Imposta non dovuta: lite definita con sgravio e rimborso sanzioni
Pubblicato il 17 febbraio 2021
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Respinto, dalla Cassazione, il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate contro una decisione di merito con cui era stata dichiarata la definizione di una lite tributaria ed era stato disposto il rimborso delle sanzioni versate dalla contribuente dopo che, nelle more del giudizio, l'Amministrazione finanziaria aveva provveduto allo sgravio.
La controversia aveva ad oggetto un avviso di liquidazione dell'imposta di successione con contestuale irrogazione delle sanzioni emesso nei confronti di un’associazione, la quale si era opposta all’atto impositivo sul presupposto di poter usufruire delle agevolazioni di cui all'art. 3 D.l.gs 346/90, ossia dell’esenzione dall'imposta di successione per le associazioni senza scopo di lucro, chiedendo, contestualmente, il rimborso delle sanzioni versate in via agevolata.
La CTP aveva dichiarato cessata la materia del contendere con riferimento al diritto alle agevolazioni riconosciuto dall'Ufficio che, nelle more del giudizio, aveva provveduto allo sgravio; contestualmente, era stata accolta la domanda di rimborso delle sanzioni pagate dall'ente. Statuizioni, queste, confermate anche dalla CTR.
L’Agenzia si era rivolta ai giudici di legittimità, deducendo l'insussistenza del diritto al rimborso delle sanzioni versate. Secondo la difesa delle Entrate, i giudici regionali avevano erroneamente ignorato che se la sanzione era già stata irrogata con provvedimento definitivo, il debito residuo era da ritenere estinto, ma non era ammessa ripetizione di quanto pagato.
Inoltre, occorreva considerare che, una volta aderito alla definizione agevolata delle sanzioni, il rapporto controverso sulle sanzioni si esaurisce e diventa intangibile rispetto alla posteriore abrogazione della norma impositiva o all'esito favorevole per il contribuente del giudizio di impugnativa avverso l'atto impositivo.
Pretesa tributaria annullata, obbligo giuridico di rimborsare le sanzioni
Con ordinanza n. 3984 del 16 febbraio 2021, la Suprema corte ha ritenuto tale doglianza destituita di fondamento: la normativa richiamata dalla ricorrente, che prevede l'esclusione della ripetibilità delle sanzioni versate, riguardava l'ipotesi in cui il contribuente abbia aderito alla definizione agevolata.
In materia, gli Ermellini hanno richiamato il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui: "In materia di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il versamento della somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile, effettuato ex art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, definisce irrevocabilmente ogni questione inerente l'aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, precludendo all'amministrazione finanziaria di irrogare maggiori sanzioni ed al contribuente di ripetere quanto già pagato".
Nella vicenda in esame, per contro, la definizione della lite non era avvenuta alla stregua del D.lgs. n. 472/97- ossia secondo la definizione agevolata di cui all'art. 17 citato - ma alla luce dello sgravio della pretesa tributaria disposto dalla medesima Amministrazione la quale aveva riconosciuto che la natura di associazione di diritto austriaco esonerasse la contribuente dall'obbligo di versare l'imposta di successione.
Di conseguenza, l'obbligo giuridico dell'ente finanziario di rimborsare le somme versate a titolo di sanzioni era originato dall'annullamento della pretesa tributaria.
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