Infortuni sul lavoro. Società non responsabile se il manager ignora le prescrizioni

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Infortuni sul lavoro. Società non responsabile se il manager ignora le prescrizioni

Va escluso che possa ritenersi sussistere una responsabilità amministrativa da reato in capo all'impresa, datrice di lavoro, laddove venga in concreto escluso ogni profilo di responsabilità sotto forma di colpa di organizzazione a carico dell'organo gestorio e il nesso di causalità con gli eventi dannosi verificatesi.

La società datrice, in altri termini, non può ritenersi responsabile quando ha adottato, prima della commissione dell'illecito, un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenirla.

Modello organizzativo atto a prevenire l'illecito: impresa senza responsabilità 231

E' quanto puntualizzato dalla Corte di cassazione, Quarta sezione penale, nel testo della sentenza n. 31665 del 2 agosto 2024.

Nel caso in esame, è stato escluso che la società potesse rispondere ai sensi del Decreto legislativo n. 231/2001 del comportamento del proprio dipendente, con funzione di operation manager, a cui era stata delegata la sicurezza sul lavoro.

Il caso esaminato

La Cassazione, nella specie, si è pronunciata rispetto alla vicenda che aveva visto rapiti e poi morti due tecnici di una società operante in Libia.

Considerato il rischio di rapimenti di lavoratori stranieri, la prescrizione di sicurezza dettata dalla stessa società era quella di non affrontare viaggi via terra, ma via mare.

Prescrizione, questa, a cui non si era attenuto l'operation manager che si occupava del trasferimento dei dipendenti e che, di sua iniziativa, aveva deciso il trasporto via terra per evitare di attendere la nave alcuni giorni.

Ebbene, secondo gli Ermellini, l'impresa aveva adottato un modello di organizzazione e di gestione della sicurezza sul lavoro che, con una valutazione ex ante, necessariamente correlata anche al costante rispetto fino a quel momento delle prescrizioni impartite dal suo Consiglio di amministrazione, si era dimostrato idoneo a prevenire gli infortuni

Nella specie, peraltro, il comportamento dell'operation manager aveva prodotto un vantaggio economico non oggettivamente apprezzabile rispetto alle dimensioni societarie.

Omicidio colposo con violazione norme sicurezza, responsabilità ente

Cosa prevede la normativa

Nella decisione, la Suprema corte ha rammentato quanto disposto dall'articolo 25-septies del Decreto legislativo n. 231/2001 (omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro).

L'articolo prevede la responsabilità amministrativa dell'ente in relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Il Decreto 231 - ha ricordato la Corte di cassazione - pone a carico dell'impresa una responsabilità amministrativa in dipendenza di determinati reati, commessi da propri amministratori, dirigenti e dipendenti qualora realizzati nell'interesse o a vantaggio dell'impresa stessa.

L'autore del reato deve essere soggetto apicale, definito dalla normativa come persona che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché persona che eserciti anche di fatto la gestione e il controllo.

Tali sono certamente i componenti del consiglio di amministrazione e, nella specie, anche l'operation manager.

L'interesse dell'ente, indispensabile affinché si ravvisi la responsabilità amministrativa, deve escludersi anche in via astratta quando uno dei soggetti sopra individuati abbia agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi, in quanto ciò determina la rottura dello schema di immedesimazione organica e l'illecito commesso è certamente un vantaggio fortuito non attribuibile alla volontà giuridica dell'ente, pur potendo tornare a suo vantaggio.

L'ente - ha rammentato la Corte - non è responsabile quando, prima della commissione dell'illecito, ha adottato un modello di organizzazione e gestione idoneo.

La responsabilità dell'ente, in altri termini, non può essere dedotta in caso di sporadico comportamento tenuto da una figura apicale, avente autonomo potere di gestione e di spesa, che abbia trasgredito delle prescrizioni ricevute.

La decisione della Cassazione

Nel caso che ci occupa, la Corte di cassazione ha ribaltato la decisione con cui la Corte d'appello aveva affermato la responsabilità ex 231 della società ricorrente.

Secondo gli Ermellini, la Corte territoriale non aveva fatto buon governo della più recente giurisprudenza di legittimità in materia.

I principi enunciati dalla giurisprudenza

Tale giurisprudenza ha esplicitamente ribadito la necessità che l'accertamento della responsabilità dell'ente segua un percorso di natura sostanziale che valuti l'esistenza in concreto di una colpa di organizzazione rispetto alla quale il reato che è stato commesso si ponga in stretto ed univoco rapporto di derivazione causale.

Peraltro, ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti non sono sufficienti la mancanza o inidoneità degli specifici modelli di organizzazione o la loro inefficacia attuazione. È infatti necessaria la dimostrazione della colpa di organizzazione che caratterizza la tipicità dell'illecito amministrativo e che è distinta dalla colpa degli autori del reato (Cassazione n. 18413/2022).

Inoltre, la struttura dell'illecito addebitato all'ente esclude che possa essere attribuito all'impresa un reato commesso sì da soggetto incardinato nell'organizzazione ma per fini estranei agli scopi di questa.

L'ente risponde per fatto proprio e deve essere verificata una sua colpa di organizzazione, dimostrandosi che non sono stati predisposti accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato.

Le conclusioni della Suprema corte

Nel caso in esame, al di là della mancata previsione specifica nel DVI, il modello organizzativo esisteva ed era individuato in specifici documenti resi noti al personale.

Tale modella era comunque atto a prevenire il tipo di rischio poi concretizzatosi a seguito delle estemporanea iniziativa del operator manager.

Da qui l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata nei confronti della società: l'illecito amministrativo contestato non sussisteva.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del Caso Due tecnici di una società operante in Libia sono stati rapiti e successivamente deceduti. L'operation manager aveva deciso di organizzare un viaggio via terra contrariamente alle prescrizioni aziendali che richiedevano l'uso del trasporto via mare per evitare rischi di rapimenti.
Questione Dibattuta La questione riguardava la responsabilità amministrativa della società ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001, considerando il comportamento dell'operation manager che non aveva seguito le prescrizioni, senza un vantaggio significativo per la società.
Soluzione della Corte di Cassazione La Corte di Cassazione ha stabilito che la società non è responsabile poiché aveva adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire il rischio di rapimenti. Il comportamento dell'operation manager, che ha agito di propria iniziativa e per un vantaggio non significativo per la società, non può essere attribuito alla responsabilità dell'ente. Pertanto, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d'appello, escludendo la responsabilità ex 231 della società.
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