Smart working, a quali regole vanno assoggettati i redditi da lavoro dipendente?

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Smart working, a quali regole vanno assoggettati i redditi da lavoro dipendente?

L’Agenzia delle Entrate chiarisce i profili fiscali del lavoro da remoto ponendo particolare attenzione al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa ai fini dell’applicazione delle imposte dirette sui redditi da lavoro dipendente ed assimilato.

A seguito della forte accelerazione riconducibile al periodo emergenziale, il lavoro agile è divenuto o si avvia a diventare, specie per particolari professioni, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, sicché, con la circolare 18 agosto 2023, n. 25, l’Amministrazione finanziaria ha inteso fornire opportuni chiarimenti circa i profili fiscali legati al fenomeno del c.d. mobility of work.

L’Agenzia, in particolare, si è soffermata su due apetti principali: il primo relativo alle istruzioni applicative sui profili fiscali del lavoro da remoto; il secondo, invece, concernente i c.d. lavoratori frontalieri, anche alla luce del nuovo Accordo internazionale siglato con la Svizzera e delle relative novità introdotto con la legge di ratifica 13 giugno 2023, n. 83.

Il concetto di residenza fiscale  

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), i soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni in un anno o 184 giorni nel caso di anno bisestile) si trovano in una delle seguenti condizioni:

  • sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
  • hanno nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio;
  • hanno nel territorio dello Stato italiano la propria residenza.

NOTA BENE: Le predette condizioni sono tra loro alternative, sicché la sussistenza di una sola delle stesse è condizione sufficiente a radicare la residenza di una persona nel territorio dello Stato.

Nella circolare 18 agosto 2023, n. 25 l’Agenzia delle Entrate precisa che:

  • l’accertamento dei presupposti di cui sopra, diversi dal dato formale dell’iscrizione anagrafica, è da eseguirsi su fatti e riscontri da effettuarsi caso per caso, al fine di una concreta ponderazione degli elementi che consentono di verificare il luogo di domicilio o di residenza come definiti in base alla normativa codicistica e, in particolare, dall’art. 43, secondo cui il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi e dispone la coincidenza tra dimora abituale con il luogo di residenza;
  • per configurare la residenza e la dimora abituale, però, non è necessaria la continuità o definitività della dimora abituale con la conseguenza che periodi, anche prolungati, di assenza non escludono il radicamento in Italia. Ciò assunto, sussiste l’abitualità della dimora anche nel caso in cui il soggetto lavora o svolge altra attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali;
  • quanto al domicilio è necessario tenere conto anche dei rapporti di natura non patrimoniale, come quelli personali e/o affettivi per considerare localizzato in Italia il centro degli affari e degli interessi. Il domicilio deve essere, infatti, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile dagli elementi presuntivi.

Ciò assunto, ai sensi del successivo art. 3, comma 1, TUIR, vanno assoggettati ad imposizione fiscale in Italia i redditi prodotti da:

  1. soggetti residenti in Italia, anche se prodotti altrove;
  2. soggetti non residenti in Italia, laddove prodotti in Italia (art. 23, TUIR).

NOTA BENE: Ai fini dell’imposta ai non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato:

  • i redditi fondiari;
  • i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione di interessi e proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari o postali;
  • redditi di lavoro dipendente o assimilato prestato nel territorio dello Stato;
  • redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni;
  • redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti;
  • i redditi prodotti in forma associata imputabili ai soci, associati o partecipanti non residenti.

Imposizione fiscale e lavoro agile

Nonostante l’importante incremento dell’impiego di forme di lavoro definite agili, caratterizzate da prestazioni rese in modalità virtuale o da remoto, che hanno coinvolto imprese, professionisti e comparto pubblico, non vi sono state modifiche alla normativa interna incidenti sulle regole di determinazione della c.d. residenza ai fini fiscali.

Pertanto, rimanendo invariato l’art. 2 del TUIR, lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working non ha effetti circa i criteri di determinazione della residenza fiscale.

In tal senso, l’Agenzia delle Entrate ha formulato le seguenti ipotesi esemplificative:

Ipotesi

Regole di imposizione fiscale

Cittadino straniero, non iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, che lavora in Italia in smart working per un datore di lavoro esterno, permanendo per la maggior parte dell’anno solare presso un’abitazione ubicata nel nostro Stato unitamente al coniuge ed ai figli.

Sebbene non risulti soddisfatto il requisito formale dell’iscrizione del soggetto nelle anagrafi della popolazione residente, non si può non considerare che per la maggior parte del periodo d’imposta il cittadino estero mantiene stabilmente nel territorio dello Stato la sede principale dei suoi rapporti personali ed affettivi e la sua dimora abituale.

Pertanto, può affermarsi che il soggetto avrà radicato la propria residenza fiscale in Italia.

Cittadina italiana che si è trasferita all’estero, dove svolge un’attività lavorativa in smart working, mantenendo l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta.

La contribuente, anche laddove avesse trasferito all’estero il suo domicilio e la sua dimora abituale, continuerà a qualificarsi come residente in Italia in ragione del requisito anagrafico.

