Nuova fiscalità del Terzo settore: in consultazione pubblica la circolare Entrate
Pubblicato il 22 dicembre 2025
In questo articolo:
- Ambito e obiettivi della circolare
- Contesto normativo e principali novità
- Attività di interesse generale, attività diverse e raccolta fondi
- Il ruolo centrale dell’articolo 79 del Codice del Terzo settore
- Pluralità di attività e modalità di svolgimento del test
- Costi rilevanti e criteri di imputazione
- Il margine di tolleranza del 6%
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Dal 19 dicembre 2025 è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate la bozza di circolare dedicata alla disciplina fiscale degli enti del Terzo settore, attualmente in consultazione pubblica. Il documento rappresenta un passaggio di particolare rilievo nel percorso di attuazione della riforma fiscale del Terzo settore, fornendo i primi chiarimenti interpretativi e applicativi sulle disposizioni del Codice del Terzo settore (Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117), come recentemente modificato dal Decreto legislativo 186/2025.
I soggetti interessati possono trasmettere osservazioni e proposte di modifica o integrazione fino al 23 gennaio 2026, inviando un’e-mail all’indirizzo dc.pflaenc@agenziaentrate.it. Per agevolare l’analisi dei contributi, l’Agenzia richiede l’utilizzo di uno schema articolato in quattro sezioni: Tematica, Paragrafi della circolare interessati, Osservazioni e Contributi.
La finalità della consultazione è consentire all’Amministrazione finanziaria di valutare i contributi pervenuti, al fine di recepirli, se ritenuto opportuno, nella versione definitiva della circolare. Al termine della consultazione, i commenti ricevuti saranno pubblicati, salvo espressa richiesta di non divulgazione.
Ambito e obiettivi della circolare
La bozza di circolare si rivolge agli enti del Terzo settore (ETS) iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) e vuole chiarire il nuovo assetto fiscale applicabile ai fini delle imposte sui redditi, destinato a trovare applicazione a partire dal periodo d’imposta 2026.
Particolare attenzione è riservata:
- alla decorrenza delle nuove regole fiscali;
- all’abrogazione e disapplicazione dei regimi previgenti della fase transitoria;
- ai criteri di qualificazione fiscale degli ETS, sia con riferimento alle singole attività sia all’ente nel suo complesso.
Contesto normativo e principali novità
La bozza di circolare si colloca all’interno di un quadro normativo profondamente rinnovato, delineato dalle modifiche introdotte dal Decreto legislativo 4 dicembre 2025, n. 186, che ha apportato correttivi sostanziali al Codice del Terzo settore (Dlgs n. 117/2017). L’intervento legislativo è finalizzato a rendere pienamente operativa la riforma fiscale del Terzo settore, superando le incertezze interpretative emerse nel periodo transitorio e fornendo un assetto applicativo più coerente e sistematico.
In questo contesto, la circolare individua e approfondisce alcuni snodi centrali della nuova disciplina fiscale. In primo luogo, vengono precisati i criteri di non commercialità delle attività di interesse generale, definendo i parametri rilevanti ai fini della qualificazione delle stesse come non commerciali ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES). Ampio spazio è inoltre riservato alla qualificazione fiscale degli enti, con indicazioni puntuali sulla distinzione tra enti commerciali ed enti non commerciali, elemento determinante per l’individuazione del regime impositivo applicabile.
La bozza affronta, inoltre, il tema del mutamento di qualifica fiscale, fornendo specifiche indicazioni sul trattamento dei beni strumentali in caso di variazione della natura fiscale dell’ente, nonché sulle conseguenze fiscali connesse a tali operazioni. Il quadro interpretativo è completato da chiarimenti sul superamento del regime transitorio e sull’adeguamento degli enti al nuovo sistema fiscale del Codice del Terzo settore, destinato a trovare applicazione a partire dal periodo d’imposta 2026.
Attività di interesse generale, attività diverse e raccolta fondi
La circolare dedica un’attenzione specifica ai principali profili applicativi delle nuove norme fiscali, con riferimento al trattamento, ai fini delle imposte sui redditi, delle attività di interesse generale, delle attività diverse e delle attività di raccolta fondi svolte dagli enti del Terzo settore.
