No all’accertamento fondato sull’uso automatico degli studi di settore

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Il principio su cui si deve basare l’accertamento da studi di settore deve essere ben chiaro: se i ricavi o compensi dichiarati dal contribuente non coincidono con quelli, più elevati, presunti dallo studio di settore non si può avviare automaticamente un’azione di accertamento, bensì prima si deve attivare il contraddittorio con il contribuente. Se durante questa fase, il contribuente riesce a giustificare il disallineamento, l’ufficio dell’Amministrazione finanziaria deve archiviare l’invito al contraddittorio finalizzato all’eventuale definizione dell’accertamento con adesione. Si tratta di un principio semplice, ma non sempre applicato. L’autotutela, invece, esiste ed è giusto che il contribuente se ne avvalga nei casi in cui ritiene che non ci sia evasione e si è nelle condizioni di poterlo dimostrare. La stessa Corte di cassazione, in numerose pronunce, ha precisato che gli studi di settore non sono da soli sufficienti ad attivare l’accertamento.

Sullo stesso principio si fonda anche la sentenza n. 137/25/09 della Commissione tributaria di Milano, sezione 25, pronunciata il 23 giugno 2009 e depositata lo scorso 15 luglio. Secondo i giudici milanesi, per potere applicare correttamente l’azione di accertamento fiscale è necessario per prima cosa accertare e valutare bene l’attività economica svolta dal contribuente (in questo caso si tratta di un agente monomandatario). Pertanto, non si può applicare gli studi di settore in modo automatico. Anzi, qualora ciò accadesse, l’utilizzo degli studi di settore è considerato illegittimo. Nella sentenza n. 137, infatti, si legge che viene accolto il ricorso del contribuente che contestava all’Amministrazione finanziaria di aver emesso un accertamento per l’anno 2003 basandosi solo sugli studi di settore, cioè applicando in modo automatico la procedura informatizzata di Gerico. Per la Ctp Milano, invece, “l’accertamento del reddito imponibile del contribuente non esime l’Amministrazione finanziaria dall’osservanza dell’implicito divieto sanzionato dall’articolo 53 della Costituzione di determinare il reddito imponibile prescindendo dall’effettiva capacità contributiva del soggetto”.

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