Pertanto, dovrà sottoporre a tassazione tutti i suoi redditi nello Stato italiano, salvo il disposto della normativa convenzionale laddove applicabile.

Cittadino italiano iscritto all’AIRE per la maggior parte del periodo d’imposta, che abbia sottoscritto un contratto di lavoro con un datore estero nel quale sia indicata come sede ordinaria di lavoro il Paese risultante dall’iscrizione all’AIRE (o altro Stato estero).

Salvo che non sia presente una convenzione contro la doppia imposizione che preveda diversamente, il contribuente dovrà considerarsi fiscalmente residente in Italia qualora mantenga la dimora abituale, dalla quale svolga la prestazione lavorativa con modalità agile.

Cittadina italiana iscritta all’AIRE a fronte di un’attività lavorativa svolta in smart working in Italia alle dipendenze di una società estera.

Il reddito è imponibile nel luogo della prestazione dell’attività lavorativa e, dunque, in Italia, salvo diversamente disposto dalla normativa convenzionale laddove applicabile.

Soggetto che si è cancellato dalle anagrafi della popolazione residente in Italia, trasferendosi in uno Stato estero, che svolge attività di lavoro da remoto per un datore di lavoro italiano.

La residenza fiscale deve considerarsi all’estero, non rinvenendosi i presupposti dell’art. 2, TUIR.

Smart working e convenzioni contro le doppie imposizioni

Le nuove modalità di lavoro agile sono connotate da una parziale o totale recisione dei vincoli di presenza fisica del prestatore nel territorio di un determinato Stato per lo svolgimento dell’attività.

NOTA BENE: In presenza di Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i singoli Stati stranieri è pacifico, nell’ordinamento tributario italiano, la prevalenza sul diritto interno dell’accordo raggiunto.

In tal senso, l’art. 15 del Modello OCSE prevede la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro subordinato nello Stato di residenza del contribuente, salvo che l’attività lavorativa non venga svolta nell’altro Stato contraente; in tale ultima ipotesi i predetti redditi devono essere assoggettati ad imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

Bisogna, però, tener conto anche le disposizioni di cui al successivo paragrafo 2, del sopracitato art. 15, secondo cui viene ripristinata la tassazione esclusiva nello Stato di residenza anche quando l’attività lavorativa è svolta nello Stato della fonte, ove ricorrano congiuntamente le seguenti tre condizioni:

  1. il beneficiario dei redditi di lavoro dipendente soggiorna nello Stato della fonte per periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nell’anno fiscale considerato;
  2. le remunerazioni sono pagate da o a nome di un datore di lavoro che non è residente nello Stato della fonte;
  3. l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato della fonte.

Ciò assunto, un soggetto non residente che svolge la sua attività di lavoro dipendente in Italia è assoggettato a imposizione nel nostro Paese in relazione ai redditi imputabili all’attività prestata nel territorio dello Stato, senza che abbiano rilievo le modalità di svolgimento della prestazione, sicché anche laddove la medesima attività lavorativa venga prestata da remoto per un datore di lavoro estero si considererà il reddito comunque conseguito in Italia con conseguente applicazione della potestà impositiva italiana.

Per quanto concerne i redditi di lavoro dipendente, dunque, l’imposizione fiscale di riferimento è quella in cui il lavoratore è fisicamente presente quando svolge la prestazione per cui è remunerato, indipendentemente dalla circostanza che la manifestazione di tale lavoro abbia effetti nell’altro Stato contraente.

Ipotesi

Regole di imposizione fiscale

Cittadino italiano assunto da un’impresa stabilita nello Stato X con cui l’Italia ha in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni. Il soggetto ha trasferito nello Stato X la propria residenza pur svolgendo l’attività lavorativa in Italia in smart working.

 

I redditi percepiti per il lavoro svolto da remoto nel territorio dello Stato sono imponibili in Italia.

Come chiarito nella risposta all’interpello n. 50/2023, il reddito da lavoro dipendente, erogato ad un soggetto fiscalmente residente in Italia da parte di un datore di lavoro irlandese, a fronte di attività lavorativa svolta in parte in Italia, in smart working, ed in parte in Irlanda, presso la sede della società, deve, ai sensi dell’art. 14 della Convenzione tra i due Stati, essere assoggettato a tassazione esclusiva in Italia (Stato di residenza) per la parte derivante dall’attività svolta in modalità agile in Italia, ed a tassazione concorrente, sia in Italia che in Irlanda, per la parte derivante dall’attività svolta in Irlanda.

Soggetto non residente percettore di redditi a fronte dell’attività di lavoro dipendente svolta in Italia in smart working.

Nell’interpello n. 626/2021, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che ricorre un’imposizione concorrente tra Italia (Stato di svolgimento della prestazione lavorativa) ed il Lussemburgo (Stato di residenza), con riconoscimento del credito di imposta da parte del Lussemburgo.

 

QUADRO NORMATIVO

Legge 13 giugno 2023, n. 83

Agenzia delle Entrate - Circolare 18 agosto 2023, n. 25

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