La nuova disciplina Cfc in una corposa circolare delle Entrate

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Ad un anno dalle modifiche apportate, dall’articolo 13 del decreto legge 78/2009, all’articolo 167 del Tuir circa il regime delle Controlled foreign companies, l’agenzia delle Entrate diffonde in merito la circolare n. 51 del 6 ottobre 2010. La data di entrata in vigore delle nuove norme è fissata a decorrere dal 1° luglio 2009. Pertanto, i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare con valenza delle regole nuove dal 1° gennaio 2010 dovranno presentare interpello disapplicativo entro il 1° giugno 2011.

Tre le modifiche sostanziali, alcune sono molto rilevanti e dimostrano come si è voluto dare un forte deterrente ai rapporti con i soggetti black list ed all’artificiosità della controllata estera.

Così, per il socio residente nel territorio dello Stato che si appella alla prima esimente in generale dovrà provare il radicamento della propria partecipata nel Paese o territorio estero di insediamento e non solo la disponibilità in loco da parte della società estera di una struttura organizzativa idonea, che potrebbe essere considerata prova non bastevole. Il radicamento citato viene spiegato come il legame economico e sociale della CFC con il Paese estero dove la è localizzata, ossia deve sussistere una stabile e continuativa partecipazione della controllata alla vita economica dello Stato o territorio black list in cui è situata. In ogni caso, niente prima esimente se gli introiti della società estera sono costituiti per oltre il 50% da passive income (reddito “derivante, più che dall’esercizio di una effettiva attività economica, dalla produttività insita in cespiti di facile mobilità, quale, tipicamente, il reddito di natura finanziaria…” Assonime, circolare 65/2000) o derivano dalla prestazione di servizi infragruppo. Alla disciplina CFC sono sottoposti anche i soggetti controllati esteri localizzati in Stati o territori compresi nella cosiddetta white list, ancora da emanare, che beneficino di una tassazione inferiore di più del 50% rispetto a quella cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia e che abbiano conseguito in prevalenza passive income o proventi derivanti dalla prestazione di servizi infragruppo.

Non è stata toccata da modifiche la seconda esimente (il soggetto controllante residente prova che dal possesso delle partecipazioni non consegue “…l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis”), tuttavia nella circolare si spiega che tale esimente è “soddisfatta quando il tax rate – carico fiscale che grava sul gruppo societario in relazione ai redditi prodotti da una Cfc appartenente al gruppo - effettivo “complessivamente scontato” sui redditi prodotti dalla CFC risulti congruo rispetto al livello di imposizione vigente in Italia”.

Per tutti i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato un’attività d’impresa i costi black list sono indeducibili, anche le svalutazioni, le perdite, ammortamenti e minusvalenze.

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