/Ue del 12 marzo 2014, raccomandazione tesa a garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque stabilite nell’Unione, l’accesso ad un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase iniziale in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale.

 

La raccomandazione Ue spinge proprio perché ogni Stato si doti di una procedura di ristrutturazione che permetta ai debitori di fronteggiare le difficoltà finanziarie proprio nelle fasi iniziali, evitando l’insolvenza e senza fermare l’attività.

Una tale procedura deve avere i caratteri della flessibilità, con limitazione dell’intervento giudiziale secondo criteri di necessità e proporzione, privilegiando l’intervento di un terzo in posizione mediatoria o di supervisione, ancorché non obbligatoria.

 

Nella relazione illustrativa, viene ricordato che la necessità dell’ingresso anticipato nella procedura dell’imprenditore in crisi, è un principio riconosciuto da tutti gli ordinamenti, a partire da quello statunitense, e fa parte dei principi elaborati dall’Uncitral e dalla Banca Mondiale per la corretta gestione della crisi d’impresa.

La Legge delega di riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza, nel sostituire il termine fallimento con quello di liquidazione giudiziale, avvia un percorso fondamentale per la radicale trasformazione del concetto di difficoltà economico-finanziarie e delle relative procedure di gestione.

Le prime avvisaglie di difficoltà suggeriscono il ricorso a strumenti di ausilio, nella prospettiva di allontanare il pericolo della fase successiva certificativa di una situazione di irreversibilità.

La riforma della crisi d’impresa, allinea l’Italia alla maggior parte degli altri paesi europei, adeguandone in buona parte l’ordinamento ai principi elaborati in sede comunitaria (proposta di direttiva) e internazionale. L’ambizione che emerge dai principi ispiratori della riforma è quella di creare una sorta di testo unico delle crisi d’impresa.

 

La prospettiva di successo di questi strumenti risulta tuttavia opportunamente collegata, nella legge delega, ad un sistema di incentivi e disincentivi e al ruolo degli organi di controllo societari e dei creditori qualificati.

Nel meccanismo c’è anche la presa d’atto della difficoltà di molte imprese a dar vita in modo autonomo a processi di ristrutturazione precoce a causa di vari fattori (sottocapitalizzazione, inadeguatezza degli assetti di governance, ecc.).

Non meno importante è l’obiettivo della legge di semplificare e armonizzare le procedure, a partire dalla previsione di una fase iniziale unica e di un ambito di applicazione che va ben oltre l’imprenditore commerciale, coinvolgendo altresì attività di natura agricola, professionale e civile.

Culturalmente rilevante è inoltre l’eliminazione della parola fallimento, ora la crisi viene considerata come una “eventualità” in qualche modo fisiologica per l’impresa.

 

Procedura di allerta e composizione assistita

Tra le previsioni più interessanti e innovative della delega vi è quella dell’introduzione di procedure di allerta e di composizione assistita della crisi.

E’ in particolare prevista l’istituzione presso le Camere di Commercio di un organismo che dovrà assistere il debitore nella ricerca di una soluzione concordata con i creditori, a tale organismo si potrà rivolgere direttamente l’imprenditore colto dalla crisi, ma è previsto che lo stesso organismo possa procedere alla convocazione dell’imprenditore a seguito di segnalazioni dell’esistenza di fondati indizi di crisi da parte dei sindaci o del revisore contabile, o dal perdurare di inadempimenti di importo rilevante da parte dei creditori pubblici qualificati tra i quali l’Agenzia delle Entrate.

 

I sindaci probabilmente acquisiranno un ruolo fondamentale nel meccanismo delle cosiddette “procedure di allerta”, trovandosi nella posizione di cogliere il manifestarsi delle situazioni di crisi e ancor più di insolvenza in una fase anticipata.

Questi avranno l’obbligo di avvisare immediatamente gli amministratori non appena viene rilevata la sussistenza degli indizi di crisi e, nel caso in cui la risposta manchi o non sia adeguata, di informare tempestivamente l’organismo presso la Camera di Commercio.

 

NB! - La tempestiva segnalazione degli indizi della crisi libera peraltro i sindaci da ogni responsabilità per l’aggravamento del dissesto o per i fatti pregiudizievoli successivi ad essa.

