Prassi tollerata? Condotta non grave, licenziamento illegittimo

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Prassi tollerata? Condotta non grave, licenziamento illegittimo

Sono state confermate, dalla Corte di cassazione, le conclusioni rese dalla Corte d'appello, nell'ambito di un giudizio instaurato ai fini dell'impugnativa di un licenziamento per giusta causa comminato ad un dipendente di banca.

Il fatto addebitato al lavoratore era di avere effettuato interrogazioni, tramite il sistema informatico dell'istituto di credito, in assenza di giustificazioni.

In questo modo, egli aveva violato il Codice di comportamento aziendale che vietava ai dipendenti di effettuare operazioni di tipo contabile su rapporti intestati al coniuge, parenti e/o affini fino al quarto grado.

Quella posta in essere, inoltre, era stata considerata alla stregua di una violazione della privacy dei clienti, della quale il lavoratore era ben consapevole, essendo egli stesso designato come incaricato del trattamento dei dati personali.

Violate regole aziendali e privacy: licenziamento legittimo?

La Corte territoriale, applicando i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, aveva verificato la condotta del lavoratore con riguardo agli obblighi di diligenza e fedeltà ed alla luce del disvalore ambientale che la stessa poteva assumere.

Era stato quindi valutato, in concreto, il rilievo di tale comportamento, con riguardo alla posizione professionale rivestita dal prestatore ed all’impatto sugli altri dipendenti dell'impresa.

Ebbene, il predetto comportamento, pur censurabile, non era stato considerato così grave da giustificare la risoluzione del rapporto.

Il fatto contestato, oltre a non essere funzionale al compimento di condotte illecite, costituiva una prassi tollerata dalla banca, volta ad accontentare le richieste dei clienti medesimi.

I giudici di merito, ciò posto, avevano escluso la gravità della condotta e ritenuto applicabile la tutela indennitaria.

Giusta causa: va tenuto conto di ogni aspetto concreto della vicenda

Secondo la Suprema corte - ordinanza n. 10124 del 17 aprile 2023 - quello operato dall'organo giudicante costituiva un accertamento di fatto immune dalle censure specificatamente mosse dai ricorrenti.

In tema di licenziamento disciplinare per giusta causa - si legge nel testo della decisione - l'accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva sono demandati all'apprezzamento del giudice di merito.

L'organo giudicante - anche qualora riscontri l'astratta corrispondenza dell'infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente - è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta.

Nel fare ciò, egli deve tenere conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se - come nella specie - risulti sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.

Licenziamento disciplinare tardivo? Tutela indennitaria, niente reintegra

Sempre in tema di licenziamento disciplinare, si segnala altra decisione della Cassazione - sentenza n. 10802 del 21 aprile 2023 - con cui gli Ermellini si sono pronunciati sul caso di un recesso per giusta causa notificato oltre il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.

Nei casi come quello esaminato - ha puntualizzato la Corte - la violazione del termine per l'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare, stabilito dalla contrattazione collettiva, è idonea a integrare una violazione di natura procedurale, tale da rendere operativa la tutela indennitaria prevista dall'art. 18, comma 6, dello Statuto dei lavoratori.

Questo, a patto che il ritardo nella comunicazione del licenziamento non risulti, con accertamento in fatto riservato al giudice di merito, notevole e ingiustificato, tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività.

Nella vicenda specificamente esaminata, la Corte di merito non si era conformata a tali assunti, avendo fatto discendere, automaticamente, dal mancato rispetto della sequenza procedimentale e dei relativi termini, come previsti dal contratto collettivo, l’effetto di consumazione del potere disciplinare, con applicazione della tutela reintegratoria.

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