“Start up”, deduzioni rinviate

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Al comma 3, dell’articolo unico del decreto sui nuovi criteri di deducibilità delle spese di rappresentanza, si prevede che per le imprese in fase di start up, le spese di rappresentanza sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui vengono conseguiti i primi ricavi possono essere portate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo se e nella misura in cui le spese sostenute in tali periodi siano inferiori all’importo deducibile. Dunque, per le imprese di nuova costituzione le spese di rappresentanza vengono ammesse in deduzione in relazione alla riconducibilità delle stesse ai ricavi dell’impresa. Si tratta di un ampliamento del concetto di inerenza, che ora viene esteso ad individuare il collegamento di un componente economico con l’attività esercitata o da esercitarsi da parte dell’imprenditore. E’ da sottolineare, inoltre, che il rinvio della deduzione delle suddette spese ai periodi in cui si conseguono i primi ricavi, riguarda solo le spese che vengono definite di rappresentanza dal nuovo decreto del ministero dell’Economia. Sono, invece, escluse dal trattamento quelle spese che lo stesso provvedimento stabilisce che non costituiscono spese di rappresentanza (comma 5, articolo 1).

Il maggior pregio del nuovo decreto del ministero dell’Economia è proprio quello di riuscire a fare una classificazione delle spese di rappresentanza, superando l’indeterminatezza che per anni ha riguardato l’identificazione di queste voci. Difatti, per molto tempo, sia la prassi che la normativa non sono riuscite a definire i confini tra completa e parziale deducibilità delle spese di rappresentanza, limitandosi solo a fornire delle linee guida prive di validità generale. Il nuovo provvedimento, oltre a fornire una definizione generale di spese di rappresentanza, fondata sui concetti di gratuità, inerenza e funzionalità, fornisce anche un elenco dettagliato di fattispecie che danno origine a costi da sottoporre ai nuovi limiti di deducibilità. Sono previste aliquote differenziate a seconda dello scaglione di volume d’affari. Si va dall’1,3% (fino a 10 milioni di euro), allo 0,5% (tra 10 e 50 milioni di euro), fino allo 0,1% (oltre i 50 milioni).

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