 

Analogo “dialogo” con gli amministratori è previsto per i creditori pubblici (Agenzia delle Entrate e gli altri creditori pubblici qualificati), quando risulteranno debiti nei loro confronti superiori a determinati importi che dovranno essere stabiliti dalle norme attuative.

L’imprenditore avrà un periodo di tempo (che dovrebbe essere di tre mesi) per attivare il procedimento davanti all’organismo di composizione della crisi, o per chiedere l’ammissione a una procedura di concordato preventivo, o per raggiungere un accordo con il creditore pubblico.

In assenza di uno di questi eventi il creditore pubblico avrà l’obbligo di segnalare immediatamente all’organismo presso la Camera di Commercio la situazione d’insolvenza.

 

NB! - La mancata o ritardata segnalazione sarà sanzionata con la perdita del privilegio e il conseguente trattamento futuro del credito come chirografario.

 

Nei casi di segnalazione dei sindaci o dei revisori contabili o dei creditori pubblici qualificati, l’organismo dovrà convocare l’imprenditore con un procedimento riservato e confidenziale, e in caso di esito negativo del procedimento (es. l’imprenditore non si presenta o non viene raggiunto l’accordo con i creditori o non sono individuate misure idonee), se permane lo stato d’insolvenza l’organismo dovrà effettuare una segnalazione al pubblico ministero, che è il soggetto legittimato a promuovere il procedimento giudiziale per l’accertamento dello stato d’insolvenza e la conseguente apertura della procedura concorsuale liquidatoria.

 

NB! - La segnalazione al pubblico ministero così come la sua successiva iniziativa, non impedirà in ogni caso all’imprenditore di proporre un concordato preventivo o di attivare altri strumenti alternativi alla liquidazione giudiziale.

 

Le nuove indicazioni previste nella delega prevedono (come visto) una procedura di allerta (che inizia su istanza di parte o a seguito di segnalazioni) e di composizione assistita della crisi che sarà governata da un organismo ad hoc istituito presso le Camere di Commercio.

Poiché gran parte della riuscita dell’istituto dipenderà dall’adeguata organizzazione e professionalità dell’organismo, è appropriata la scelta del legislatore di individuare un unico organismo, e il fatto che il collegio sarà formato da tre esperti professionisti designati uno dalla Camera di Commercio, uno dal presidente del tribunale delle imprese e uno dalle associazioni di categoria.

 

Le segnalazioni al suddetto organismo da parte di soggetti qualificati diversi dal debitore potranno essere effettuate:

  • dagli organi di controllo societari, che dovranno avvisare l’organo amministrativo della società sull’esistenza di fondati indizi della crisi e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare tempestivamente l’organismo;
  • dai creditori pubblici qualificati, (Agenzia delle Entrate, Enti previdenziali, Agenti della riscossione), che dovranno avvisare il debitore se la sua esposizione ha superato un importo rilevante e segnalare poi agli organi di controllo della società e, in ogni caso, all’organismo, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante a fronte dell’inerzia del debitore.

 

Va segnalato che per l’imprenditore che con tempestività propone una istanza di composizione assistita della crisi, o chiede l’omologazione di un accordo di ristrutturazione, o propone un concordato preventivo o un ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, sono previste misure premiali di natura patrimoniale e per la responsabilità personale.

Misure premiali, in tema di esenzione da responsabilità, saranno previste per l’organo di controllo che si attivi prontamente.

 

NB! - Sempre con una logica incentivante, la mancata segnalazione dei creditori pubblici causerà l’inefficacia dei privilegi sui crediti.

 

Secondo le indicazioni della delega, il procedimento davanti all’organismo di composizione della crisi potrà durare massimo sei mesi e prevede principalmente l’analisi della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.

 

Il carattere amministrativo del procedimento di composizione della crisi non sarà però d’ostacolo all’adozione, da parte del giudice (dietro richiesta dell’imprenditore), di misure protettive temporanee, necessarie per condurre a termine la trattativa con i creditori, revocabili in caso di frode ai creditori o quando il collegio di esperti riferisce che non è possibile arrivare a una soluzione concordata della crisi o che non vi sono significativi progressi nell’attuazione delle misure idonee a superare la crisi.

 

Se la ricerca di una soluzione alla crisi si concluderà positivamente, il collegio dovrà attestare che l’imprenditore ha posto in essere le misure idonee al superamento della crisi, se invece non verranno individuate misure idonee a superare la crisi verrà attestato lo stato di insolvenza, dandone notizia al pubblico ministero presso il tribunale del luogo in cui il debitore ha sede.

