Assenze ingiustificate. Licenziamento illegittimo, non discriminatorio

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La sentenza del Tribunale di Rieti, 11 giugno 2025, n. 279 affronta un caso di licenziamento disciplinare per assenze ingiustificate, connesso alla condizione di handicap grave del lavoratore ex art. 3, comma 3, legge n. 104/1992.

Lavoratore affetto da patologia invalidante addetto

Dal ricorso in riassunzione emerge una vicenda lavorativa complessa che ha avuto origine con l’assunzione del lavoratore, nel giugno 2019, con contratto a tempo determinato part-time come giardiniere presso una ditta individuale.

Nel gennaio 2020 il dipendente scopre di essere affetto da una patologia mieloproliferativa cronica, invalidante al 100%, che lo rende titolare di handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge n. 104/1992.

Successivamente, nel maggio 2020, il rapporto è regolato da nuovo contratto a tempo indeterminato part-time, con inquadramento contrattuale al V livello del CCNL artigiani settore pulizie e servizi e per le seguenti mansioni: "potature degli alberi, sfalcio e taglio dell'erba, travasi di piante, trattamenti fitosanitari, trasporto di materiali in discarica".

Contestazioni del lavoratore

Il ricorrente descrive un contesto di lavoro gravoso e incompatibile con le proprie condizioni di salute. In particolare, lamenta:

  • l’assegnazione a compiti eccessivamente pesanti e rischiosi (es. raccolta e smaltimento rifiuti speciali, attività in ambienti insalubri);
  • l’assenza di dispositivi di protezione individuale forniti dal datore, che egli stesso ha dovuto procurarsi;
  • il superamento sistematico dell’orario part-time contrattuale, senza pagamento di straordinari;
  • atteggiamenti vessatori e minacciosi da parte del titolare e del responsabile, che lo avrebbero intimorito soprattutto quando usufruiva dei permessi ex L. 104/1992.

Addebito disciplinare

In data 8 giugno 2022, il medico curante certificava un aggravamento dello stato di salute e rilasciava un certificato telematico inviato al datore di lavoro. Nella stessa giornata, il lavoratore inviava un messaggio telefonico al responsabile, avvisandolo della propria assenza.

Nonostante le comunicazioni rese dal lavoratore e la documentazione sanitaria prodotta, in data 13 giugno 2022 la ditta convenuta gli notificava una lettera di contestazione disciplinare, addebitandogli l’assenza ingiustificata dal posto di lavoro. A fronte di tale addebito, il dipendente provvedeva a depositare le proprie giustificazioni, corredate da certificazione medica attestante lo stato patologico che ne aveva determinato l’assenza.

Il 23 giugno 2022 viene intimato licenziamento disciplinare per assenze ingiustificate protrattesi nei giorni 9, 10, 11 e 13 giugno 2022.

Eccezioni del ricorrente

Il recesso viene impugnato nei termini sulla base delle seguenti doglianze:

  1. insussistenza materiale del fatto.  Le assenze erano coperte da certificazione medica regolarmente trasmessa; in ogni caso, vi era stata comunicazione tempestiva al datore tramite messaggio e certificato telematico inviato dal medico;
  2. illegittimità della sanzione. Il comportamento addebitato non costituiva violazione disciplinare di gravità tale da giustificare la sanzione espulsiva;
  3. carattere discriminatorio e ritorsivo del licenziamento, legato alle condizioni di salute e alla fruizione dei permessi ex art. 33 legge n. 104/1992.
  4. violazioni contrattuali datoriali pregresse per mancata retribuzione di straordinari, mancata fornitura DPI, adibizione a mansioni incompatibili con la condizione di salute.

Sulla base di tali elementi, il ricorrente chiede la dichiarazione di inefficacia o invalidità del licenziamento e la reintegra nel posto di lavoro, con risarcimento pari alle retribuzioni perse o, in subordine, l’applicazione della tutela indennitaria massima prevista dal D.Lgs. 23/2015.

Difesa del datore di lavoro

La ditta individuale ha chiesto il rigetto del ricorso, articolando una difesa in più punti.

Con riferimento all’assenza del 9 giugno 2022, la parte resistente ha disconosciuto la validità del messaggio prodotto dal ricorrente, sostenendo che non rientrava nella prassi aziendale rivolgersi a soggetti diversi dal titolare per comunicare assenze. Inoltre la resistente ha negato di aver mai ricevuto comunicazione tempestiva di giustificazione per le ulteriori assenze. In particolare, ha evidenziato che il numero di certificato medico emesso dal curante fu comunicato dal lavoratore solo successivamente alle contestazioni disciplinari e alle giustificazioni già rese, dunque in violazione dell’art. 34 del CCNL di riferimento.

