Licenziamento su tardiva contestazione: riconosciuta l’indennità risarcitoria e non la reintegra
Pubblicato il 28 dicembre 2017
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La Suprema Corte di Casazione – Sezioni Unite civili – con la sentenza n. 30985 del 27 dicembre 2017 risolve un annoso contrasto interpretativo circa il regime sanzionatorio da applicare ai licenziamenti risultanti illegittimi per tardività della contestazione disciplinare. In altri termini, la Corte si interessa, nello specifico, di tutti quei licenziamenti per cui trova ancora applicazione l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
La Corte si pronuncia sul caso di un lavoratore dipendente di un noto istituto di credito che, dopo essere stato licenziato per aver favorito la negoziazione di assegni ai fini dell’acquisto di titoli di credito di altri istituti bancari, ricorreva al giudice del lavoro per ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento e il relativo reintegro, in quanto la contestazione dell’addebito era avvenuta con due anni di distanza da quando si erano svolti i fatti.
In primo grado, il dipendente aveva ottenuto l’accertamento dell’illegittimità del recesso e il Tribunale aveva applicato la sanzione risarcitoria; mentre, in appello, la Corte aveva optato per una reintegrazione sul posto di lavoro.
Entrambe le conseguenze sanzionatorie del vizio della tardività sono state contemplate dai giudici di primo e secondo grado, lasciando aperte perplessità circa l’orientamento giurisprudenziale corretto da applicare al caso di specie.
Il contrasto giurisprudenziale è stato risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno aderito al primo orientamento, secondo il quale si deve negare carattere sostanziale al vizio della tardiva contestazione disciplinare, con conseguente applicazione della tutela indennitaria.
Pertanto, conclude la sentenza n. 30985/2017, l’articolo 18 non include mai la contestazione tardiva tra i vizi che comportano la reintegrazione sul posto di lavoro, in quanto - secondo la Corte - la circostanza che il fatto sia contestato tardivamente non toglie che lo stesso sia stato comunque commesso e, come tale, non può considerarsi materialmente inesistente.
Perciò, conclude la sentenza: nel caso in cui il licenziamento disciplinare venga dichiarato illegittimo per tardività della contestazione deve essere sanzionato con il riconoscimento in favore del dipendente di un’indennità risarcitoria di importo compreso tra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto; al contrario, non spetta la reintegrazione sul posto di lavoro, in quanto tale sanzione si applica a fattispecie diverse e più gravi.
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