Visite mediche per valutare le condizioni dei lavoratori e privacy

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Visite mediche per valutare le condizioni dei lavoratori e privacy

È convinzione dei datori di lavoro credere di essere in regola col Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) nominando il medico competente quando obbligatorio.

Poiché, quindi, i casi in cui si deve nominare il medico competente, dipendono dal tipo di rischi presenti in azienda, si ritiene che, in genere, il medico vada nominato, almeno, in caso di:

  • lavorazioni che prevedono la movimentazione manuale di carichi o movimenti ripetuti delle braccia;
  • lavoratori addetti al videoterminale per almeno 20 ore medie settimanali;
  • esposizione ad agenti fisici come rumore, ultrasuoni, infrasuoni, vibrazioni meccaniche, campi elettromagnetici, radiazioni ottiche, polveri e microclima;
  • esposizione a sostanze pericolose: chimiche, cancerogene, mutagene e sensibilizzanti;
  • esposizione ad agenti biologici;
  • lavoro notturno;
  • esposizione a radiazioni ionizzanti;
  • lavoro nei cassoni ad aria compressa;
  • lavoro in ambienti confinati;
  • lavori su impianti elettrici ad alta tensione;
  • posture incongrue;
  • lavori in altezza;
  • lavori soggetti a controllo di assenza di tossicodipendenza e alcool dipendenza.

In realtà il rischio che così l’azienda corre non è da poco.

Infatti ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. e, il datore di lavoro è tenuto, nell'affidare i compiti ai lavoratori, a tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza.

Questo articolo del Testo Unico in realtà viene troppo spesso sottovalutato ma è grazie alla giurisprudenza che, invece, se ne può, e se ne deve, cogliere l’importante norma basilare in forza della quale non si possono adibire i lavoratori a mansioni, anche semplici, che non sono compatibili con lo stato di salute del prestatore di lavoro.

Tutto questo assumere ancora più importanza oggigiorno in emergenza Coronavirus con la necessità di effettuare la sorveglianza sanitaria sui c.d. lavoratori fragili.

A tal proposito il riferimento è alla circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 13 del 4 settembre 2020, la quale prevede che vada assicurata al lavoratore la possibilità di richiedere al proprio datore di lavoro l'attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria, in ragione dell'esposizione al rischio da COVID-19, in presenza di patologie con scarso compenso clinico come malattie cardiovascolari, respiratorie e metaboliche, con documentazione medica attestante la relativa patologia.

Posto, quindi, che può essere il lavoratore stesso a chiedere eventualmente di essere sottoposto a visita medica all’azienda, come occorre comportarsi qualora si dovesse ricevere una richiesta in tal senso? E cosa potrebbe accadere se il lavoratore, pur essendo a conoscenza di alcuni suoi problemi medici non ne mettesse a conoscenza il datore di lavoro e poi dovesse avere problemi legati al COVID- 19?

Nel primo caso il datore di lavoro dovrebbe immediatamente esonerare dal lavoro attivo il dipendente in attesa di fargli effettuare la visita da un medico del lavoro il quale dovrà esprimere un giudizio di idoneità/non idoneità fornendo indicazioni per l’adozione di soluzioni cautelative per la sua salute.

Nel secondo caso è ovvio che, se dalle eventuali visite precedenti, non sono mai emerse prescrizioni cui attenersi, l’azienda non potrà avere responsabilità alcuna se non dovesse sottoporre il lavoratore a nuova visita specifica per il Coronavirus.

Tuttavia è ammissibile che il dipendente soffra, effettivamente, di malattie non gravi di cui non abbia mai reso partecipe né il datore né il medico competente (se presente in azienda) per questo chi scrive – pur sempre nel rispetto massimo della privacy – suggerisce di informare tutti i propri dipendenti della possibilità di richiedere, in questo periodo, adeguate misure di sorveglianza sanitaria, proprio in ragione dell'esposizione al rischio da Coronavirus, in presenza di patologie che si possano ritenere a rischio o idonee a valutare il lavoratore quale soggetto fragile.

Privacy

In tutta questa questione, però, la privacy deve avere la sua priorità in quanto si tratteranno dati relativi alla salute che, ricordiamo, in generale, il datore di lavoro può trattare senza consenso del dipendente per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale e protezione sociale.

Posto che, quindi, anche le richieste di sorveglianza sanitaria per COVID-19 presentate da coloro che abbiano patologie con scarso compenso clinico rientrano nei dati relativi alla salute, è importante tenere presente che non solo la documentazione da allegare (e che potrà essere vista solo dal medico) dovrà necessariamente essere presentata in busta sigillata, ma tali dati – e quindi tali domande – potranno solo essere gestiti direttamente dal titolare del trattamento (datore di lavoro) o da chiunque agisca sotto la sua autorità e sia stato istruito in tal senso (es: gli addetti all’ufficio del personale), ex art. 29 del Regolamento UE 2016/679.

Per completezza di informazioni si rammenta che far trattare i dati personali a chi non abbia avuto adeguate istruzioni può comportare una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000.000 Euro, o per le imprese, fino al 2 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, se superiore.

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