Per ciascuna tipologia di attività, il documento fornisce indicazioni utili a delimitare l’ambito della non commercialità e a individuare correttamente il regime fiscale applicabile, in coerenza con i criteri previsti dal Codice del Terzo settore. In tale ambito, vengono affrontati anche i profili relativi al trattamento fiscale dei contributi e degli apporti pubblici, nonché le modalità di imputazione delle entrate e dei costi connessi alle diverse attività esercitate.
Il quadro è completato da richiami ai regimi fiscali applicabili alle diverse categorie di enti, inclusi quelli operanti in forma di impresa sociale, al fine di fornire una lettura organica e coordinata delle disposizioni fiscali che interesseranno gli enti iscritti al RUNTS nella fase di piena operatività della riforma.
Il ruolo centrale dell’articolo 79 del Codice del Terzo settore
Un punto qualificante della bozza di circolare è rappresentato dall’analisi dell’articolo 79 del Codice del Terzo settore, norma cardine per la definizione della qualificazione fiscale:
- delle attività di interesse generale (commi 2 e 2-bis);
- dell’ente nel suo complesso (comma 5).
Il test di non commercialità
Con riferimento alle attività di interesse generale, la circolare ribadisce che la non commercialità è verificata attraverso il raffronto tra i corrispettivi percepiti e i costi effettivi sostenuti.
L’attività è considerata non commerciale se svolta:
- a titolo gratuito, oppure
- a fronte di corrispettivi non superiori ai costi effettivi.
La qualifica di non commercialità è mantenuta anche in presenza di un margine positivo non superiore al 6% dei costi, a condizione che tale scostamento non si ripeta per più di tre periodi d’imposta consecutivi.
Pluralità di attività e modalità di svolgimento del test
Nell’ambito dell’applicazione dei criteri previsti dall’articolo 79 del Codice del Terzo settore, la bozza di circolare affronta un tema che aveva generato rilevanti incertezze applicative, fornendo chiarimenti sulle modalità di svolgimento del test di non commercialità nei casi in cui l’ente svolga una pluralità di attività di interesse generale.
In particolare:
- il test è svolto in modo unitario quando le attività presentano caratteristiche omogenee sotto il profilo strutturale e funzionale, desumibili da elementi oggettivi, quali l’utilizzo di risorse comuni e la presenza di costi ed entrate promiscui;
- in mancanza di tali requisiti, il raffronto deve essere effettuato separatamente per ciascuna attività di interesse generale.
Per gli enti con entrate complessive non superiori a 300.000 euro, la circolare riconosce la possibilità di considerare unitariamente le attività di interesse generale ai fini del test, indipendentemente dal possesso della personalità giuridica.
Costi rilevanti e criteri di imputazione
Quanto ai costi da considerare nel raffronto, l’Agenzia conferma un approccio di “costo pieno”, includendo:
- costi diretti;
- costi indiretti e generali;
- oneri finanziari;
- oneri tributari.
In presenza di costi promiscui, l’imputazione può avvenire in proporzione ai ricavi delle singole attività, secondo un criterio coerente con l’articolo 144 del Tuir; resta comunque ferma la possibilità di adottare criteri alternativi fondati sull’inerenza, purché idonei a rappresentare correttamente l’effettivo impiego delle risorse.
Il margine di tolleranza del 6%
Un ulteriore chiarimento di rilievo riguarda la natura del margine del 6%, qualificato dalla circolare come clausola di salvaguardia temporanea e non come franchigia strutturale.
Il triennio di tolleranza:
- decorre solo da un esercizio in cui l’attività risulti pienamente non commerciale;
- una volta esaurito, può essere riattivato esclusivamente a seguito del ripristino di tale condizione.
In assenza di tale ripristino, la prosecuzione di scostamenti positivi, anche se contenuti entro il limite del 6%, comporta la qualificazione dell’attività come commerciale.
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