 

Salvaguardia della continuità aziendale

La riforma vuole sostenere e privilegiare quelle soluzioni che possano determinare il superamento della crisi attraverso la salvaguardia del valori aziendali, assicurando priorità ai concordati con continuità aziendale anche indiretta, tramite un diverso imprenditore, che non può andare a scapito dei creditori.

 

Relativamente alla disciplina del concordato con continuità aziendale vi sono tre indicazioni:

  • la previsione di una moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati per un periodo anche superiore a un anno, salvo che sia programmata la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, riconoscendo in tal caso ai predetti creditori il diritto di voto;
  • l’applicazione della disciplina anche alla proposta di concordato che prevede la continuità aziendale e nel contempo la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, a condizione che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale;
  • l’applicazione della continuità anche nei casi in cui l’azienda sia oggetto di contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato.

 

NB! - La preferenza per il concordato con continuità è ribadita nel principio che stabilisce l’ammissibilità di proposte che abbiano natura liquidatoria solo quando sia previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.

 

In questa direzione si va verso l’abrogazione del concordato liquidatorio puro (quello con cessione ai creditori di tutti i beni del debitore), dato che la proposta deve comprendere, a pena di inammissibilità, anche l’apporto di risorse esterne.

Si deve comunque assicurare ai creditori il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare complessivo dei crediti chirografari.

 

Riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali

Interessanti novità nel testo della delega riguardano la riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali.

Relativamente al profilo temporale si dovrà procedere alla revisione della disciplina delle misure protettive, specialmente quanto alla durata e agli effetti, prevedendone la revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura.

Con riferimento ai costi, invece, sarà ad esempio il legislatore che dovrà determinare l’entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore, da commisurare proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura, e di prevedere che i crediti dei professionisti sorti in funzione della domanda di concordato, siano prededucibili a condizione che la procedura sia aperta in base all’articolo 163 della Legge Fallimentare.

 

Composizione stragiudiziale della crisi

La Legge delega prefigura una nuova sistemazione delle misure di composizione stragiudiziale della crisi d’impresa disciplinate dalla legge fallimentare, con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti e gli accordi con gli intermediari finanziari.

L’intenzione è quella di incentivare queste misure ampliandone l’area di applicabilità.

Per quanto riguarda gli accordi previsti dall’art. 182-bis L.F., la legge prevede per l’ipotesi in cui l’accordo non abbia a oggetto una dilazione dei pagamenti a favore dei creditori estranei, e non richieda la concessione di protezioni nel corso delle trattative, l’eliminazione o l’abbassamento delle soglie minime di adesione.

 

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono contratti tra l’imprenditore in crisi e i suoi creditori sottoposti all’omologazione del tribunale, concessi a condizione che l’accordo abbia alcuni requisiti formali e sia stato approvato da tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, ferma la necessità di pagare integralmente i creditori estranei entro 120 giorni dall’omologazione (per i crediti già scaduti) o dalla scadenza (per quelli non scaduti).

L’omologazione da parte del tribunale comporta nei confronti di tutti i creditori l’automatico divieto, per 60 giorni, di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore, e quest’ultimo può chiedere che tale divieto operi anche nel corso delle trattative, facendone richiesta al tribunale anche prima di depositare l’accordo.

 

Con le nuove disposizioni, gli accordi di ristrutturazione potranno essere omologati anche in presenza di adesioni inferiori al 60% dei crediti (o addirittura in assenza di soglie minime), a condizione che gli accordi stessi prevedano il pagamento immediato dei creditori estranei e che l’imprenditore non pretenda la concessione del divieto di azioni esecutive o cautelari anche nel corso delle trattative.

 

Quanto agli accordi con gli intermediari finanziari previsti dall’art. 182-septies L.F., si vorrebbe estendere la disciplina anche agli accordi raggiunti con soggetti diversi a determinate condizioni.

Fino a oggi, l’art. 182-septies ha regolato un accordo di ristrutturazione di natura speciale, relativo alla sola ipotesi in cui i creditori fossero rappresentati dalle banche, in futuro la sua applicazione dovrà prescindere dalla qualità soggettiva dei creditori.

