Incostituzionale la distinzione di genere nei concorsi per ispettori penitenziari

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Incostituzionale la distinzione di genere nei concorsi per ispettori penitenziari

Sono incostituzionali le norme che distinguono, sulla base del genere, i posti messi a concorso per la qualifica di ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria.

Con sentenza n. 181 del 19 novembre 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni normative che prevedono una distinzione di genere nell’assegnazione dei posti messi a concorso per la qualifica di ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria.

Le norme contestate - tra cui l’art. 44, commi 7-11, del Decreto Legislativo n. 95/2017 e alcune tabelle allegate al Decreto Legislativo n. 443/1992 - sono state giudicate in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzionee con il diritto dell’Unione Europea, che promuove il principio di parità di trattamento tra uomini e donne.

Questione di legittimità costituzionale

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Consiglio di Stato a seguito delle istanze promosse da personale femminile escluso dal ruolo di ispettore nonostante il possesso di requisiti meritocratici.

Il Collegio amministrativo, in particolare, era stato chiamato a esprimere un parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato contro l’approvazione della graduatoria finale del concorso interno per 606 posti riservati al ruolo maschile di ispettori e contro gli atti collegati.

Le violazioni normative rilevate dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, in primo luogo, ha ritenuto che le disposizioni censurate fossero contrarie al principio della parità di trattamento tra uomini e donne, un principio consolidato nel diritto comunitario e garantito dall’art. 117, primo comma, della Costituzione.

A supporto di questa posizione, ha richiamato diverse normative europee, tra cui la direttiva 76/207/CEE, il Trattato sull’Unione Europea, il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la direttiva 2000/78/CE.

Secondo il Collegio rimettente, il requisito della differenza di genere per l’accesso al ruolo di ispettore non è giustificato dalle mansioni effettive che caratterizzano tale funzione.

Inoltre, l’esclusione basata esclusivamente sul genere risulterebbe contraria all’art. 3 della Costituzione, poiché priva di correlazione con le esigenze del servizio e configura una discriminazione arbitraria e sproporzionata rispetto agli scopi perseguiti.

La decisione della Consulta

La Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le questioni sollevate, basandosi sul principio fondamentale di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, il quale vieta ogni forma di discriminazione, incluso il sesso, nel trattamento giuridico dei cittadini.

Questo principio si integra armonicamente con il richiamato diritto dell’Unione Europea, che promuove la parità di trattamento tra uomini e donne, come stabilito dal Trattato sull’Unione Europea, dal Trattato sul funzionamento dell’Unione e dalla direttiva 2006/54/CE.

Eccezioni al principio di parità

Le eccezioni al principio di parità - viene ricordato dalla Corte - sono ammesse solo per attività che, per la loro natura o contesto, richiedano requisiti specifici legati al genere, purché proporzionati e legittimi.

La normativa contestata, tuttavia, non giustifica la differenziazione di genere nella dotazione organica del ruolo di ispettore, considerando le caratteristiche dei compiti attribuiti, che includono funzioni di coordinamento e formazione piuttosto che un contatto diretto e continuativo con i detenuti.

Le conseguenze della normativa censurata

Tale discriminazione, associata a una preponderanza maschile nelle dotazioni organiche, è priva di basi ragionevoli, crea sperequazioni ingiustificate e contrasta con criteri meritocratici, escludendo donne idonee a favore di uomini con punteggi inferiori.

La disparità posta in essere dalla normativa non solo vìola il diritto delle donne a pari opportunità professionali, ma genera effetti distorsivi che compromettono l’efficienza amministrativa.

Conclusioni della Consulta

La Corte costituzionale, in tale contesto, ha altresì richiamato l’evoluzione normativa che, in altri ambiti della carriera penitenziaria, ha già superato le distinzioni di genere, evidenziando l’irragionevolezza del mantenimento di tali differenze nel ruolo di ispettore.

In definitiva, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, disponendo l'eliminazione della discriminazione di genere nei concorsi per ispettori, senza modificare il totale della dotazione organica stabilito dal legislatore.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso La Corte Costituzionale ha esaminato la legittimità di alcune disposizioni normative che stabilivano una differenziazione di genere nei posti messi a concorso per il ruolo di ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria, su ricorso del Consiglio di Stato.
Questione dibattuta Se la distinzione di genere nell'assegnazione dei posti a concorso fosse conforme al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e al diritto europeo, considerando che tale distinzione non trovava giustificazione nelle mansioni richieste dal ruolo.
Soluzione della Corte costituzionale La Corte ha dichiarato incostituzionali le disposizioni censurate, affermando che la discriminazione di genere è priva di basi ragionevoli, contrasta con criteri meritocratici e vìola i principi di uguaglianza e parità di trattamento sanciti dalla Costituzione e dal diritto UE.
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