Iva non versata: reato non punibile con debito pagato a rate
Pubblicato il 29 giugno 2023
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A seguito della Riforma Cartabia, la disciplina della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. risulta modificata: la condotta susseguente al reato è un parametro che deve essere considerato per stabilire se l'offesa sia di particolare tenuità.
Ne discende la possibile applicabilità dell'esimente in parola se, anche dopo l'apertura del dibattimento, gli imputati per il reato di omessa Iva abbiano successivamente regolarizzato la propria posizione nei confronti dell'Erario, provvedendo all'integrale pagamento rateale del debito tributario.
E' quanto riconosciuto dalla Corte di cassazione con sentenza n. 28031 del 28 giugno 2023, nel pronunciarsi sulla vicenda di due imprenditori, riconosciuti colpevoli del reato di omesso versamento di Iva per un importo superiore alla soglia di punibilità.
In corso di causa era intervenuta l'estinzione del debito tributario, oggetto di definizione integrale a seguito della rateizzazione.
Secondo i due imputati, tale circostanza avrebbe consentito di ritenere applicabile la richiamata causa di non punibilità, dimostrando la particolare tenuità del fatto, alla luce del comportamento successivo dei medesimi i quali, pagando integralmente il debito tributario, avevano dimostrato di non volersi sottrarre agli impegni con l'Erario.
Motivo, questo, giudicato fondato dagli Ermellini, dopo aver richiamato gli indubbi effetti che la novella del 2022 ha determinato sulla disciplina della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.
Particolare tenuità del fatto: da valutare anche la condotta susseguente al reato
La previgente formulazione della norma - ha ricordato la Corte - escludeva la condotta susseguente al reato dal novero degli elementi da apprezzare per valutare la misura dell'offesa che, ciò posto, andava considerata nel momento di consumazione del reato.
Per effetto della modifica del 2022, invece, la condotta post factum è uno - anche se non l'unico, né il principale - degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare nella valutazione dell'offesa.
Del resto, dalla Relazione illustrativa al D. Lgs. n. 150/2022, il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un'espressione ampia e scarsamente selettiva, allo scopo di non limitare la discrezionalità del giudice.
Di conseguenza, il giudice potrà valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico e temporale, dovendo essere "susseguenti" al reato ed in grado di incidere sulla misura dell'offesa.
Discorso, questo, valevole non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell'offesa ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione del bene protetto.
Così, anche se le condotte post delictum non potranno, di per sé, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento della commissione del fatto, le stesse potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell'offesa.
Nel caso esaminato, la condotta susseguente al reato - che se intervenuta "prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado", avrebbe certamente consentito l'applicabilità dell'altra speciale causa di non punibilità prevista dall'art. 13, comma 1, D. Lgs. n. 74/2000 - aveva sostanzialmente neutralizzato la gravità dell'offesa provocata all'Erario.
Con il proprio comportamento, infatti, gli imputati avevano dimostrato la volontà di saldare il proprio debito con il Fisco, provvedendo tempestivamente ad onorare il piano rateale concordato.
Il successivo versamento rateale del debito tributario, tuttavia, non era stato valutato come condotta susseguente al reato nei termini richiesti dalla nuova previsione.
La necessità, invece, di dover apprezzare tale condotta alla luce dell'intervenuta novella avrebbe imposto l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice d'appello per una rinnovata valutazione del fatto.
Nel caso in esame, tuttavia, assumeva valenza assorbente la circostanza che il termine di prescrizione del reato era maturato prima dela pronuncia d'appello, con la conseguenza della doverosa adozione di una declaratoria di annullamento della sentenza impugnata atteso che il reato era estinto per prescrizione.
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