Abuso del diritto: quando è legittimo il risparmio fiscale

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Abuso del diritto: quando è legittimo il risparmio fiscale

Il viceministro Leo ha ratificato, il 27 febbraio 2025, l'atto di indirizzo sull’abuso del diritto stabilito dallo Statuto del contribuente (art. 10-bis, L. n. 212/2000): il contribuente ha il diritto di optare per l'alternativa fiscalmente più favorevole.

Al contribuente che adotta l'opzione più vantaggiosa fiscalmente, sia che questa scelta sia disponibile fin dall'inizio sia che si organizzi successivamente per tale opzione, non si può imputare un abuso di diritto. Questa accusa rimane comunque un'argomentazione secondaria rispetto ai casi di evasione fiscale, che possono includere atti di frode.

Principi fondamentali dell'abuso del diritto

Dunque, con il documento si mira a offrire agli uffici le linee guida metodologiche indispensabili per un'attuazione dell'articolo 10-bis che sia contemporaneamente fedele alla sua finalità originale e rispettosa delle decisioni contrattuali del contribuente, incluse quelle che permettono a quest'ultimo di beneficiare di un legittimo risparmio fiscale.

Inizialmente, il documento esamina l'evoluzione della normativa partendo dall'articolo 37 bis del DPR n. 600/1973 fino alla disposizione attuale, che, come già menzionato, si trova nello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000).

Nei primi passi, l’abuso del diritto veniva identificato, nelle operazioni del contribuente, come l’assenza di valide ragioni economiche extrafiscali. Ciò aveva portato a vedere l’abuso del diritto in talune operazioni per il solo fatto che avesse tratto un vantaggio fiscale, senza verificare che tale vantaggio fosse veramente indebito, in quanto il risultato di aggiramento di obblighi e divieti di norme tributarie.

Pertanto, è diventato indispensabile sostituire quella prospettiva con una nuova normativa inclusa nello Statuto, applicabile a tutte le imposte e irrilevante ai fini delle sanzioni penali.

Con l'introduzione dell'articolo 10 bis tramite la L. n. 212 del 2000, che costituisce lo Statuto dei Diritti del Contribuente, il legislatore ha stabilito i criteri fondamentali per definire l'abuso del diritto e ha istituito le salvaguardie sostanziali e procedurali essenziali per garantire chiarezza e trasparenza reciproca nelle interazioni tra l'amministrazione finanziaria e i contribuenti.

Risparmio fiscale: legittimità

Fondamentale è il principio che ne è emerso: il risparmio fiscale deve sempre essere ritenuto legittimo, sia quando scaturisce dalla selezione di un regime facoltativo meno gravoso previsto dal sistema normativo, sia quando proviene da un'operazione alternativa a un'altra egualmente legittima ma con un carico fiscale inferiore, mantenendo inalterata la libertà del contribuente di gestire le proprie attività nella maniera fiscalmente più vantaggiosa.

Nell’atto di indirizzo del 27 febbraio 2025, si chiarisce che l'articolo 10 bis dello Statuto del contribuente demarca il confine tra questa libertà e quelle azioni che, pur non trasgredendo direttamente alcuna legge fiscale e quindi non costituendo casi di evasione fiscale, contravvengono allo spirito delle normative tributarie e ai principi del sistema fiscale.

Dunque, l’abuso del diritto è residuale e differente dall’evasione, che nasce invece dalla violazione delle disposizioni fiscali.

Non si configura abuso del diritto nei casi di risparmi illeciti derivanti da violazioni di norme fiscali: in tale caso si è sul piano dell’evasione dall’imposta.

Solo il risparmio di imposta indebito cioè ottenuto rispettando formalmente la lettera della norma, ma tradendone lo spirito, determina l'abuso.

Per tale ragione, come chiarito dalla relazione illustrativa all'articolo 10 bis, la disciplina dell'abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o reati tributari in particolare l'evasione e la frode, queste fattispecie vanno perseguite con gli strumenti che l'ordinamento già offre.

Di conseguenza, devono essere rimossi dall'ambito dell'abuso del diritto e classificati come evasione fiscale non solo tutti gli episodi di manifesta infrazione delle norme tributarie, ma anche le situazioni di simulazione e frode, che si distinguono per una distorsione della realtà.

Situazioni di abuso del diritto

Vengono confermati i tre criteri fondamentali dell'abuso, ovvero:

  • il conseguimento di vantaggi fiscali non legittimi;
  • la mancanza di sostanza economica nell'operazione o nelle serie di operazioni;
  • la centralità del vantaggio fiscale non legittimo.

Il vantaggio, tuttavia, deve essere non legittimo; in assenza di un tale beneficio fiscale, l'analisi contro l'abuso deve considerarsi conclusa poiché non sussiste il primo criterio di elusione.

