Sì al sequestro preventivo con fallimento in corso

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Sì al sequestro preventivo con fallimento in corso

Sì alla possibilità, in materia di reati tributari, di disporre il sequestro preventivo se è stata già avviata la procedura fallimentare nei confronti dell'impresa coinvolta.

L'avvio della procedura fallimentare, infatti, non impedisce l'emissione del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari.

Lo hanno puntualizzato le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione con sentenza n. 40797 del 6 ottobre 2023, nel risolvere il perdurante contrasto interpretativo emerso in relazione al tema dei rapporti tra sequestro preventivo e procedura fallimentare.

Fallimento e sequestro preventivo per reati tributari

Alle SU, nel dettaglio, era stato chiesto di chiarire se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente all'adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale ostasse al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro dovesse comunque prevalere, attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta.

Gli opposti orientamenti della giurisprudenza

Gli Ermellini, nella loro disamina, hanno in primo luogo ricordato i due opposti orientamenti espressi dalla giurisprudenza sulla predetta questione:

  • il primo, che afferma la prevalenza funzionale della misura ablatoria penale;
  • il secondo, che esclude la possibilità di disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni, ai sensi dell'art. 12-bis del D. Lgs. n. 74/2000, anche per equivalente, in presenza di una dichiarazione di fallimento.

Il recente intervento del legislatore

Le Sezioni Unite, quindi, hanno richiamato il recente intervento con cui il legislatore ha introdotto l'art. 317 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza  (D. Lgs. n. 14/2019), sul principio di prevalenza delle misure cautelari reali e tutela dei terzi, previsione con cui è stata espressamente affermata, attraverso il richiamo alle disposizioni del codice antimafia, la prevalenza della misura cautelare sul vincolo derivante dalla procedura fallimentare.

Ne discende che dalla data di entrata in vigore della peculiare disciplina dettata dagli artt. 317 ss. del CCII (vale a dire dal 15 luglio 2022) - ha quindi spiegato la Cassazione - "vige una unitaria disciplina di carattere generale che regola i rapporti tra sequestro preventivo a fini di confisca e dichiarazione di liquidazione giudiziale, ovvero quella contenuta negli artt. 63 ss. d.lgs. n. 159 del 2011, anch'essi opportunamente rimodulati, con inequivocabile prevalenza dello strumento penale".

Risulta chiara, a questo punto, la linea scelta dal legislatore di allinearsi alla tesi della prevalenza della confisca sulle procedure concorsuali.

L'obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari, in conclusione, comporta la prevalenza del vincolo penalistico rispetto ai diritti incidenti, per effetto della pendenza di una procedura concorsuale, sul patrimonio del soggetto sottoposto alla cautela reale.

Questo perché i beni restano nella titolarità del fallito e non "passano" al curatore, essendo quindi necessario sottrarli al primo, non potendosi applicare la deroga del "terzo estraneo" di cui all'art. 12-bis, D. Lgs. n. 74/2000.

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite

La questione oggetto di rimessione, in definitiva, è stata risolta enunciando il principio di diritto secondo cui:

"L'avvio della procedura fallimentare non osta all'adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari".

La soluzione resa dalle Sezioni Unite penali era già stata anticipata con nota di informazione provvisoria n. 8 del 22 giugno 2023.

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