Iscrizione all’AIRE e perdita del regime forfetario: chiarimenti Entrate
Pubblicato il 10 giugno 2025
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La relazione tra regime forfetario e trasferimento della residenza fiscale all’estero è un tema di rilievo per i professionisti che usufruiscono di questo trattamento agevolato, disciplinato dalla Legge n. 190/2014. In particolare, l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) — che sancisce la perdita della residenza fiscale italiana — costituisce una delle cause ostative alla permanenza nel regime forfetario.
Su questo aspetto, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 149 del 9 giugno 2025, ha fornito un chiarimento rilevante: l’uscita dal regime forfetario non avviene nell’anno in cui ci si iscrive all’AIRE, ma a partire dall’anno successivo, e non comporta l’obbligo di rettificare le fatture già emesse in regime agevolato.
Questa interpretazione contribuisce a garantire certezza nei rapporti fiscali ed evita che i contribuenti si trovino a dover rielaborare retroattivamente la propria documentazione contabile, con aggravio di adempimenti.
Il quadro normativo del regime forfetario
Il regime forfetario è un regime fiscale agevolato disciplinato dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190. È destinato alle persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni, in possesso di precisi requisiti e in assenza di cause ostative.
Secondo il comma 54, possono accedervi i contribuenti che, nell’anno precedente:
- hanno percepito ricavi o compensi non superiori a 85.000 euro;
- hanno sostenuto spese per lavoro dipendente o collaborazioni non superiori a 20.000 euro lordi.
Il regime prevede vantaggi quali:
- una tassazione sostitutiva ridotta;
- esonero dall’IVA in fattura (comma 58);
- esclusione dalla ritenuta d’acconto per i compensi percepiti (comma 67);
- semplificazioni contabili e dichiarative.
Il comma 57 della stessa Legge elenca le cause ostative all’applicazione del regime. In particolare, la lettera b) esclude i soggetti non residenti, a meno che:
- risiedano in uno Stato UE o SEE che assicuri un adeguato scambio di informazioni;
- producano in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente generato.
Cessazione del regime: immediata e differita
Con riferimento, invece, alle cause di ''cessazione'' del regime, il comma 71, modificato dall’art. 1, comma 54, lett. b), della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, distingue due fattispecie.
- Cessazione differita (ordinaria): il regime cessa a partire dall’anno successivo a quello in cui:
- viene meno uno dei requisiti di cui al comma 54;
- si verifica una delle cause ostative di cui al comma 57 (es. trasferimento della residenza fiscale all’estero).
Questa regola è stata confermata dalla Circolare n. 10/E del 10 aprile 2019 e dalla Circolare n. 32/E del 5 dicembre 2023, che ribadiscono l’assenza di decadenza in corso d’anno, salvo diversa previsione.
- Cessazione immediata: il regime cessa nello stesso anno in cui i ricavi o compensi superano i 100.000 euro. In tal caso:
- l’uscita dal regime è immediata;
- l’IVA è dovuta a partire dall’operazione che ha determinato il superamento;
- è necessaria la rettifica della posizione IVA e dei documenti emessi.
Al contrario, il superamento della soglia di 85.000 euro ma non di 100.000 non determina effetti nell’anno in corso, ma comporta la fuoriuscita dal regime forfetario nell’anno successivo.
Il caso
Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 149 del 9 giugno 2025 riguarda proprio un ingegnere italiano in regime forfetario che, nel corso del 2024, ha presentato richiesta di iscrizione all’AIRE, con decorrenza fissata al 15 maggio 2024. Tuttavia, l’esito positivo della richiesta è stato comunicato solo nel febbraio 2025. Nel frattempo, durante tutto il 2024, il professionista aveva continuato a emettere regolarmente fatture in regime forfetario, quindi senza applicazione dell’IVA né della ritenuta d’acconto, come previsto dalle semplificazioni del regime agevolato.
Il contribuente ha, quindi, presentato istanza di interpello per chiedere se, in considerazione della perdita della residenza fiscale italiana, fosse tenuto a rettificare le fatture già emesse durante il 2024, eventualmente tramite note di credito e la successiva riemissione delle fatture secondo il regime ordinario.
In particolare, l’istante ipotizzava l’obbligo di rettificare l’intera fatturazione dell’anno, emettendo le relative note di credito e nuove fatture secondo il regime fiscale ordinario, con applicazione di IVA e ritenuta d’acconto, ritenendo che la perdita del requisito della residenza, anche se formalizzata nel 2025, avesse effetti già nel periodo d’imposta 2024.
Entrate: la perdita della residenza non comporta effetti retroattivi
Contrariamente all’interpretazione proposta dal contribuente, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 149 del 9 giugno 2025, ha confermato che la fuoriuscita dal regime forfetario in caso di perdita dei requisiti — tra cui rientra anche il trasferimento della residenza fiscale all’estero — non avviene nell’anno stesso in cui si verifica l’evento, ma soltanto a partire dall’anno successivo.
Richiamando quanto previsto dal comma 71 della Legge n. 190/2014, e in linea con quanto già espresso nella circolare n. 32/E del 5 dicembre 2023, infatti, l’Agenzia ha ribadito che la cessazione immediata si verifica solo in caso di superamento dei 100.000 euro di ricavi o compensi. In assenza di tale superamento, come nel caso in esame, l’iscrizione all’AIRE nel 2024 non determina la decadenza immediata dal regime agevolato.
Pertanto, il contribuente ha legittimamente applicato il regime forfetario per l’intero anno 2024, e non è tenuto a rettificare le fatture già emesse senza IVA e ritenuta d’acconto, né a rielaborarle secondo le regole del regime ordinario. La transizione al regime ordinario avverrà automaticamente a decorrere dal 1° gennaio 2025, senza necessità di ulteriori adempimenti correttivi per l’anno precedente.
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