Linea morbida nel contrasto alle false partite Iva

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L’azione di contrasto alle false partite Iva – che, nel rapporto di lavoro, costringono i lavoratori ad aprire una posizione Iva per celare status di collaborazione coordinata e continuativa o di lavoro subordinato, camuffandoli in lavoro autonomo – è, nell’ultima riforma del lavoro, morbida.

Secondo la Legge – articolo 35 del Dpr n. 633/1972 - sono titolari di partita Iva i soli soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione. Lo strumento fiscale della partita Iva non è comunque precluso ai soggetti inquadrati, sotto il profilo lavoristico, nell’ambito della collaborazione coordinata e continuativa, anch’essa forma di lavoro autonomo.

E’ rispetto alle prestazioni rese da queste categorie di soggetti che la riforma Fornero introduce la presunzione che la circolare n. 32 del 27 dicembre 2012 - Ministero del Lavoro e delle politiche sociali – commenta. Essa offre, infatti, chiarimenti sulla nuova disposizione di cui all’articolo 69 bis del Decreto legislativo n. 276/2003, introdotta dall’articolo 1, comma 26 della Legge Fornero che, appunto, stabilisce una “presunzione” circa l’esistenza di una collaborazione coordinata e continuativa a progetto in caso di impiego di lavoratori con partita Iva in “monocommittenza”.
   
Partita IVA. La novità dalla riforma
Sono considerate non presunte le partite Iva che superano i 18mila euro l'anno. La presunzione del carattere coordinato continuativo opera nei casi in cui si verificano almeno 2 delle seguenti condizioni:

  • che la collaborazione con il medesimo committente abbia durata complessiva superiore a 8 mesi l’anno per due anni consecutivi;
  • che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche ove fatturato a più soggetti riconducibili allo stesso centro di imputazione di interessi, costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nei due anni solari consecutivi;
  • che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

che la collaborazione con il medesimo committente abbia durata complessiva superiore a 8 mesi l’anno per due anni consecutivi;
che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche ove fatturato a più soggetti riconducibili allo stesso centro di imputazione di interessi, costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nei due anni solari consecutivi;
che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Le indicazioni interpretative che la circolare n. 32/2012 fornisce delineano, come detto, un quadro meno restrittivo per il 2013, tendendo ad un percorso di progressivo adeguamento al nuovo regime.

Essa, che individua analiticamente le condizioni per l’applicazione della disposizione, accompagna il decreto ministeriale del 20 dicembre 2012, che a sua volta individuava albi, ruoli, registri ed elenchi la cui appartenenza esonera dall’applicabilità della presunzione.

Intanto, i controlli si avvieranno solo dal 18 luglio 2014, trascorsi cioè due anni dall'entrata in vigore della riforma del lavoro (la Legge 92/2012), poiché aggiornando l'articolo 69 bis del decreto legislativo 276/2003, essa ha previsto quel termine temporale, oltre il quale è possibile verificare la presenza di una prestazione resa ad un solo committente in esclusiva o in larghissima parte.

DEROGHE ALLA PRESUNZIONE.

Non opera presunzione quando:

1.    la prestazione è connotata da comprovate (da certificati, diplomi o titoli pertinenti all’attività svolta) competenze tecnico-pratiche elevate, acquisite per mezzo di percorsi formativi ed esercizio concreto dell’attività;
2.    la prestazione è svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore ad 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali.
I due requisiti, ai fini dell’esclusione dal campo applicativo del nuovo limite della presunzione, non sono alternativi. Devono entrambi realizzarsi in capo al collaboratore.

Ancora, la presunzione non è applicabile per:

3.    le prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero registro, albo, ruolo od elenco professionale. Il decreto ministeriale del 20 dicembre 2012, sopra richiamato, provvede ad una ricognizione di queste attività che, si badi, dovranno rispondere a specifici requisiti di Legge, il non possesso dei quali non consente l’operatività della deroga.
Dalla circolare n. 32/2012 un esempio:
a.    soggetto iscritto all’albo delle imprese artigiane

a presunzione non opera poiché l’iscrizione è condizionata ad una delibera della CPA, previa verifica dei requisiti di legge;
b.    soggetto iscritto al registro delle imprese presso le Camere di commercio

la presunzione opera, poiché l’iscrizione non assistita da una procedura di verifica di “requisiti e condizioni” non consente l’operatività della deroga;

EFFETTI.

In concreto, la circolare del Lavoro prevede, quale effetto della presunzione, che quando la prestazione resa dal possessore di partita Iva sia da ricondurre ad una collaborazione coordinata e continuativa, il rapporto verrà “convertito” in lavoro subordinato a tempo indeterminato, a partire dalla data di sua costituzione, comportando anche l’applicazione di una particolare disciplina contributiva, derivante dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell’Inps.

I relativi oneri contributivi pesano sul committente per due terzi, sul collaboratore per la restante unità, avendo però quest’ultimo il diritto di rivalsa sul committente, introdotto dalla legge in relazione all’obbligo di assolvere al pagamento in forza della “conversione” del rapporto di lavoro.
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