Indennizzo per danni da vaccino, decadenza dalla conoscenza del danno

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Indennizzo per danni da vaccino, decadenza dalla conoscenza del danno

La Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in merito alla decadenza dal diritto all’indennizzo per i danni causati da vaccini con l'ordinanza n. 2666, Sezione lavoro, depositata il 4 febbraio 2021.

L'ordinanza si innesta nel solco di una consolidata giurisprudenza di legittimità ravvivata dall'attuale dibattito dottrinale sulla campagna vaccinale anti Covid-19 in atto e sulle possibili implicazioni per i datori di lavoro.

Vaccino antipolio e danni accertati

Una bracciante agricola ha subito gravi lesioni in seguito alla vaccinazione antipolio praticatale a un anno di vita (nel 1962). 

Parecchi anni dopo (nel 2009), il medico curante, dopo aver constatato la inequivoca riconducibilità della patologia alla vaccinazione sulla scorta delle risultanze delle cartelle cliniche, informa la danneggiata circa la possibilità di presentare domanda di indennizzo ex art 1, comma 1, L .n. 210/1992.

La danneggiata adisce il Tribunale di primo grado per vedersi riconoscere dal Ministero della Salute l'indennizzo e ottiene una pronuncia favorevole.

In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d'appello conclude invece per l’avvenuta decadenza dal diritto osservando che il termine decadenziale di 4 anni di cui alla legge n. 362/1999 decorre dall'entrata in vigore della legge stessa se alla medesima data il soggetto abbia avuto conoscenza del danno e della sua eziologia ovvero dal momento (successivo) in cui il soggetto risulta aver avuto conoscenza del danno e della sua eziologia.

Nel caso di specie, affermano i giudici di secondo grado, la conoscenza dell'eziologia del danno deve farsi risalire al possesso delle cartelle cliniche (1962 e 1963).

La danneggiata propone ricorso in Cassazione.

Indennizzo e decadenza della domanda

I giudici di appello, ad avviso della ricorrente, hanno erroneamente applicato le disposizioni di legge circa il dies a quo del termine decadenziale per la presentazione della domanda di indennizzo (articolo 3, comma 3, legge n. 362/1999 e articolo 3, comma 1, legge n. 210/1992).

Il fatto che nelle cartelle cliniche si richiami esplicitamente la somministrazione del vaccino antipolio nei mesi antecedenti al primo ricovero e che per il medico curante sia stato subito chiaro il nesso causale tra la vaccinazione e la patologia non può costituire prova della raggiunta consapevolezza del nesso causale da parte della ricorrente, "bracciante agricola ed in possesso della licenza media". L'unica circostanza provata e certa è che la ricorrente ha raggiunto la consapevolezza del nesso causale in occasione del colloquio con il medico curante.

Imprescrittibilità del diritto all'indennizzo

La ricorrente denuncia poi l'imprescrittibilità del diritto all'indennizzo ex art 210/1992 per i danneggiati da vaccinazione secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata che porta a ritenere incostituzionale la norma che fissa un termine di decadenza, dovendosi in tali casi applicare solo la prescrizione decennale dei ratei e non del diritto alla prestazione.

Decadenza di tre anni dalla conoscenza del danno 

La Suprema Corte,  al termine della sua disamina, ha valutato il ricorso infondato sulla base delle seguenti argomentazioni.

In primo luogo i giudici di legittimità ritengono non fondata la tesi del Ministero della Salute secondo cui, nella fattispecie in esame, dovrebbe trovare applicazione il termine di decadenza di 4 anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 362/1999. La domanda può invece essere proposta nel termine di 3 anni che decorrono dalla conoscenza del danno e del nesso causale atteso che - evidenziano gli Emellini - "il danno alla cui conoscenza la legge ricollega il dies a quo non è la malattia in sé per sé, ma è l'evento indennizzato dalla legge completo quindi del fattore causale",  laddove "alla conoscenza effettiva va parificata la ragionevole conoscibilità del danno", "dato che la conoscenza si realizza quando il soggetto è in grado, secondo un parametro di ordinaria diligenza, di individuare la causa della patologia cui è affetto e rapportare quindi la propria malattia ad uno degli eventi dannosi previsti dalla legge 210" (cfr. Cass.17.1.2005 n .753, n 27565/2019).

Andando poi alla conoscibilità del danno, la Suprema Corte rileva che la Corte territoriale ha ritenuto di poter affermare la necessaria e, comunque, esigibile consapevolezza del danno, anche in relazione alla sua origine, da parte della danneggiata prima della visita con il medico curante, in quanto le cartelle cliniche in suo possesso non lasciavano spazio a possibili dubbi. E la decisione della Corte, sotto tale profilo, in quanto espressione di un apprezzamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità.

Infine, in merito all'imprescrittibilità del diritto all'indennizzo di cui alla legge n. 210/1992, la Cassazione evidenzia che la determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione dell'intervento di natura solidaristica costituito dall'indennizzo per danno da vaccinazione di cui alla legge n.  210/1992 è rimessa alla discrezionalità del legislatore che può subordinare la sua attribuzione alla presentazione della relativa domanda entro un dato termine. Termine che, nella specie, è fissato in tre anni dal momento dell'acquisita conoscenza del danno e della sua eziologia e non appare talmente breve da frustrare la possibilità di esercizio del diritto alla prestazione e vanificare la previsione dell'indennizzo.

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