No al peggioramento retributivo del dipendente trasferito

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Con sentenza pronunciata il 6 settembre 2011, relativamente alla causa C-108/10, la Corte di giustizia dell'Ue, Grande sezione, si è pronunciata su di una causa per la quale era stata adita dal Tribunale di Venezia relativamente all'interpretazione delle Direttive n. 77/187/CEE e n. 2001/23/CE “concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti”.

La controversia da cui la questione aveva preso origine riguardava una dipendente comunale veneziana che, in qualità di bidella in scuole statali, aveva svolto l'attività lavorativa tra il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) degli enti locali per poi essere trasferita nei ruoli del personale Ata dello Stato. La stessa aveva adito il tribunale in merito al mancato riconoscimento, a seguito del trasferimento alle dipendenze del Ministero, dell’anzianità di servizio che la medesima aveva maturato presso il comune, suo originario datore di lavoro.

Così, secondo i giudici comunitari, la riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato Ue, del personale dipendente di un'altra pubblica autorità – addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari – costituisce un trasferimento di impresa, quando questo personale “è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori in forza dell’ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro”.

In ogni caso – si legge nel testo della decisione – la normativa comunitaria osta “a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest’ultimo”. Nella specie – conclude la Corte - è compito del giudice nazionale del rinvio “esaminare se, all’atto del trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo”.
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