Lavoro stagionale, lo stato dell’arte post Collegato Lavoro
Pubblicato il 27 marzo 2025
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Quali novità per il lavoro stagionale 2025, tra il Collegato Lavoro e l’incertezza delle indicazioni/interpretazioni amministrative?
La disciplina del lavoro stagionale, per via della insita natura altalenante delle prestazioni richieste, è caratterizzata, sin dalla sua origine, da una serie di deroghe legali e contrattuali rispetto alle ordinarie disposizioni previste per la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato.
Nel complesso, la normativa consente di affrontare i fisiologici picchi di lavoro che interessano le attività definibili “stagionali” mediante una mancata applicazione delle prescrizioni proprie dei contratti a termine, tra le quali si annoverano la durata massima dell’accordo tra le parti, l’applicazione delle causali, il quantum di proroghe stipulabili, i limiti di contingentamento ed il c.d. stop and go.
Sul piano contributivo, però, rimangono sostanziali differenze, anche dopo l’entrata in vigore del Collegato Lavoro (legge 13 dicembre 2024, n. 203), sia relativamente agli oneri contributivi connessi al finanziamento delle prestazioni di disoccupazione, sia alle modalità di esposizione di detti lavoratori nelle denunce contributive mensili Uniemens.
Lavoro stagionale e Collegato Lavoro, cosa cambia
La ricostruzione della vigente disciplina sul lavoro stagionale deve essere effettuata, in primis, tramite l’analisi delle nozioni e delle disposizioni contenute nel testo unico dei contratti di lavoro, vale a dire il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Specificatamente, l’art. 19, comma 2, prevede che ai rapporti di lavoro stagionali a tempo determinato non si applichi il limite di durata massima di dodici o ventiquattro mesi (con causale), salvo deroghe delle parti sociali ex art. 51, previsto dal comma 1 del citato art. 19 per i contratti a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale.

Procedendo con ordine, il successivo art. 21, rubricato Proroghe e rinnovi, al comma “01”, prevede che il contratto per lo svolgimento di attività stagionali possa essere rinnovato o prorogato anche in assenza delle condizioni previste dall’art. 19, comma 1. In buona sostanza, si esclude - di fatto - l’applicazione delle causali contemplate dalla norma per le attività previste dal secondo comma del medesimo art. 21. A ben vedere, tale ultima disposizione presenta un duplice aspetto applicativo:
- da un lato, introduce un’ulteriore deroga al c.d. stop and go, ammettendo la non applicazione del periodo di “non lavoro” (c.d. periodo cuscinetto) pari a 10 o 20 giorni rispettivamente per la successione di contratti di durata fino a sei mesi e superiore a sei mesi;
- dall’altro, delega ad un successivo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché ai contratti collettivi nazionali, aziendali e territoriali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, l’individuazione delle c.d. attività stagionali. Decreto ministeriale che – si precisa – non è ancora stato varato, ma che, nell’attesa della sua adozione, a mente dell’ultimo periodo del comma 2, art. 21, consente di poter prendere a riferimento la dettagliata elencazione operata dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525.
Sul punto, dunque, l’art. 21, comma 2, individua ad oggi due possibili alternative per qualificare un’attività come “stagionale”:
- la presenza delle attività all’interno dell’allegato al D.P.R. n. 1525/1963;
- la qualificazione delle caratteristiche di stagionalità da parte della contrattazione collettiva dotata dei requisiti prescritti dall’art. 51, del medesimo Testo Unico.
In tale ambito si inseriscono le novità previste dall’art. 11 del Collegato Lavoro, che interpreta autenticamente le disposizioni dell’art. 21, comma 2 evidenziando che rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi inclusi quelli già sottoscritti alla data del 12 gennaio 2025 (data di entrata in vigore della legge 13 dicembre 2024, n. 203), stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’art. 51, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Quanto dettagliatamente evidenziato dal legislatore parrebbe voler conferire, allora, alla contrattazione collettiva dotata di ogni crisma di rappresentatività una sostanziale equivalenza rispetto alla più stringente nozione di stagionalità espressamente elencata nel D.P.R. n. 1525/1963, consolidando univocamente principi già precedentemente affermati dalla prassi ministeriale.
In quest’ultima, voglia condividersi che:
- la circolare ministeriale n. 18/2014 aveva chiarito che “…quanto alle ragioni di “stagionalità” che possono determinare l’esclusione dal computo del lavoratore a termine, si evidenzia che – fermo restando le ipotesi già elencate nel D.P.R. n. 1525/1963 - ulteriori ipotesi possono essere rintracciate nell’ambito del contratto collettivo applicato, anche aziendale…”;
- l’interpello n. 15/2016, aveva evidenziato che “il rinvio medio tempore al D.P.R. n. 1525/1963 avviene in “sostituzione” dell’emanando decreto ministeriale e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva alla quale, così come in passato, è demandata la possibilità di “integrare” il quadro normativo”;
- la nota INL n. 413/2021, affermava che “l’individuazione della stagionalità effettuata dall’art. 21, comma 2, appare dunque utilizzabile anche in relazione alle ulteriori disposizioni del d. lgs. n. 81/2015 che ad esso rinviano (v. art. 19, comma 2, art. 21, comma 01, art. 23, comma 2 lett. c), art. 29, comma 3-bis)”.
Indicazioni, quelle sopra riportate, che concordano palesemente con l’indiscutibile interpretazione oggi voluta dal legislatore e che ricomprendono univocamente tutte le deroghe dovute alla stagionalità, sia rispetto alle attività elencate nel D.P.R. in argomento, sia rispetto a quelle attività eventualmente individuate dalle parti sociali.
In tale percorso-logico giuridico, brevemente ricostruito, rappresenta una nota stonata l’ultima nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 30 dicembre 2024, n. 9740, che nel commentare sinteticamente (e forse frettolosamente) il citato riferimento di interpretazione autentica, parrebbe ridurre l’intervento del legislatore alla sola deroga consentita dall’art. 21, comma 2, avente ad oggetto il “solo” periodo cuscinetto o stop and go.

