Pubblico impiego: le mansioni superiori non aumentano la paga
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 03 settembre 2010
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Con sentenza n. 4236 depositata lo scorso 2 luglio, il Consiglio di stato ha respinto l'appello presentato da un dipendente della Regione Calabria avverso il silenzio serbato dall'amministrazione sulla domanda con la quale lo stesso aveva chiesto il riconoscimento delle differenze retributive maturate in ragione dell’asserito svolgimento di mansioni superiori alla qualifica rivestita.
I giudici di appello, ribadendo quanto già rilevato dal Tar della Calabria precedentemente adito, hanno sottolineato come, in materia di pubblico impiego, “le mansioni superiori svolte dal dipendente rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, sono del tutto irrilevanti sia ai fini sia economici, sia di progressione di carriera, salvo che la legge non disponga altrimenti”. Ed infatti tale tipo di rapporto “non è assimilabile al rapporto di diritto privato, perché gli interessi coinvolti non sono disponibili e anche perché l’attribuzione delle mansioni e del relativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi”.
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