Modello “231”. Una scelta “quasi” obbligata

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A dieci anni dalla sua nascita, il provvedimento che contempla la responsabilità in sede penale degli enti in caso di commissione di determinati reati da parte delle persone fisiche ad essi legati, che abbiano agito nell'interesse o a vantaggio dell'ente stesso e la conseguente adozione di un modello esimente, non ha trovato molti seguaci tra gli imprenditori, pur conservando una innegabile attualità anche per una ottimale conduzione imprenditoriale. Ad offrire un sostanziale contributo sulla materia è la circolare n. 26 del 10 novembre 2011 dell’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti ed esperti contabili.

D. LGS. N. 231/2001

L’obiettivo dell’emanazione del Decreto Legislativo n. 231 datato 8 giugno 2001(recante il titolo “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”) è di coinvolgere l’ente societario nella punizione dei reati commessi dalle persone fisiche che ricoprono posizioni apicali, quando agiscono nell'interesse o a vantaggio dell'ente. Questo risponderà con il proprio patrimonio e quindi a pagare saranno gli stessi soci che lo compongono.

In sostanza la responsabilità dell'ente si aggiunge a quella del soggetto che ha materialmente commesso il reato.

I PRESUPPOSTI

I soggetti coinvolti nella responsabilità amministrativa sono:

gli enti forniti di personalità giuridica

le società

le associazioni anche prive di personalità giuridica.

Sull’ente ricade la responsabilità del reato che sia stato realizzato da:

  • soggetti operanti in "posizione apicale" (ossia persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso)

  • sottoposti all'altrui direzione o vigilanza (lavoratore subordinato od equiparato, ma anche i collaboratori, come agenti, distributori, consulenti).

E’ di considerevole importanza ricordare che l’ente risponde solo qualora il soggetto abbia agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Da ciò emerge che è ampia la possibilità che l’ente venga coinvolto nel reato commesso dalla persona fisica, non essendo richiesto che questi lo ponga materialmente in essere, ma solo che abbia agito nel semplice interesse della società.

Il provvedimento esclude che l’ente possa rispondere del reato se il soggetto ha agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

I REATI

La disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 231/01 trova spazio qualora vengono posti in essere i seguenti reati, il cui elenco deriva da quanto indicato nel decreto istitutivo e da una serie di norme intervenute successivamente al 2001:

  • indebita percezione di erogazioni pubbliche;

  • truffa ai danni dello Stato o di altro Ente Pubblico;

  • illegale ripartizione degli utili;

  • falsità in bilancio, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni sociali, falso in prospetto;

  • falsità nelle relazioni o comunicazioni della società di revisione;

  • impedito controllo;

  • formazione fittizia del capitale;

  • indebita restituzione dei conferimenti;

  • illegale ripartizione degli utili e delle riserve;

  • illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante;

  • operazioni in pregiudizio dei creditori;

  • indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori;

  • indebita influenza sull’assemblea;

  • aggiotaggio;

  • ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza;

  • abuso di informazioni privilegiate (c.d. insider trading);

  • manipolazione del mercato;

  • frode informatica a danno dello Stato o di altro Ente Pubblico;

  • ricettazione, riciclaggio e impiego di capitali illeciti;

  • corruzione;

  • concussione;

  • reati contro la personalità individuale.

Inoltre occorre tenere presente che le sentenze hanno ulteriormente ammesso alla responsabilità amministrativa degli enti anche altre tipologie di reati.

ESIMENTE

L’articolo 6 del 231 prevede ipotesi in cui l’ente viene sollevato dalla responsabilità in parola qualora assuma determinati comportamenti.

Uno di questi consiste nell’adozione di modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti e di un organo di controllo che vigili sul funzionamento e l'osservanza di tali modelli.

Se il reato è commesso da un soggetto che riveste una posizione apicale l’ente non sarà considerato responsabile qualora abbia adottato modelli organizzativi atti a prevenire i reati. Dovrà pero fornire la prova che il soggetto ha eluso i modelli adottati dalla società.

I modelli da adottare dovranno essere costruiti tenendo in considerazione varie esigenze quali:

a) l’esistenza delle attività nel cui ambito possono essere commessi reati;

b) la previsione di specifici protocolli per programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dirette alla prevenzione dei reati;

c) l’individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;

d) l’indicazione di obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;

e) l’adozione di un sistema disciplinare capace di sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Pertanto l’ente non solo deve fornire prova di aver adottato i modelli organizzativi preventivi di reati ma anche che la loro attuazione si è dimostrata efficace.