Lavoro stagionale e la gestione del flusso Uniemens
Relativamente, invece, alla gestione della contribuzione correlata ai lavoratori stagionali, ed in particolare relativamente all’aliquota di finanziamento del contributo ai fini dell’indennità di disoccupazione NASpI, l’Istituto previdenziale si è espresso in prima battuta con il messaggio 23 gennaio 2025, n. 269, che ha destato qualche perplessità tra gli operatori.
Al riguardo, l’analisi posta dall’Ente di previdenza evidenziava che, non essendoci modifiche al regime contributivo previsto dall’art. 2, comma 28, legge 28 giugno 2012, n. 92, ovvero sul successivo comma 29, lett. b), avente ad oggetto lavoratori assunti per far fronte a intensificazioni dell’attività in determinati periodi dell’anno, è dovuto sia il contributo addizionale NASpI, sia l’aumento del medesimo contributo nei casi di rinnovo di contratti a tempo determinato per i lavoratori non adibiti nelle attività rientranti tra quelle elencate nel D.P.R. n. 1525/1963.
Nel testo di produzione amministrativa viene espressamente sancito, infatti, che la fattispecie esonerativa di cui alla richiamata lettera b) del comma 29 dell’art. 2, dal 1° gennaio 2016, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di “lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, dimenticando quanto già precedentemente evidenziato nella circolare 4 agosto 2020, n. 91, secondo cui la modifica introdotta dall’art. 1, comma 13, lett. a), legge 27 dicembre 2019, n. 160, cristallizza le attività stagionali che danno luogo alla non applicazione del contributo aggiuntivo in argomento anche nei contratti collettivi ed avvisi comuni stipulati entro il 31 dicembre 2011, sicché - ai soli fini della determinazione dell’ambito di applicazione dell’esclusione del versamento del contributo NASpI - l’esonero dal versamento della predetta contribuzione utile al finanziamento dell’indennità di disoccupazione trova applicazione anche laddove le attività stagionali siano state individuate in forza di contratti collettivi, tra le stesse parti ed il medesimo settore, anche successivi al 31 dicembre 2011, qualora detti rinnovi contengano – tempo per tempo, senza soluzione di continuità – espresso riferimento a quelle attività stagionali individuate dai CCNL stipulati entro il 31 dicembre 2011, ossia senza modificare le attività produttive definite stagionali.
La “rettifica” o il prudenziale chiarimento sul piano previdenziale è pervenuto con la pubblicazione del successivo messaggio INPS 7 febbraio 2025, n. 483, con il quale è stato precisato che, l’esonero del versamento del contributo addizionale NASpI e dall’incremento previsto in occasione di ciascun rinnovo - oltre a trovare applicazione con riferimento ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 - continua ad applicarsi anche ai contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020, per lo svolgimento delle attività stagionali “definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative”.
Ciò assunto, ai fini della corretta compilazione dei flussi mensili Uniemens, aziende ed intermediari avranno cura di valorizzare l’elemento <Qualifica3>, della denuncia individuale, continuando ad inserire:
- il valore “T” per i lavoratori stagionali assunti per attività di cui al D.P.R. n. 1525/1963;
- il valore “G” per i lavoratori stagionali assunti dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 e a decorrere dal 1° gennaio 2020 per le attività definite da avvisi comuni e da CCNL stipulati ante 31 dicembre 2011;
- il valore “S” per gli “altri” lavoratori stagionali, ovverosia per i lavoratori impiegati in attività stagionali non ricomprese nel D.P.R. n. 1525/1963, ovvero disciplinare dalla contrattazione collettiva solo successivamente al 31 dicembre 2011.

QUADRO NORMATIVO Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 |
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