Sugli studi gli Uffici hanno perso la misura
Pubblicato il 22 dicembre 2009
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“La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (…), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano stati disattesi. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente.”. Questa la massima che è sostanza della decisione numero 26635/2009 (18 dicembre), dove le Sezioni Unite della Cassazione sanciscono che le risultanze degli studi di settore hanno natura puramente presuntiva, rappresentando un mero indicatore di un possibile comportamento illecito del contribuente. Gravità, precisione e concordanza possono invece derivare dai soli effetti del contraddittorio che per obbligo l’Ufficio deve attivare, pena la nullità dell’accertamento.
Gli studi di settore non sono, insomma, un parametro certo sul quale inoltrare la cartella di accertamento fiscale in base alla presunzione che lo scostamento dai parametri di reddito nasconda l’elusione del dovuto in termini d’imposta. La pronuncia induce l’Amministrazione centrale a raccomandare agli uffici fiscali periferici minor impeto nel considerare “non attendibili” le posizioni fiscali che si scostano dai parametri reddituali. I consulenti del lavoro propongono uno sforzo maggiore, verso la rinuncia ai contenziosi in atto e l’emanazione di un’apposita circolare operativa. Secondo Luigi Magistero, direttore Accertamento delle Entrate, il Fisco segue già da due anni la via ora tracciata dai giudici: “La circolare 5 del indicato ai propri uffici che la motivazione degli atti di accertamento basati sugli studi di settore deve dare conto, in modo esplicito, delle valutazioni che, a seguito del contraddittorio con il contribuente, hanno condotto l’ufficio a ritenere fondatamente attribuibili i maggiori ricavi o compensi determinati anche tenendo conto degli indicatori di normalità”.
- ItaliaOggi, p. 25 – Contraddittorio, mai più senza – Bongi
- Il Sole 24 Ore – Norme e tributi, p. 33 – Non basta l’esito degli studi – Deotto
- Il Sole 24 Ore – Norme e tributi, p. 33 – L’amministrazione rilancia: “Ci siamo già adeguati” – Criscione
- ItaliaOggi, p. 33 – Studi di settore, accertamenti out - Ufficio stampa del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro
- ItaliaOggi, p. 25 – Professionisti: e ora le linee giuda agli uffici locali - Bartelli
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