Fatture mancanti? Reato di occultamento di scritture contabili
Pubblicato il 28 gennaio 2021
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Accolto, dalla Cassazione, il ricorso promosso dalla Procura della Repubblica contro una decisione di assoluzione, resa all’esito di un giudizio abbreviato, relativamente ad un’imputazione per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili.
I giudici di merito avevano concluso per l’insussistenza del fatto, sul rilievo che non vi fosse prova dell’istituzione delle scritture contabili, ritenuta presupposto necessario per l’integrazione del reato de quo.
Il reato di distruzione e occultamento riguarda anche le fatture
Il Sostituto Procuratore della Repubblica si era opposto a tale conclusione, avanzando impugnazione davanti alla Corte di cassazione con cui aveva lamentato, tra gli altri motivi, che la condotta descritta nella contestazione non fosse corrispondente a quanto effettivamente accertato dal Tribunale.
Invero, l'imputazione contestata atteneva all'occultamento o alla distruzione, per l'annualità di riferimento, delle fatture emesse - ritenute documenti a conservazione obbligatoria sia ai sensi dell'art. 2214, secondo comma, del Codice civile sia ai sensi dell'art. 22, comma 3, del DPR n. 600 del 1973 - mentre, nel provvedimento impugnato, l'imputato era stato assolto per mancanza di prova circa l'istituzione dei libri contabili.
Secondo il ricorrente, ciò posto, il Tribunale aveva fatto erronea applicazione dell'art. 10 del D.lgs. n. 74 del 2000, limitando la portata della norma alla sola ipotesi di occultamento o distruzione dei registri contabili.
Fatture tra i documenti di cui è obbligatoria la conservazione
Doglianza, questa, giudicata fondata dagli Ermellini con sentenza n. 3257 del 27 gennaio 2021: i giudici di merito avevano sostanzialmente interpretato tale ultima disposizione come riferibile ai soli libri contabili - che l'imputato aveva sostenuto di non avere mai istituito - e non anche alle fatture, che erano in realtà unico oggetto dell'imputazione e la cui esistenza era inoltre pacifica.
L’interpretazione resa nella decisione impugnata, secondo la Suprema corte, era limitativa ed erronea, dato che la disposizione letteralmente si riferisce a tutti i “documenti di cui è obbligatoria la conservazione”.
Sul punto, la Terza sezione penale ha anche richiamato una recente decisione di legittimità, secondo cui, poiché la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell'atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell'altra copia presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.
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