Cellulari, altolà alla concessione

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L’articolo 3 del decreto ministeriale numero 33 dell’anno ’90, impone agli abbonati del servizio radiomobile pubblico che consente l’utilizzo del telefono cellulare, il “rilascio all’utente di un documento che attesta la sua condizione di abbonato al servizio; tale documento sostituisce a tutti gli effetti la licenza di stazione radio”.

Un altro articolo, il 21 della tariffa allegata al Dpr 641/72, stabilisce che venga versata la tassa di concessione governativa per la “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (articolo 318, Dpr 29/03/73, n. 156/73)”.

Pertanto, il contratto d’abbonamento sarebbe oggetto della tassazione. Ma, l’articolo 318 del Dpr 156/1973 non è più in vigore, perchè abrogato dal nuovo Codice delle comunicazioni (Dlgs 259/03, articolo 218) che esprime il principio in virtù del quale, in quanto di preminente interesse generale, la fornitura di servizi di comunicazione elettrica è “libera”. Resta il solo obbligo di un’autorizzazione generale in capo al gestore del servizio. Proprio per effetto delle disposizioni che regolano il nuovo Codice delle comunicazioni, recita la pronuncia della Ctp di Perugia 222/07, a partire dal 16 settembre 2003, data di entrata in vigore del Dlgs 259, non è più dovuta all’Erario la tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile in abbonamento.

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