Naturalmente sarà il giudice penale che dovrà valutare se i modelli organizzativi di prevenzione sono risultati confacenti in rapporto all’attività che svolge la società od impresa. Come riporta la circolare 26/Irdcec: “la valutazione di adeguatezza del modello non può che consistere in una verifica della compatibilità delle scelte organizzative compiute dall’ente rispetto ai principi sanciti dal D.Lgs. n. 231/2001”.

Va evidenziato che l’adozione del modello di organizzazione, gestione e controllo non rientra tra gli obblighi dell’imprenditore ed infatti non è disposta nessuna sanzione in merito; però va considerato che la mancata adozione espone l’ente a rispondere degli illeciti realizzati da amministratori e dipendenti.

Al verificarsi del reato da parte dell’amministratore o dipendente, se si intende beneficiare dell’esimente dovrà emergere che, antecedentemente all’illecito, era stato adottato un modello per prevenire il reato. In sostanza per non far incorrere la società in tale tipo di responsabilità, che coinvolge il patrimonio sociale, è bene disporre di questo strumento difensivo.

Oltretutto, esulando dalla funzione di esimente, l’adozione di un modello organizzativo comporta altri vantaggi all’ente quali un miglioramento del sistema dei controlli, un’analisi e quantificazione dei rischi collegati al processo produttivo, un aumento dell’efficienza organizzativa.

Non è possibile delineare un modello adattabile a tutti gli enti in quanto le sue componenti dipendono dall’attività esercitata, dal numero dei dipendenti, dalla struttura organizzativa, dal territorio in cui si opera e da altre variabili.

In ogni caso la norma indica una costruzione del modello che va nella direzione di considerare:

l’identificazione dei rischi: ossia l’analisi del contesto aziendale da cui emergano le zone critiche e le modalità con le quali si possono verificare illeciti pregiudizievoli;

la progettazione di un sistema di controllo: ossia la valutazione del sistema esistente all’interno dell’ente come capace di contrastare validamente i rischi identificati.

Quando a commettere il reato è la persona sottoposta all’altrui direzione, il “231” dispone che l’ente è responsabile se l’illecito è stato compiuto per inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

In altre parole, i sottoposti hanno potuto compiere l’illecito perché gli organi dirigenti non hanno adempiuto al loro dovere di direzione e vigilanza.

Tale inosservanza viene meno se l’ente adotta i modelli organizzativi atti a prevenire la commissione di reati.

Nel caso di reati commessi dai soggetti sottoposti sarà l’accusa a dover provare che, posta l’esistenza di un modello organizzativo, vi sia stata inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.

Il modello di organizzazione, ai fini della prova da fornire in giudizio, deve essere documentato e formalmente adottato dall’ente nonché effettivamente operativo; si richiede, per una efficace attuazione, che sia sottoposto a verifiche e, qualora siano necessari, periodici aggiornamenti.

SANZIONI

Le sanzioni previste in caso di accertamento di responsabilità amministrativa dell’ente nella commissione del reato della persona fisica sono:

  • la sanzione pecuniaria;

  • le sanzioni interdittive;

  • la confisca;

  • la pubblicazione della sentenza.

Le sanzioni pecuniarie variano a seconda del tipo di reato e sono computate con il sistema delle quote (tra 100 e 1.000) il cui valore oscilla da 258 a 1.549 euro, sulla base della gravità della responsabilità dell’azienda.

L’interdizione può riguardare, per un periodo da 3 mesi ad un anno:

  • l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

  • l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi.

GIURISPRUDENZA

A fronte delle numerose sentenze che hanno concluso per condannare l’ente alla responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001 o per mancanza del modello organizzativo o, se adottato, per inefficacia dello stesso a prevenire i reati commessi, si segnala l’importante pronuncia del tribunale di Milano del 17.11.2009 con cui è stata riconosciuta l’esimente ex art. 6 del decreto in parola.

Il giudice ha concluso per la non punibilità della società in quanto “i comportamenti illeciti oggetto di imputazione non sono frutto di un errato modello organizzativo, ma sono da addebitare al comportamento dei vertici della società che risultano in contrasto con le regole interne del modello organizzativo regolarmente adottato”.

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