Malattia, obbligo di reperibilità e divieto di svolgere altre attività

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La malattia, quale alterazione dello stato di salute che impedisce al lavoratore di effettuare temporaneamente la prestazione lavorativa dovuta in favore del datore di lavoro, dà diritto a retribuzione o indennità equivalente nonché al mantenimento del posto di lavoro.

L’assenza per malattia va comunicata tempestivamente al datore di lavoro e giustificata, pena la perdita della retribuzione/indennità, con apposito certificato medico che - da quando vige la procedura di certificazione medica telematica - va inviato telematicamente all’INPS da parte del medico del Servizio Sanitario Nazionale, o con esso convenzionato per il tramite del SAC (Sistema di accoglienza centrale).

A tal proposito, i lavoratori, nei casi di assenza per malattia superiori a dieci giorni e comunque nei casi di eventi successivi al secondo, nel corso dell’anno solare, hanno l’obbligo di produrre idonea certificazione rilasciata unicamente dal medico del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato.

Durante la malattia il lavoratore è, inoltre, tenuto a rispettare le fasce di reperibilità – che per il settore privato vanno dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00, festivi, prefestivi, e festività nazionali comprese (DM 15.7.1986) – al fine di permettere la c.d. visita di controllo che può essere richiesta all’INPS dal datore di lavoro o essere programmata dall’Istituto stesso.

L’assenza alla visita di controllo

Il lavoratore, se previsto dal contratto collettivo, ha l’obbligo di avvisare l’Istituto della propria assenza programmata che, per giurisprudenza, è giustificata se è dovuta ad un ragionevole impedimento, ovvero seria e valida ragione, socialmente apprezzabile (Cass. sent. n. 2624/2001) e l’onere della prova è a carico del lavoratore.

In questo contesto è importante tener presente che il lavoratore ha l’obbligo di porre in essere tutti gli accorgimenti necessari per rendere possibile la visita di controllo per cui, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, sulla scorta di orientamenti giurisprudenziali, è possibile affermare che, in generale, non costituiscono valida giustificazione dell’assenza:

- il sonno profondo causato dall’assunzione di medicinali che lo inducono;

- il sonno causato da notte insonne passata a causa della malattia;

- il non aver sentito il campanello perché si era sotto la doccia;

- il mancato funzionamento del citofono;

- la circostanza che il nome del lavoratore non risulti indicato sul campanello;

- la sordità per cui non si è sentito il campanello;

- l’essere andato in farmacia per l’acquisto di farmaci a meno che non sia dimostrata l’indifferibilità dell’acquisto per iniziare tempestivamente la terapia prescritta dal medico.

Al contrario, si ritiene giustificata l’assenza, purché accompagnata da idonea documentazione, dovuta a:

- ricorso a cure dentistiche o di altro genere ritenute urgenti per alleviare un dolore;

- l’essere andato presso lo studio del medico purché si provi che le aperture coincidevano con gli orari di reperibilità per cui non era possibile recarvisi in altri orari;

- l’effettuazione di visite mediche specialistiche ed esami specialistici, sempreché si dimostri l’impossibilità di recarsi in ambulatorio in orari diversi da quelli di reperibilità;

- l’assenza per recarsi presso un ambulatorio infermieristico per sottoporsi a medicazioni, iniezioni e cure in genere, prescritte dal medico, purché risulti da documentazione che ci si è recati nell’ambulatorio e la necessità di recarsi in orario di reperibilità.

L’assenza ingiustificata a visita di controllo, nell’orario compreso nelle fasce di reperibilità, oltre alla perdita del trattamento economico, comporta sanzioni disciplinari indipendentemente dalla sussistenza della malattia e la reiterazione dell’assenza può giustificare perfino un licenziamento per giusta causa.

Lo svolgimento di altre attività

Certamente più delicata è la questione relativa allo svolgimento di altre attività lavorative durante l’assenza dal lavoro per malattia.

In generale, è vietato svolgere altre attività lavorative durante l’assenza per malattia, anche se a titolo gratuito, perché in tal caso il lavoratore verrebbe meno ai principi di correttezza, buona fede, diligenza e fedeltà, con la conseguente irrogazione di sanzione disciplinare che, in alcuni casi, può essere anche di tipo espulsivo.

Per quanto concerne altre attività non lavorative svolte durante la malattia, si ritiene che siano legittime se non pregiudicano la guarigione né, tantomeno, la ritardino.

Sono, quindi, in genere ammesse attività amatoriali, hobbistiche e sportive, sempreché, per l’appunto, non ritardino la guarigione per cui, ad esempio potrebbe essere ammessa la partecipazione a prove ed esibizioni con un coro – ma sempre al di fuori delle ore di reperibilità – se il lavoratore ha problemi agli arti, ma non certo se ha problemi respiratori o di infiammazione alla gola o simili.

Il controllo di terzi soggetti

Ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 300/1970, sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sull’infermità del lavoratore dipendente che, quindi, sono demandati ad enti pubblici.

Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, sono ammesse le indagini di terzi, comprese le Agenzie investigative.

Tali controlli di terzi sono ammessi dalla giurisprudenza solo nel caso in cui non siano di tipo sanitario ma volti a verificare circostanze di fatto che dimostrino l’insussistenza della malattia e, in particolare, lo svolgimento di altra attività lavorativa.

Sempre in tale contesto occorre evidenziare che la Cassazione, con la sentenza n. 6236/2001, è arrivata a ritenete lecito un controllo commissionato da un datore di lavoro ad un’Agenzia investigativa per verificare la sussistenza di menomazioni nei movimenti del lavoratore.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che tale particolarità non può ritenersi idonea ad attribuire all’indagine un carattere sanitario in senso tecnico, perché trattasi di mera osservazione del comportamento esteriore e nella vita di tutti i giorni del lavoratore, ed una verifica di tal genere non si differenzia dal punto di vista concettuale e qualitativo da ogni accertamento relativo allo svolgimento da parte del lavoratore in malattia di attività potenzialmente e apparentemente incompatibili con lo stato di malattia.

Norme e prassi 

Artt. 5, Legge n. 300/1970

Decreto Ministero del Lavoro 15.7.1986

Corte di Cassazione, sentenza n. 2624/2001

Corte di Cassazione, sentenza n. 6236/2001
 
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