Il vantaggio fiscale comprende una varietà di forme, tra cui riduzioni d'imposta, rimborsi, crediti d'imposta, perdite, regimi sostitutivi, deduzioni e detrazioni. Per determinare se un vantaggio sia non legittimo, è necessario valutare se occorre fare riferimento alla norma fiscale utilizzata dal contribuente o a quelle che avrebbero costituito un'alternativa più diretta. Per le singole operazioni, l'atto di indirizzo preferisce la prima opzione, in linea con il principio di libertà di scelta del contribuente. Dunque occorre “guardare alla ratio della norma applicata dal contribuente al fine di verificare se tale ratio sia stata rispettata: l’esito favorevole di questo esame esclude ipso facto l’abuso ed esaurisce ogni altra verifica”.

Adozione di un regime fiscale in itinere

Con riferimento all’applicazione di regimi fiscali di favore, può verificarsi il caso che il contribuente si trovi nella situazione di non potere fruire immediatamente dell’opzione e modifichi le proprie scelte negoziali precedenti per realizzare le condizioni richieste dalla norma e fruire della stessa.

In tale ipotesi, l’indirizzo interpretativo sostiene che sia illogico che un regime fiscale possa essere applicato solo all'origine, potendo essere considerato abusivo se adottato in un momento successivo. Questo principio è già stato dedotto dalla prassi amministrativa, che ha ritenuto legittime le operazioni "preparatorie" per l'accesso a regimi fiscali agevolati (come assegnazioni e trasformazioni facilitati, consolidamento fiscale, ecc.).

Abuso del diritto e rivalutazione delle partecipazioni

In questo contesto, si colloca la rivalutazione delle quote societarie per ridurre la tassazione sulla plusvalenza che si genera dalla futura vendita a terzi delle stesse.

Viene sottolineato che attraverso la normativa sulla rivalutazione (articolo 5 della legge n. 448 del 2001 e modifiche successive) il legislatore permette ai contribuenti che possiedono partecipazioni in società al di fuori di un'attività imprenditoriale, di aumentare il costo fiscalmente riconosciuto delle stesse mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva, con l'obiettivo di diminuire o annullare la tassazione sulle plusvalenze ottenute con la futura vendita delle quote.

Come illustra l'atto di indirizzo, dato che la normativa fiscale sulla rivalutazione non stabilisce limiti formali né impone obblighi specifici sulla vendita delle quote rivalutate, il valore aggiornato può essere impiegato per ridurre la tassazione sulle plusvalenze ottenute non solo quando si calcolano le plusvalenze imponibili da vendite a terzi indipendenti, ma anche nelle vendite delle quote a altri soci (recesso atipico), sempre escludendo le transazioni puramente circolari.

Operazioni complesse

Nella regolamentazione dell'abuso del diritto, sono pertinenti non solo eventi, atti o contratti isolati (singole operazioni), ma anche “insiemi complessi di eventi, atti o contratti che si interconnettono e si riferiscono al perseguimento (e alla realizzazione) di un interesse del contribuente; per stabilire un collegamento tra diversi atti, eventi e contratti, è necessario identificare l'intento specifico del contribuente nel realizzare un progetto unitario e la correlazione di questi elementi a tale progetto, considerando anche la loro successione temporale”.

L'analisi della conformità alle finalità delle norme fiscali diventa quindi più intricata in questi contesti.

Il vantaggio fiscale indebito non deve necessariamente emergere dall'esito di singoli atti, eventi o contratti realizzati, ma piuttosto dall'esito del collegamento di tali elementi, attraverso i quali si è manifestato o realizzato il piano unitario del contribuente. In questi scenari, per determinare la natura indebita del vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, può risultare utile considerare non solo la finalità delle norme applicate dal contribuente, ma anche i principi dell'ordinamento tributario, quali ad esempio, il principio di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, il divieto di doppia deduzione, e il divieto di elusioni fiscali non intese dal legislatore.

Conclusione dell’analisi antiabuso

Una volta completata e conclusa negativamente l'indagine preliminare sull'acquisizione di un vantaggio fiscale indebito da parte del contribuente, l'analisi antiabuso dovrebbe considerarsi conclusa per l'assenza del primo e più critico criterio di abuso del diritto.

Al contrario, se si accerta l'esistenza di un vantaggio fiscale indebito — ottenuto in violazione dello spirito delle norme fiscali o dei principi del sistema tributario — per identificare come abusiva la condotta del contribuente è necessario continuare ad indagare sulla presenza degli altri requisiti essenziali dell'abuso: la mancanza di sostanza economica e la centralità del vantaggio fiscale indebito.

La mancanza di sostanza economica, che si distingue da mere costruzioni artificiali, si manifesta quando gli strumenti giuridici utilizzati sono incoerenti con le usuali dinamiche di mercato. Ciò può includere una serie di azioni che si annullano a vicenda (operazioni circolari) o un'applicazione distorta degli strumenti legali. È rilevante notare che la mancanza di sostanza e l'essenzialità di un vantaggio fiscale non legittimo rappresentano due aspetti dello stesso problema e tendono a verificarsi insieme.

Quando tutti e tre questi elementi sono presenti, il contribuente deve fornire prove di motivazioni valide e significative al di là delle questioni fiscali, dimostrando che l'azione non sarebbe stata intrapresa senza tali motivazioni.

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