Nella versione attuale la norma prevede che, quando l’indebitamento verso le banche sia pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo, la disciplina contenuta nell’art. 182-bis possa venire integrata da disposizioni ulteriori, consistenti nel fatto che l’accordo può individuare una o più categorie tra le banche stesse che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei.

L’imprenditore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, purché siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e purché i crediti delle banche aderenti rappresentino il 75% dei crediti della categoria.

Nella nuova versione, la possibilità di derogare al principio generale potrà essere estesa anche ad accordi conclusi con soggetti diversi dalle banche, a patto che l’accordo non sia puramente liquidatorio e che i creditori aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti di una o più categorie economicamente omogenee.

 

Nuovi parametri per l’organo di controllo

La legge delega abbassa le soglie previste per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore nelle Srl, ampliando i soggetti che potranno ricoprire tale incarico.

 

La legge interviene per meglio regolare i casi di mancata nomina, prevedendo che tra i legittimati a segnalare al tribunale l’omissione, rientri anche il conservatore del Registro dell’imprese, e la cessazione dell’obbligo di nomina quando per tre esercizi non siano superati i limiti dimensionali. Saranno estesi i casi in cui per le società a responsabilità limitata è obbligatoria la nomina di un organo di controllo o di un revisore, prevedendo che l’obbligo nasca allorché la società, per due esercizi consecutivi, presenti requisiti dimensionali ridotti in maniera considerevole rispetto a quelli attuali.

 

Infatti, il totale dell’attivo dello stato patrimoniale o i ricavi delle vendite o delle prestazioni viene ridotto a 2 milioni di euro (la soglia attuale è di 4,4 milioni per l’attivo e di 8.8 milioni per i ricavi) o in presenza di dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 10 unità (attualmente la richiesta è che siano almeno 50 unità).

Sarà sufficiente il superamento anche di uno solo dei limiti per due esercizi consecutivi previsti dall’articolo 2477, comma 1, lettera c) del Codice civile mentre la norma attuale prevede il superamento di due elementi per due esercizi consecutivi.

 

Oltre ai suddetti casi, l’obbligatorietà scatta oggi anche quando la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato o controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti o ancora quando emette titoli di debito o è controllata da una quotata. Tali situazioni dovranno essere confermate con l’attuazione della delega tramite i relativi decreti ed è probabile inoltre seguendo il tenore della delega che si tenda verso un ampliamento dei casi.

 

Insolvenza di gruppo

Importanti novità sono previste in merito alla disciplina concorsuale del gruppo di imprese, tema che ha per anni determinato un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza essendo evidente, per un verso, l’opportunità di costruire una procedura concorsuale in funzione della gestione del gruppo e, per altro verso, la particolarità del compito, attesa la commistione di interessi in gioco.

 

Il gruppo di imprese sarà oggetto di una disciplina organica, sia rispetto al concordato e al piano di ristrutturazione dei debiti, sia rispetto al fallimento.

 

Sono individuati in particolare alcuni criteri direttivi posti dalla disciplina delegata in particolare:

  • la competenza sulle procedure concorsuali e sulle cause che ne derivano, quando si tratti di un gruppo di imprese, è attribuita al tribunale sede della sezione specializzata;
  • l’individuazione dell’appartenenza al gruppo deve partire dalla nozione di direzione e di coordinamento definita dal Codice civile, mentre l’esistenza di un rapporto di controllo costituisce una presunzione semplice;
  • l’appartenenza al gruppo, deve essere esternata mediante espresse dichiarazioni e in genere con la redazione e il deposito di un bilancio consolidato;
  • al curatore e al commissario giudiziale devono essere forniti i più ampi poteri per accedere all’informativa presso le pubbliche autorità e le banche dati.
  • deve essere favorita la facoltà di proporre un unico ricorso, sia per l’accordo di ristrutturazione dei debiti, sia per la proposta concordataria, sia per il fallimento (ora liquidazione giudiziale), ferma restando l’esigenza di mantenere autonome le masse attive e passive e individuando, ove le sedi delle società del gruppo siano differenti, un criterio di competenza territoriale unitario;
  • il concordato preventivo del gruppo determina l’unicità del giudice delegato e del commissario giudiziale, così come del fondo per le spese di procedura;


 

Quadro Normativo

Legge Delega per la riforma del Fallimento - Testo definitivo approvato al Senato l’11 ottobre 2017

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