Premi riservati ai dipendenti fissi? Per la Corte UE si può fare

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L’esclusione dei lavoratori a termine da specifiche voci accessorie è compatibile con il diritto dell’Unione europea se questi percepiscono una retribuzione oraria complessivamente più elevata rispetto ai dipendenti a tempo indeterminato.

Chiarimenti della Corte UE sulla parità retributiva nei contratti a termine

Con l’ordinanza del 10 luglio 2025, resa nella causa C‑823/24, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha fornito chiarimenti in materia di lavoro a tempo determinato, soffermandosi sul principio di non discriminazione retributiva tra lavoratori con contratti a termine e a tempo indeterminato.

La pronuncia si colloca nell’ambito interpretativo della Direttiva 1999/70/CE, che recepisce l’accordo quadro concluso da CES, UNICE e CEEP.

Il principio di non discriminazione nei contratti a termine  

L’accordo quadro allegato alla direttiva mira a migliorare la qualità dell’occupazione a termine, garantendo il rispetto della parità di trattamento.

In particolare, la clausola 4 stabilisce che, in relazione alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non devono subire trattamenti meno favorevoli rispetto ai comparabili a tempo indeterminato, salvo che sussistano ragioni oggettive.

Questa disposizione vincola gli Stati membri ad evitare differenze ingiustificate, costituendo un importante riferimento per la giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

La controversia oggetto della causa C‑823/24

Condizioni contrattuali e richieste dei lavoratori  

Alcuni lavoratori tecnici impiegati presso un ente culturale pubblico italiano avevano lavorato con contratti a chiamata e stagionali a tempo determinato, passando poi a contratti a tempo indeterminato.

Con ricorso al giudice nazionale, avevano chiesto il riconoscimento di:

  • premi di flessibilità, previsti da accordi sindacali del 2014 e del 2018;
  • superminimi aziendali, corrisposti unicamente ai lavoratori a tempo indeterminato.

La posizione del datore di lavoro  

L’ente resistente, dal suo canto, aveva sostenuto che i lavoratori a tempo determinato percepivano una retribuzione oraria superiore, grazie anche alla previsione di uno straordinario forfettizzato. Inoltre, aveva giustificato la differenziazione con esigenze di contenimento della spesa pubblica, fidelizzazione del personale tecnico e peculiarità legate alla gestione delle risorse umane nel settore culturale.

Il rinvio pregiudiziale del giudice nazionale  

Il giudice del lavoro aveva sollevato questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, chiedendo se la clausola 4 dell’accordo quadro ostasse a una prassi che riservava determinate componenti retributive accessorie solo ai lavoratori a tempo indeterminato, pur a fronte di una retribuzione complessiva più elevata per i lavoratori a termine.

Il quesito pregiudiziale

Interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro  

La questione posta alla Corte riguardava l’interpretazione della clausola 4, punto 1, che - come detto - vieta ogni trattamento meno favorevole dei lavoratori a termine rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, salvo che sussistano ragioni oggettive. Tale principio si applica in riferimento alle condizioni di impiego, da intendersi in senso ampio.

La nozione di “condizioni di impiego” secondo la Corte  

Ebbene, sul punto, la Corte ha chiarito che le “condizioni di impiegocomprendono i premi e gli altri elementi della retribuzione che presentano un rapporto con l’impiego dei lavoratori. Vanno ricompresi, ossia, tutti gli elementi retributivi legati al rapporto di lavoro, inclusi premi aziendali e superminimi, in linea con precedenti decisioni. La valutazione della disparità deve quindi basarsi su una visione complessiva del trattamento economico effettivo.

La decisione della Corte UE nella causa C‑823/24  

La legittimità della differenziazione retributiva  

Con l’ordinanza del 10 luglio 2025, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiarito che non costituisce violazione del principio di non discriminazione previsto dalla clausola 4 dell’accordo quadro l’ipotesi in cui ai lavoratori a tempo determinato non vengano riconosciute alcune voci retributive accessorie previste esclusivamente per i lavoratori a tempo indeterminato, qualora i primi percepiscano una retribuzione oraria complessivamente più elevata.

La differenza di trattamento è dunque giustificata non solo dall’assenza di svantaggio economico per i lavoratori a termine, ma anche dalla presenza di scelte organizzative e contrattuali legittime, volte ad esempio a incentivare la stabilizzazione del personale.

Il criterio della retribuzione oraria complessiva  

La Corte Ue ha sottolineato l’importanza di adottare un approccio complessivo nell’analisi della parità di trattamento. Non è sufficiente evidenziare l’esclusione da specifici benefici contrattuali (quali premi di flessibilità o superminimi) per dimostrare una discriminazione: è necessario valutare l’intero trattamento economico, considerando tutte le voci retributive corrisposte nel periodo di riferimento.

Nel caso esaminato, i lavoratori a tempo determinato avevano percepito, grazie anche allo straordinario forfettizzato, un trattamento economico complessivo più favorevole, rispetto ai colleghi assunti con contratto a tempo indeterminato.

Il richiamo alla giurisprudenza consolidata  

I giudici europei hanno confermato l’orientamento già espresso in precedenti pronunce (ad es. Del Cerro Alonso, Ustariz Aróstegui) e hanno ribadito la rilevanza della clausola 8 dell’accordo quadro, che riconosce agli Stati membri e alle parti sociali la facoltà di introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori a termine.

Tale possibilità consente una maggiore flessibilità nella contrattazione collettiva, purché non si determini uno svantaggio ingiustificato per una delle due categorie di lavoratori.

Parità di trattamento e differenziazione retributiva

La parità di trattamento, in definitiva, va valutata in modo complessivo, considerando mansioni, inquadramento e retribuzione totale. Differenze retributive sono sì ammissibili se giustificate da esigenze organizzative o finalità come la fidelizzazione del personale. I contratti collettivi, a loro volta, devono rispettare il principio di non discriminazione, anche sulle voci accessorie, con motivazioni oggettive e documentabili.

Le conclusioni della Corte di giustizia UE

Di seguito le conclusioni della Corte UE riguardo all'interpretazione della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato:

"essa non osta a una normativa nazionale che riserva la corresponsione di talune voci retributive ai lavoratori a tempo indeterminato, ad esclusione dei lavoratori a tempo determinato, qualora questi ultimi percepiscano una retribuzione oraria più elevata di quella percepita dai lavoratori a tempo indeterminato, anche tenendo conto, nella retribuzione dei lavoratori a tempo indeterminato, di tali voci retributive".

La decisione, in sintesi

Sintesi del caso Alcuni lavoratori a termine chiedevano l’erogazione di premi e superminimi concessi solo ai colleghi a tempo indeterminato. Il datore di lavoro sosteneva che i lavoratori a termine percepivano comunque una retribuzione oraria più elevata.
Questione dibattuta Se escludere i lavoratori a termine da voci retributive accessorie violi la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE sul principio di parità di trattamento.
Soluzione della Corte Nessuna violazione della parità di trattamento se i lavoratori a termine, pur esclusi da alcune voci accessorie, ricevono una retribuzione oraria complessivamente più elevata.
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