La società ha richiamato l’art. 49 del CCNL, che prevede il licenziamento come sanzione per assenze ingiustificate protratte oltre tre giorni consecutivi. Poiché le assenze si erano avvicendate in quattro giornate consecutive (9, 10, 11, 13 giugno 2022), il datore ha ritenuto legittimo il recesso.

La resistente ha poi chiarito che il proprio organico non ha mai superato le 15 unità lavorative. Ciò comporta l’inapplicabilità della tutela reintegratoria ex art. 18 Statuto dei Lavoratori e la piena operatività del regime previsto dal D.Lgs. n. 23/2015 (c.d. “contratto a tutele crescenti”), inclusa la riduzione del tetto indennitario prevista dall’art. 9 per i datori sotto soglia dimensionale.

La società ha infine fermamente negato qualsiasi comportamento discriminatorio o ritorsivo, osservando che:

  • lo stato di malattia del ricorrente era noto dal gennaio 2020 (due anni e mezzo prima del licenziamento);
  • il lavoratore aveva sempre potuto usufruire dei permessi ex legge n. 104/1992;
  • non vi erano atti o comportamenti vessatori, né adibizione a mansioni incongrue.

Legittimità del licenziamento: la questione di fondo

Il Tribunale di Rieti è stato chiamato a valutare la legittimità del licenziamento disciplinare intimato al lavoratore il 23 giugno 2022 per assenze ingiustificate protrattesi in quattro giornate consecutive (9, 10, 11 e 13 giugno 2022).

Discriminazione e ritorsione

Il Tribunale ha escluso la natura discriminatoria o ritorsiva del recesso, osservando che spetta al lavoratore allegare e dimostrare sia il fattore di rischio (handicap, fruizione permessi 104) sia il trattamento deteriore, deducendo un nesso causale con il licenziamento (Trib. Modena, 1° dicembre 2020, n. 433; Cass. 3 agosto 2023, n. 23702).

Nel caso concreto, difettava la prova di un intento espulsivo legato alla condizione di salute, considerando che la patologia era nota sin dal gennaio 2020 e che il rapporto era stato addirittura stabilizzato a tempo indeterminato nel maggio 2020.

Le testimonianze dei colleghi hanno escluso episodi di minacce o vessazioni per l’uso dei permessi ex L. 104/1992, contraddicendo le dichiarazioni della ex compagna del lavoratore.

Assenze e comunicazioni

Il giudice ha ricostruito gli obblighi previsti dall’art. 34 del CCNL di settore. Dalla ricostruzione emerge che:

  • per l’assenza del 9 giugno 2022, vi era prova della comunicazione preventiva (messaggio al responsabile, confermato in istruttoria);
  • per le giornate del 10, 11 e 13 giugno 2022, non risultava prova di comunicazioni tempestive;
  • il certificato medico, pur esistente, è stato trasmesso solo tardivamente il 17 giugno 2022.

Ne consegue che materialmente il fatto addebitato sussiste (assenze ingiustificate oltre tre giorni).

Valutazione di proporzionalità

Pur riconoscendo la sussistenza materiale dell’infrazione, il Tribunale ha escluso la legittimità del licenziamento perché sproporzionato rispetto alla condotta.

Richiamando la Cass. civ., ord. 24 marzo 2025, n. 7828, il Tribunale evidenzia che le tipizzazioni del CCNL non vincolano il giudice, occorrendo valutare la gravità concreta del fatto e la proporzionalità della sanzione.

L’inadempimento del lavoratore è qualificato come colpa limitata di natura “comunicativa” (la comunicazione è comunque avvenuta, seppur tardiva) e il comportamento non integra un notevole inadempimento ex art. 2119 c.c. tale da giustificare il recesso, ma avrebbe potuto semmai condurre a una sanzione conservativa (sospensione).

Disciplina applicabile

Accertata l’illegittimità del licenziamento, il giudice ha ritenuto applicabile il regime delle tutele crescenti (D.Lgs. n. 23/2015).

Decisione finale

Il Tribunale di Rieti, con sentenza 11 giugno 2025, n. 279:

  • dichiara illegittimo il licenziamento intimato il 23 giugno 2022;
  • dichiara estinto il rapporto di lavoro alla medesima data;
  • condanna il datore al pagamento di un’indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto;
  • condanna la società alle spese di lite (€ 4.629, oltre accessori).
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