Illegittimo il licenziamento intimato a seguito di condanna per maltrattamenti in famiglia
Pubblicato il 14 settembre 2018
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E’ illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato al dipendente in relazione a condotte di maltrattamenti nei confronti di familiari accertate con sentenze penali di condanna ed alla loro eco mediatica.
Per la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 21958 del 10 settembre 2018), infatti, tali condotte sono inidonee ad incidere sul rapporto lavorativo in quanto la stessa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini del licenziamento per giusta causa, rileva soltanto la mancanza del lavoratore tanto grave da giustificare l'irrogazione della sanzione espulsiva, dovendosi valutare il comportamento del prestatore nel suo contenuto oggettivo - ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate - ma anche nella sua portata soggettiva, e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, agli effetti e all'intensità dell'elemento volitivo dell'agente (ex multis: Cass. n. 2720/2012).
Inoltre, sempre gli Ermellini hanno precisato che anche una condotta illecita extralavorativa del prestatore è suscettibile di rilievo disciplinare, e pertanto anche di dar luogo alla più grave delle sanzioni, poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma anche a non porre in essere, fuori dell'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da compromettere il rapporto fiduciario, comportamenti il cui apprezzamento in concreto è rimesso al giudice di merito (Cass. n. 16524/2015 e Cass. n. 16268/2015).
Tuttavia, nel caso di specie, il lavoratore non aveva mai avuto comportamenti aggressivi e violenti nei confronti dei colleghi o degli utenti, né condotte sconvenienti, prepotenti o litigiose e le condotte poi penalmente sanzionate avevano trovato origine nell'avvio delle pratiche di una separazione coniugale non accettata.
D’altra parte, il fatto che la moglie avesse, comunque, chiesto l'affido condiviso dei figli dimostra l'assenza di una previsione di pericolo e consentirebbe di contenere e circoscrivere ulteriormente gli eventi in questione a quel contesto specifico.
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