Conversione indennità obsolete in welfare: niente esenzione fiscale

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Con la risposta n. 195 del 30 luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate affronta il tema della conversione di indennità obsolete in prestazioni di welfare aziendale, fornendo chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile.

Il documento prende posizione su una fattispecie concreta, analizzando se tali somme, riconvertite nell’ambito di un accordo sindacale, possano beneficiare del regime di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente previsto dall’articolo 51, commi 2 e 3, del TUIR.

Il caso: soppressione delle indennità obsolete e inserimento di strumenti di welfare

Una società riferisce che, in base a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento, è stata prevista la possibilità di definire, a livello aziendale, modalità di conferimento degli importi spettanti ai lavoratori in sostituzione delle indennità considerate ormai obsolete, mediante il ricorso a prestazioni di welfare contrattuale.

In attuazione di tale previsione, la società ha sottoscritto un accordo sindacale che dispone la soppressione delle indennità obsolete a decorrere dal 1° gennaio 2025, offrendo ai lavoratori interessati la possibilità di destinare gli importi corrispondenti a strumenti di welfare aziendale.

L’istante precisa che:

  • i benefici sono rivolti a un gruppo omogeneo e predefinito di dipendenti, ovvero coloro che percepivano le indennità abolite;
  • le nuove utilità non hanno carattere strettamente retributivo, ma rappresentano un riconoscimento alternativo legato alla soppressione di voci salariali superate;
  • l’iniziativa rientra in una strategia di fidelizzazione e motivazione del personale.

Alla luce di ciò, la società – in qualità di sostituto d’imposta – chiede se gli importi conferiti ai piani di welfare aziendale possano beneficiare dell’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2 (lett. a, d-bis, f, f-bis, f-ter e comma 3, ultimo periodo, del TUIR - D.P.R. 917/1986).

Principio generale e limiti delle esenzioni fiscali sui benefit

Prima di fornire l’esito al quesito, l’Agenzia delle Entrate parte con analizzare l’articolo 51, comma 1, del TUIR: questo stabilisce il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, per cui sono imponibili tutte le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro, inclusi beni, servizi e anche erogazioni liberali.

Tuttavia, i commi 2 e 3 dello stesso articolo introducono deroghe specifiche, individuando alcune tipologie di opere, servizi, prestazioni e rimborsi spesa che non concorrono, in tutto o in parte, alla formazione del reddito imponibile. Queste eccezioni sono valide solo se le erogazioni in natura non eludono i criteri ordinari di determinazione del reddito e rispettano i principi costituzionali di capacità contributiva e progressività.

Sul punto vale la pena di menzionare la risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020. Questa chiarisce che, se i benefit aziendali offerti attraverso un piano di welfare rispondono a finalità retributive, non possono beneficiare del regime di esenzione fiscale previsto dall’articolo 51, commi 2 e 3 del TUIR.

Infatti, le disposizioni fiscali agevolative:

  • non si applicano a somme retributive sostituite da benefit per libera scelta del lavoratore;
  • non possono essere estese a casi non previsti espressamente dalla norma.

Non è quindi conforme ai principi in materia di redditi da lavoro dipendente consentire una riduzione dell’imponibile solo in base alla modalità retributiva scelta dal dipendente (denaro o benefit).

Pertanto:

  • I benefit concessi in sostituzione di premi in denaro, se scelti individualmente dai lavoratori, devono essere tassati secondo le regole ordinarie;
  • Il loro valore è rilevante ai fini del reddito da lavoro dipendente, salvo quanto previsto da deroghe specifiche di legge.

Agevolazioni fiscali per i premi di risultato: condizioni e limiti

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto un regime fiscale agevolato per i premi di risultato di ammontare variabile, collegati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione. Tali premi sono soggetti a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e relative addizionali, purché siano misurabili e verificabili secondo criteri definiti da apposito decreto ministeriale.

Il comma 184 della legge consente ai lavoratori di convertire i premi di risultato in prestazioni di welfare aziendale. In tal caso, i benefit:

  • non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente;
  • non sono soggetti all’imposta sostitutiva, se rientrano nelle fattispecie dell’art. 51, commi 2 e 3 del TUIR.

Secondo la circolare n. 28/E del 15 giugno 2016, questa detassazione è valida solo se:

  • le somme convertite sono premi o utili agevolabili ai sensi del comma 182;
  • la contrattazione di secondo livello prevede espressamente la facoltà di conversione in welfare.

La conversione di retribuzione ordinaria (non premi) in benefit non rientra nel regime agevolato. In assenza delle condizioni sopra elencate, si applicano le ordinarie regole fiscali sul reddito da lavoro dipendente.

Esclusione dal regime fiscale agevolato

Nel caso analizzato, la società istante dichiara di aver stipulato un accordo sindacale in attuazione di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale applicabile. Tale intesa prevede l’eliminazione di alcune indennità considerate superate e l’introduzione della possibilità, per i lavoratori interessati, di destinare gli importi corrispondenti a forme di welfare aziendale.

Come risulta dall’accordo, a partire dal 1° gennaio 2025, saranno eliminate tre specifiche indennità. Ai lavoratori ancora in forza alla data del 31 dicembre 2024 che percepivano tali voci retributive viene offerta la possibilità di scegliere tra due soluzioni:

  1. ricevere l’importo sotto forma di assegno "ad personam", pari al 100% della media percepita nei cinque anni precedenti, in cifra fissa, non rivalutabile né riassorbibile, per un totale di 12 mensilità;
  2. convertire la somma in credito welfare, in misura pari al 105% o 110% della media quinquennale, sempre come cifra fissa e non rivalutabile, a seconda dell’indennità soppressa.

In assenza di una scelta esplicita da parte del dipendente, la somma verrà erogata automaticamente nella forma “ad personam”.

Poiché nel caso in esame non ricorrono le condizioni previste dall’art. 1, comma 184 della Legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), l’Agenzia delle Entrate osserva che la conversione delle indennità soppresse in benefit di welfare aziendale non soddisfa le finalità sociali richieste dall’articolo 51, commi 2 e 3, del TUIR.

Infatti, l’operazione ha lo scopo di sostituire componenti retributive imponibili con utilità alternative, senza una vera generalizzazione del beneficio né l’intento di promuovere beni o servizi di rilievo sociale.

Conseguenze fiscali

Conferma tale valutazione anche il fatto che, in mancanza di una manifestazione di volontà del dipendente, l’importo viene comunque riconosciuto in forma monetaria, come retribuzione individuale.

Pertanto, l’Agenzia conclude, nella risposta n. 195 del 30 luglio 2025, che le somme derivanti dalla conversione di indennità obsolete in welfare, essendo frutto di una scelta individuale del lavoratore e rappresentando comunque una forma di compenso, non possono beneficiare dell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente prevista dall’articolo 51 del TUIR.

Di conseguenza, tali importi devono essere assoggettati a tassazione secondo le regole ordinarie.

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