Caparra penitenziale trattenuta per recesso di parte acquirente? Niente Irpef

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Caparra penitenziale trattenuta per recesso di parte acquirente? Niente Irpef

L’importo trattenuto dal promittente venditore a titolo di caparra penitenziale costituisce plusvalenza tassabile?

Secondo la Corte di cassazione va escluso in radice che si possa attribuire all’importo suddetto, trattenuto dal promittente venditore per effetto dell’esercizio del diritto di recesso del promittente acquirente, natura di “provento conseguito in sostituzione di reddito”, nella specie plusvalenza, quale reddito diverso, assoggettabile a tassazione.

L’incasso da parte del promittente venditore si configura soltanto come corrispettivo del diritto di recesso attribuito al promittente acquirente e da quest’ultimo esercitato.

Inoltre, in considerazione del chiaro discrimine, sul piano testuale, tra caparra penitenziale, disciplinata dall’art. 1386 c.c., e clausola penale di cui all’art. 1382 c.c., anche in relazione alla caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 c.c., nonché del piano sistematico, non si può considerare la caparra in oggetto come risarcimento della perdita di proventi che, per loro natura, avrebbero generato redditi tassabili in ragione del conseguimento di una plusvalenza.

Caparra penitenziale: niente plusvalenza né risarcimento

E’ sulla base di questi assunti che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 27129 del 23 ottobre 2019, ha accolto il ricorso promosso da un contribuente contro le decisioni con cui, nel merito, era stata affermata la legittimità di un avviso di accertamento ai fini Irpef, notificatogli in relazione ad un’asserita plusvalenza non dichiarata.

Nel caso in esame, l’accertamento era stato disposto rispetto ad una promessa di vendita di due terreni aventi destinazione agricola, per i quali non si era addivenuti alla stipula dell’atto definitivo di trasferimento in quanto il promittente acquirente aveva esercitato il diritto di recesso.

Il recesso aveva legittimato il contribuente, quale promittente venditore, ad incassare la somma già versata a titolo di caparra penitenziale.

Il ricorrente si era opposto alle argomentazioni rese nella decisione impugnata, nella parte in cui era stato ritenuto che, nella fattispecie in esame, potesse parlarsi di plusvalenza tassabile sebbene non vi fosse stata alcuna cessione di terreni (posto che il preliminare di vendita non aveva avuto alcun seguito) e i fondi in questione avessero natura agricola.

Inoltre, secondo il contribuente, la CTR avrebbe dovuto considerare che l’incameramento della caparra penitenziale, quale corrispettivo del recesso del promittente acquirente e privo, peraltro, di natura risarcitoria, non poteva porsi come sostitutivo di alcun reddito.

In definitiva, non poteva ritenersi sussistere alcuna plusvalenza assoggettabile a tassazione.

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