Soci lavoratori e appalti: quale CCNL per una retribuzione adeguata?
Pubblicato il 22 dicembre 2025
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La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32118 del 10 dicembre 2025, è intervenuta sul tema della retribuzione adeguata ex art. 36 Cost. nel lavoro cooperativo in appalto, chiarendo i criteri per individuare il contratto collettivo da assumere a parametro della verifica retributiva.
La sentenza ribadisce che, anche in presenza di un contratto collettivo “volontariamente” applicato, il giudice deve verificare d’ufficio la proporzionalità e sufficienza della retribuzione. La decisione assume particolare rilievo per cooperative, imprese appaltatrici e soci lavoratori, incidendo su contenziosi retributivi, scelta del CCNL e decorrenza della prescrizione.
Retribuzione adeguata e CCNL negli appalti: la Cassazione chiarisce
Il caso esaminato
Il caso riguarda un socio lavoratore di cooperativa impiegato, in forza di un appalto, presso uno stabilimento di una società committente operante nel settore alimentare.
Il lavoratore svolgeva stabilmente mansioni di appendimento di polli e tacchini, consistenti nel maneggiamento, immobilizzazione e sospensione degli animali, attività direttamente correlate alle operazioni di macellazione svolte dalla committente e funzionali al ciclo produttivo alimentare.
Il contratto collettivo applicato e quello rivendicato
La cooperativa applicava il CCNL trasporto, merci e logistica, ritenendo l’attività riconducibile alla mera movimentazione. Il lavoratore rivendicava invece il CCNL cooperative alimentari, sostenendo che le mansioni svolte rientrassero nel settore agroalimentare. La controversia si incentra sulle differenze di ambito settoriale e merceologico tra i due contratti collettivi.
Le decisioni dei giudici di merito
La sentenza di primo grado
Il Tribunale, in primo grado, ha respinto le domande del socio lavoratore, ritenendo legittima l’applicazione del CCNL trasporto, merci e logistica e corretto l’inquadramento delle mansioni svolte nell’ambito della logistica.
È stata esclusa la sussistenza di differenze retributive, sul presupposto che il trattamento economico riconosciuto fosse conforme ai minimi contrattuali applicati.
La pronuncia della Corte d’appello
La Corte d’appello ha in parte riformato la decisione, confermando però l’applicazione del CCNL logistica e negando la violazione dell’art. 36 Cost., poiché il lavoratore non aveva allegato né provato l’inadeguatezza della retribuzione.
È stata inoltre ritenuta operante la prescrizione dei crediti retributivi maturati in corso di rapporto.
Da qui il ricorso per cassazione del socio lavoratore.
I motivi del ricorso in Cassazione
Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato l’erronea applicazione del CCNL trasporto, merci e logistica, deducendo la violazione dell’art. 36 Cost. e chiedendo l’adeguamento della retribuzione ai criteri di proporzionalità e sufficienza.
Con il secondo, terzo e quarto motivo, ha contestato la qualificazione dell’attività oggetto di appalto come mera logistica, sostenendo che le mansioni svolte integrassero prestazioni analoghe proprie del settore alimentare e imponessero l’assunzione, ai fini della verifica retributiva, di un contratto collettivo di riferimento coerente con la categoria merceologica dell’attività svolta.
Con il settimo e l’ottavo motivo, infine, ha censurato la decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in costanza di rapporto, richiamando gli effetti della riforma del 2012 sul regime di stabilità del socio lavoratore di cooperativa.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato analiticamente i motivi di ricorso, giungendo a un accoglimento solo parziale.
Nel rigettare il primo motivo di ricorso, la Corte si è posta in linea di continuità con l’orientamento delle Sezioni Unite (in particolare Cass., Sez. Un., n. 2665 del 1997), secondo cui, nella contrattazione collettiva di diritto comune, il lavoratore non può pretendere l’applicazione di un CCNL a cui non ha aderito il datore di lavoro, potendo tuttavia richiamarlo come parametro esterno di verifica della retribuzione adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost.
In tale prospettiva, ossia, qualora il contratto collettivo applicato dal datore risulti non coerente con l’attività svolta o determini una retribuzione non proporzionata e sufficiente, il giudice non è vincolato ai relativi minimi retributivi ed è tenuto a procedere all’adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., assumendo come riferimento parametrico il trattamento previsto per prestazioni analoghe.
Sono stati accolti, quindi, il secondo, il terzo e il quarto motivo, sull'assunto dell'erroneità della qualificazione dell’attività oggetto di appalto come mera logistica: le mansioni di appendimento di animali sono state ritenute direttamente correlate alla macellazione e riconducibili al settore alimentare.
La Corte ha chiarito che la domanda di applicazione di un diverso CCNL implica una domanda di adeguamento retributivo costituzionale, che il giudice deve verificare d’ufficio, senza addossare al lavoratore l’onere di una comparazione tra contratti collettivi.
Sono stati altresì accolti il settimo e l’ottavo motivo, sull'assunto secondo cui, a seguito della riforma del 2012, il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa non è assistito da un regime di stabilità, con la conseguenza che, per i crediti non già prescritti, il termine di prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Gli ulteriori motivi sono stati dichiarati assorbiti, in quanto dipendenti dall’accoglimento delle censure relative alla retribuzione adeguata e alla corretta individuazione del contratto collettivo di riferimento.
In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio, demandando al giudice di merito di procedere a una nuova valutazione della retribuzione alla luce dei principi affermati e di regolare nuovamente le spese di giudizio.
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