Vandalismo a scuola. Ok all’utilizzo delle dichiarazioni rese durante le riunioni scolastiche

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 11888 del 14 marzo 2013, ha ritenuto legittimi dei documenti utilizzati in un procedimento penale per vandalismo ai danni della scuola attivato nei confronti di due minorenni accusati di aver allagato, nel 2005, l’istituto scolastico di Manziana (Roma).

La difesa degli imputati si era lamentata del fatto che le modalità di formazione di questi indizi documentali, una serie di dichiarazioni scritte, raccolte dagli insegnanti nel corso di varie assemblee di classe svolte nei giorni successivi all’episodio di grave danneggiamento, avevano violato le regole sulle “attività ispettive e di vigilanza previste da leggi e regolamenti”, in quanto erano elementi di un'indagine amministrativa, di fatto parallela all'inchiesta della polizia giudiziaria e condotta senza il doveroso collegamento.

Doglianza, quest’ultima, non ritenuta rilevante da parte dei giudici di Cassazione secondo i quali, nella specie, le riunioni di classe con gli alunni, autorizzate dalla preside, non avevano avuto “lo scopo di ricercare i colpevoli”, essendo gli organi di polizia già impegnati nelle indagini sui reati commessi, “ma quello preminente di stimolare una riflessione sull'accaduto, sollecitata anche dagli studenti che liberamente vi avevano partecipato”.

Ne discendeva che la presenza degli insegnanti in queste riunioni non potesse qualificarsi come esplicazione di un'attività ispettiva e di vigilanza. In tale contesto, - precisa altresì la Cassazione - spettava al giudice di merito “valutare la portata degli scritti degli studenti, anche tenendo conto delle circostanze in cui vennero rese, come puntualmente avvenuto”.
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