Prassi tollerata? No al recesso per mancato rispetto delle procedure
Pubblicato il 29 settembre 2022
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Illegittimo il licenziamento comminato al lavoratore per mancato rispetto di procedure aziendali laddove risulti che la condotta addebitata costituisca, in realtà, una prassi tollerata dall'azienda.
Con sentenza n. 25837 del 1° settembre 2022, la Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui la Corte d'appello aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa irrogato nei confronti di una lavoratrice e disposto la sua reintegrazione sul posto di lavoro.
Alla stessa, che ricopriva la funzione di “analista crediti individui”, era stato contestato di aver effettuato visualizzazioni di dettagli di chiamate non rientranti tra le sue mansioni e, comunque, senza rispettare le procedure aziendali.
In base agli elementi di prova in atti, i giudici di merito avevano tuttavia accertato che le funzioni indicate non erano svolte dalla lavoratrice in maniera esclusiva e che le visualizzazioni contestate erano state eseguite nell'ambito della ordinaria e concorrente attività di operatore telefonico, pure svolta dalla medesima.
In sede di istruttoria, inoltre, era emerso che le visualizzazioni erano di fatto compatibili con le procedure aziendali: considerato che la telefonata doveva avere una durata massima di tre minuti, non era infrequente che su una stessa utenza vi fossero in un ristretto arco temporale una pluralità di contatti.
La visualizzazione del dettaglio chiamate, ciò posto, era una modalità di gestione delle telefonate in bound rientrante nell'ambito di operatività del reparto crediti e non integrava una condotta illecita, se non in caso di visualizzazione senza autorizzazione dell'utente o per finalità estranee al servizio, e che l’omessa indicazione del motivo di visualizzazione costituiva pacificamente una prassi tollerata.
Era stato escluso, in definitiva, che la condotta della lavoratrice potesse integrare la fattispecie disciplinare del licenziamento senza preavviso prevista dal CCNL in concreto applicabile, in capo al lavoratore che “provochi all'azienda grave nocumento morale o materiale o che compia, in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, azioni che costituiscono delitto”.
Non era ossia configurabile una condotta idonea a recidere il vincolo fiduciario e ad integrare una giusta causa di recesso e, neppure, una condotta inadempiente costituente giustificato motivo soggettivo di recesso.
Conclusioni, queste, definitivamente confermate dalla Corte di cassazione a cui si era rivolta la società datrice di lavoro per impugnare la decisione di merito: la Corte territoriale aveva correttamente svolto una valutazione globale delle risultanze istruttorie, escludendo che le visualizzazioni multiple fossero non solo illecite ma anche sintomatiche di negligenza o infedeltà e tale valutazione di merito non risultava ulteriormente censurabile in sede di legittimità.
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